Alla ricerca di luoghi insoliti da visitare nella Ville Lumière (PARIGI O CARA!) ~ di Rosalia Orsini - TECLAXXI

 

PARIGI, O CARA

 

Rosalia Orsini

 

Alla ricerca di luoghi insoliti da visitare nella Ville Lumière

(TUTTE LE FOTO, SALVA DIVERSA INDICAZIONE, SONO DI ©ROSALIA ORSINI) 

 

© Russ Quinlan via Flickr

Da qualche tempo il turismo di massa si è camuffato in turismo di nicchia, e per essere più attrattivo, è andato alla ricerca di luoghi insoliti all’interno di una metropoli. Il turista ci crede e finisce per sentirsi un pioniere alla scoperta dell’altra faccia di una città. Infatti, i luoghi insoliti sono quasi esclusivamente legati alla città (angolini nascosti; tabernacoli con l’opera prima del grande artista; mercati). Luoghi vissuti, abitati, frequentati dalla popolazione locale, elemento che rende veramente insolito il luogo. Ma detto luogo finisce per perdere la sua originalità, nel momento in cui è entrato nella programmazione delle guide turistiche.

Anche Parigi non sfugge a questa nuova tendenza. Qui siamo in presenza di una città che  si è ingrandita, spostando il fulcro attrattivo per il turista verso i nuovi quartieri: per es. l’ampliamento del XVII arrondissement, o la ristrutturazione di edifici che hanno assunto nuova identità: la Bourse des Halles, diventato un luogo espositivo di arte contemporanea, cioè la Collection Pinaud; oppure il recupero di tronconi  ferroviari in disuso e diventati  passeggiate domenicali campestri per le famiglie; e per ultimo la creazione di nuovi parchi, come il parco Martin Luther King di Batignolles (2007).

Addirittura, sono stati dirottati centri di potere economico o amministrativo, come la Cité de la Justice, che ora si trova a Porte de Clichy. Mi fermo in questo quartiere, presentato dalle agenzie immobiliari come Epinettes-Batignolles. Percorriamolo insieme, cominciando dalla piazza di Clichy. Chi volesse conoscerlo, deve essere avvertito sulla toponomastica molto parigina, che non sempre aiuta il turista. Troviamo, infatti: la place de Clichy, la rue de Clichy, l’avenue de Clichy, il boulevard de Clichy, la porte de Clichy ; e così pure: la rue des Batignolles, l’avenue des Batignolles, il boulevard des Batignolles, le square des Batignolles, la mairie des Batignolles, l’église des Batignolles, le marché des Batignolles! Negli anni Settanta del secolo scorso, questa piazza segnava l’inizio dei quartieri off limits perché ad alta concentrazione di emigrazione magrebina; il quartiere si presentava di per sé poco ospitale con i muri anneri del fumo del carbone delle case e le strade invase da mercanti improvvisati. Sulla piazza si radunavano i lavoratori delle lotte operaie di quegli anni. E così è stato fino a quando le manifestazioni non sono state dirottate sulla piazza della République. L’avenue de Clichy, che comincia dalla piazza, offre ai cinefili una sala cinematografica storica, Le cinéma des cinéastes, con una programmazione di film di nicchia e di anteprime. Nell’attiguo Bistrot des cinéastes si discute di film con il regista sorseggiando un aperitivo. Si prosegue fino alla stazione del métro La fourche, così detta perché qui la linea 13 prende due direzioni. In superficie, la stazione si trova alla biforcazione dell’avenue di Clichy e dell’avenue di saint Ouen; noi continuiamo su Clichy per raggiungere il nostro luogo insolito: la Cité des Fleurs.

 


(foto 1 Cité des fleurs)

 

E anche qui siamo alla confluenza fra il quartiere di Batignolles e d’Epinettes. Infatti, la Cité ha due entrate, i cui cancelli si aprono rispettivamente sulla rue della Jonquière (Epinettes) e l’avenue di Clichy (Batignolles).  La cité si snoda fra queste due entrate, perché così fu tracciata nel 1847, con l’obbligo da parte di chi decideva di costruirvi la propria abitazione di piantare almeno 3 alberi fioriti: ecco spiegato il nome del luogo

 


                                   (foto 2 allée Cité des fleurs)


E noi non possiamo che rimanere meravigliati di fronte alla lungimiranza dell’Amministrazione comunale dell’epoca, ecologista ante litteram. Il quartiere di Batignolles viene annesso alla città di Parigi negli anni ’70 del XIX secolo.  È di quegli anni la costruzione dello square des Batignolles: un piccolo parco all’inglese, sul modello del non lontano parc Monceau. Il giardino domina dall’alto i binari che portano alla stazione di Saint Lazare, costeggiando la rue de Rome. Il quartiere fu presto prescelto, nel corso del secolo, da intellettuali e artisti che qui hanno vissuto e operato: Manet, Monet, Renoir, Zola, Verlaine, Mallarmé (che nella sua casa in rue de Rome riuniva settimanalmente intellettuali e artisti), Barbara, Jacques Brel – per citare solo i più illustri. Tuttavia, nessuno di loro ha abitato alla Cité des Fleurs, ed è questo che l’ha salvata dal turismo   dei luoghi insoliti parigini, rendendola più affascinante! Le case che si snodano lungo questo corto viale hanno tutte uno stile di case di campagna: a due piani, con affaccio sul vialetto, un giardino e alberi da fiori.

                                       

 Un luogo frequentato dagli abitanti che portano lì i loro bimbi alla scuola parrocchiale; una scorciatoia per chi vuole raggiungere a piedi la non lontana Cité de la Justice, un imponente gioiello architettonico a firma di Renzo Piano. Il palazzo di giustizia sovrasta il parco M. L. King progettato dall’architetto paesaggista Jacqueline Osty, che ha trasformato una ex area ferroviaria dismessa (stazione mercantile di Cardinet) in un eco parco di dieci ettari. Sulla vasta zona recuperata è sorto un nuovo quartiere con costruzioni abitative dall’architettura bizzarra, a dir poco, ma nell’insieme armonica: appartamenti di lusso, uffici, ma anche edilizia popolare, asili nido e scuole materne, case di riposo per anziani, circoli ricreativi ecc.  Accanto al Palazzo di giustizia è stato dislocato il centro della Polizia giudiziaria del quai des Orfèvres, insomma quello dove operava il commissario Maigret di Georges Simenon!  L’arrivo di questi due giganti dell’Amministrazione statale ha portato scompiglio, soprattutto in campo immobiliare, in un quartiere a vocazione popolare e non mondana. E questo non sarebbe, sicuramente, piaciuto al commissario creato dal grande scrittore belga!

L’offerta dell’insolito per attirare il visitatore di nicchia è proposta anche da alcuni “piccoli “musei, quelli meno frequentati e meno in vista. È il caso del Musée di Montmartre che ha allestito una retrospettiva (21 marzo-14 settembre 2025) di Maximilien Luce (1858-1941). Il museo è solo piccolo per dimensioni e non certo per la sua storia. Situato nel cuore della Butte di Montmartre, offre un’oasi di pace e di verde non lontano dalla frequentatissima piazzetta, uno dei luoghi meno insoliti della capitale. All’interno, l’atelier di Suzanne Valadon ci riporta nel cuore della Parigi impressionista, quella degli artisti squattrinati, perché rifiutati dai Salons, al fervore artistico che poco compensava il grigiore dei luoghi. Oggi, invece, il visitatore di Montmartre circola in un quartiere dove i palazzi sorridono con le loro facciate dall’intonaco luminoso, e il Museo lo accoglie in un giardino curato e riposante…. dove ha fatto ritorno a casa Maximilien Luce, che qui, cioè nella rue Cortot, ha vissuto per ben 13 anni.  Questa sua retrospettiva è la prima dal 1983. Ḕ un pittore che ebbe fortuna in vita e meno dopo, contrariamente ai suoi compagni di vita artistica.


VIDEO MUSEO DI MONTMARTRE

Di origini modeste, inizia a seguire corsi di disegno a 13 anni. Spirito anarchico, si scontra presto con le istituzioni artistiche ufficiali. Rifiutato dal salone ufficiale, presenta, a soli 17 anni due tele all’Exposition libre des oeuvres d’art réfusées; questo lo mette in contatto con la Société des Artistes Indépendants che espongono “senza giudici e senza guadagno” dove viene scoperto da Signac, presidente della Société di cui0n sarà a sua volta presidente Maximilien Luce.  Esponente di spicco del neoimpressionismo, questo artista ha saputo rendere nelle sue tele il fervore dello spirito artistico di Montmartre, ma anche lo spirito umanista che anima la sua opera. Infatti, accanto ai paesaggi che ripercorrono le sue peregrinazioni, dalla Normandia a Saint-Tropez, dal Belgio a Londra, Luce dipinge   i cantieri che occupavano Parigi  alla fine del secolo XIX  come pure il  nero profilo delle fabbriche della nascente industria nel Nord della Francia. Parigi resta il soggetto principale della sua opera

 



                        
















 (Foto 3 La construction du Sacré-Coeur, 1900).

 

Se gli impressionisti sono pittori di paesaggi e di interni, Luce predilige la città, la Senna, le piazze con i mercati,


 

                  (foto 4 Rue des Abbesses, l’épicerie, 1896)

 

le luci del crepuscolo e la notte. Ed è nelle scene che descrivono la Ville Lumière che Luce si rivela un grande colorista: per la varietà della sua palette e per la tecnica divisionista.

 



                           (foto 5 La Seine à Charanton,1891)

 

Fu profondamente colpito dagli avvenimenti legati alla Comune del 1871, di cui fu testimone oculare.

 


           (Foto 6 Une rue de Paris en mai 1871, vers 1910).

 

Ciò lo portò ad abbracciare gli ideali anarchici e a partecipare attivamente alla vita politica e culturale della città. Fu per questa sua militanza anarchica, che fu arrestato in seguito a una serie di attentati anarchici che culminarono con l’assassinio del Presidente della Repubblica, Sadi Carnot, nel 1894. I disegni eseguiti durante i 42 giorni di prigione furono raccolti nell’album Mazas.  Luce estese il suo orizzonte pittorico oltre Parigi e la sua periferia, esplorando la Francia grazie a una rete di amici, fra cui Pissarro, che lo invitavano a soggiornare a casa loro. Testimoni di questi viaggi restano i paesaggi di Normandia, Bretagna, Borgogna; l’amico Signac lo invita a Saint-Tropez nel 1892, dove ritornerà più volte.


 


                    (Foto 8 Saint- Tropez, vu depuis la citadelle, non daté)


Émile Verhaeren, nella prefazione al catalogo della mostra del 1909, così scrive: «L’arte di Luce, è lo stesso Luce. Un uomo dei faubourgs, un amante di Parigi e della sua periferia, (…) del popolo operaio e l’anima di questo popolo, appassionato, rivoluzionario».

Luce non è certamente il primo pittore a descrivere le trasformazioni della capitale alla fine dell’Ottocento, tuttavia è forse il solo, a parer mio, che ha saputo dare un’anima ai protagonisti anonimi, i lavoratori, di quella società borghese che andava arricchendosi sfruttando il loro lavoro.

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ROSALIA ORSINI 

BIONOTA

Rosalia Orsini è una appassionata della lingua e della cultura francese, che ha insegnato per molti anni nelle scuole superiori ad indirizzo linguistico–sperimentale. È stata anche formatrice di insegnanti; convinta sostenitrice di una Federazione Europea, ha lavorato in gruppi internazionali negli anni d’oro del processo di integrazione europea, fine anni ’80 e anni ’90, contribuendo alla elaborazione di progetti di formazione degli insegnanti europei   e alla attuazione dei programmi di scambi fra le classi degli Istituti dove ha lavorato con la Francia e con i Paesi francofoni anche extra-europei. Inoltre, è stata lettrice di italiano con incarichi extra–accademici nelle Università di Cracovia, Dcshang (Camerun), Zagabria. È stata traduttrice ufficiale nella redazione del Maggio musicale Fiorentino dall’inizio degli anni ’90 fino al 2024

 

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