La teoria della relatività ristretta di Albert Einstein - a 120 anni di distanza (FISICA) ~ di Giulio Cirulli - TeclaXXI
FISICA
Giulio Cirulli
La
teoria della relatività ristretta di Albert Einstein (1905) - a 120 anni di distanza
Ma veniamo al dunque. Già prima di Einstein vi era una teoria della relatività, detta Galileiana. Essa afferma che i principi e le leggi fisiche rimangono invariati sia se un oggetto è statico, sia se è in moto. Inoltre, secondo Galileo, per poter determinare che un oggetto si trovi in moto, è necessario prendere un sistema di riferimento. Mi spiego meglio.
Immaginiamo una
palla da baseball lanciata a una velocità di 100 km/h. Essa si muoverà a quella
velocità relativamente al lanciatore, al battitore, al campo e al
pubblico che l’osserva, se tutti mantengono la loro posizione statica rispetto
alla palla.
Se,
per assurdo, il lanciatore, il battitore, il campo e il pubblico stessero
viaggiando alla stessa velocità e nella stessa direzione della palla, dato che
tutte le forze e i principi della fisica restano invariati (la gravità non
cambia direzione, le forze atomiche continuano a tenere uniti gli atomi e
l’elettromagnetismo non smette di applicare la propria forza attrattiva o
repulsiva fra le cariche) nessuno sarebbe, in quel sistema di riferimento, in
grado di dire se la palla sia ferma in aria o si stia muovendo. Ed è questo il
principio della relatività del moto galileiano.
Naturalmente,
tale assioma resta valido solo se il moto della palla si mantiene rettilineo e
uniforme (ossia in linea retta e senza accelerazione o decelerazione).
Einstein a questo punto si domanda che cosa succederebbe se un ipotetico osservatore viaggiasse a velocità prossime a quelle della luce (quelle dette da quel momento velocità relativistiche). Grazie a una serie di equazioni, Einstein scopre alcune cose interessanti.
La
prima che la velocità della luce è il limite massimo universale per un oggetto
dotato di massa e/o di energia e di informazione. In breve, nulla può viaggiare
più veloce di tale limite.
La
massa inerziale oggetto, ossia la misura della resistenza di tale oggetto al
suo variare di moto o al suo stato di quiete, aumenta esponenzialmente
all’aumentare della sua velocità sino a raggiungere un asintoto che tende
all’infinito. Credo sia chiaro a tutti che questa misura sia funzione
dell’energia immessa nel sistema per spostare l’oggetto; un’automobile che
viaggia a una velocità di 130 km/h necessiterà più benzina (e dunque di
energia) per poter accelerare di 1 km/h rispetto alla stessa automobile che
viaggia a 100 km/h a parità di condizioni. Se questo oggetto superasse la
velocità della luce, avrebbe una massa negativa (attenzione massa e non forza
peso).
La
cosa interessante è che questa contrazione osservata dall’osservatore è
simmetrica. Infatti, se qualcuno fosse su un mezzo a velocità relativistica
rispetto all’osservatore e vedesse l’osservatore dal suo mezzo, allora lo
troverebbe contratto di un fattore pari alla contrazione del suo mezzo.
Ma la
cosa più sorprendente della teoria della relatività è che il tempo cessa di
essere un imperativo assoluto. Infatti, ogni oggetto in moto rettilineo
uniforme subisce un rallentamento dello scorrere del tempo rispetto a quello di
un osservatore esterno, sempre in modo proporzionale alla sua velocità di moto.
Questo ultimo risultato genera il paradosso dei gemelli e del nonno tanto cari
alla letteratura fantascientifica. Ora la cosa interessante è che sia l’aumento
di massa inerziale, la contrazione della lunghezza e il rallentamento del tempo
sono ricavati dalla medesima equazione (a qui cambiamo di volta in volta la
grandezza misurata, massa, lunghezza o velocità)
Di volta in volta cambieremo
la t di tempo, con la m di massa e l di lunghezza.
Oltre alla
classica formulazione altezza-lunghezza-larghezza (asse x-asse y -asse z) si
aggiungeva la dimensione del tempo.
Ora, al netto
della grandezza dei risultati raggiunti, questa formulazione della relatività
ha un enorme vulnus, ossia quella di essere valida solo in sistemi di
riferimento in cui il moto è solo ed esclusivamente rettilineo e uniforme.
Nella vita quotidiana
di tutti, un tale moto non si verifica mai. In altri termini, anche se utilizzassi
un Cruise control sulla mia auto, la mia velocità non sarebbe mai uniforme e
soprattutto, anche se viaggiassi sulla mitica Route 66 in America, comunque gli
avvallamenti, i saliscendi e la stessa sfericità della terra renderebbero, di
fatto, impossibile un moto rettilineo,
Per questo motivo la
teoria della relatività è da considerarsi certamente rivoluzionaria, ma
comunque inservibile in ogni contesto che non fosse puramente teorico. Ciò
spiega perché Einstein pubblicò nel 1915 una seconda formulazione della sua
teoria: la relatività generale (o speciale). E
di essa mi occuperò in un prossimo articolo.
GIULIO CIRULLI
BIONOTA
Romano di Roma, appassionato di scienze, matematica, storia romana, medievale e storia delle religioni. Non prende nulla seriamente se non le cose serie: Carbonara, Scienze e Numeri.
Diplomato all’istituto agrario e laureato in fisioterapia, insomma, braccia riabilitate per l’agricoltura.



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