Adriano Olivetti – Un altro capitalismo era possibile? – I PARTE Le origini (STORIA) ~ di Riccardino Massa - TeclaXXI
STORIA
Adriano
Olivetti – Un altro capitalismo era possibile?
di Riccardino Massa
Scrivere
su Adriano Olivetti, è un esercizio complicato. E ciò perché questo industriale
è stato un innovatore ed un politico e la sua Storia umana ed industriale,
ancora oggi dopo anni dalla sua dipartita, offre spunti interessanti di
riflessione per ridisegnare non solo un capitalismo dal volto umano, ma
addirittura una prospettiva di riforma istituzionale.
Per
capire che cosa è stato il “Sistema Adriano”, non possiamo fare a meno di
iniziare dalla Storia della sua famiglia. e quindi parlare del padre Camillo,
che fu l’artefice di una industrializzazione in un territorio che prima aveva
le caratteristiche di un ambiente in larga parte rurale₁.
Camillo
Olivetti nasce a Ivrea il 13 agosto del 1868. Gli Olivetti hanno origini
ebraiche (famiglia di origine sefardita) probabilmente immigrati in Italia dopo
il decreto dell’Alhambra pronunciato dai Re cattolici in Spagna. Camillo, nasce
in una famiglia agiata che gli permette di frequentare studi importanti presso
il Politecnico di Torino dove si laurea in Ingegneria Elettrotecnica nel 1891.
Comincia a fare esperienze internazionali, nel ’93 accompagna il suo professore
Galileo Ferraris al Congresso internazionale di Elettricità a Chicago, dove
acquisisce esperienze sul dinamismo industriale statunitense. Ne approfitta per
girare gli Stati Uniti, con tutti i mezzi possibili, compresa la bicicletta,
visitando laboratori e fabbriche, parchi nazionali e metropoli. Avrà anche una
esperienza come insegnante per cinque mesi (1893-1894) presso la neonata
Università di Stanford in California. Successivamente soggiornando a Londra,
viene a contatto con esponenti politici legati al movimento operaio e aderisce
al Partito Socialista ₂.
Per
noi, la presenza di una Nazione elettrificata è un fatto acquisito, quindi
difficilmente ne rileviamo il forte impatto sociale come elemento di progresso.
Mentre l’elettricità e le nuove teorie sociali sono state la condizione per un profondo
cambiamento della società otto-novecentesca. Per capirne la forza
rivoluzionaria che aveva l’elettrificazione, dobbiamo riferirci ad una frase
del rivoluzionario Lenin, il quale affermò che: “Il comunismo è il potere
sovietico più l’elettrificazione di tutto il Paese”. Sarà proprio negli
ultimi anni dell’800 che Camillo Olivetti fonderà ad Ivrea una piccola ditta
per la costruzione di strumenti elettrici per la misurazione che lui stesso
aveva progettato (Galvanometri, Amperometri, Wattometri). La fabbrica dei
mattoni rossi è ancora oggi una presenza simbolica nell’agglomerato urbano
eporediese, posta all’inizio del complesso ex industriale dell’Olivetti in Via
Jervis.
Camillo era uomo eclettico, geniale, energico,
creativo, anche autoritario ma con continui slanci di generosità e sempre
attento ai problemi sociali e del lavoro. Una caratteristica che sarà ereditata
anche dai suoi figli. Questi, nati dal
matrimonio con Luisa Revel nel 1899, figlia di un pastore valdese, saranno
Elena, Adriano, Massimo, Silvia, Laura e Dino. Per un breve periodo gli
Olivetti si spostarono a Milano, era il 1903, in quanto quella città pareva
essere la Mecca di una forte industrializzazione. Nel 1905 la piccola fabbrica
di strumenti elettrici prese il nome di C.G.S. (ricordando le unità di misura
del sistema internazionale è l’acronimo di Centimetro, Grammo, Secondo), ma
sempre alla ricerca di nuove esperienze rientrerà ad Ivrea dopo un ulteriore
viaggio negli Stati Uniti dove venne a contatto delle esperienze industriali di
aziende produttrici di macchine da scrivere come la Remington e la Underwood. Il
29 ottobre del 1908 fondò la società; Ing. C. Olivetti & C., per la
costruzione delle prime macchine da scrivere in Italia. Una ricerca e
progettazione spasmodica che durerà circa tre anni, prima della presentazione del
prototipo di macchina da scrivere con il nome di M1 all’Esposizione Universale
di Torino del 1911. Una azienda che crescerà velocemente se pensiamo che già
nel 1920 varcherà i confini nazionali. Sono gli anni delle grandi contestazioni
operaie, siamo al cosiddetto “Biennio Rosso” Gli scioperi si susseguono in
tutta Italia e nelle grandi città industriali, ma ad Ivrea, alla C. Olivetti e
C. non succede nulla del genere. Questo non perché si tratta di una città di
provincia, bensì perché il rapporto tra maestranze e proprietario si basò su
rapporti personali di fiducia reciproca. Camillo sarà capace di valutare il
lavoro manuale in modo completamente nuovo per i tempi. Sarà lui a dire,
ricordando ad un anno dalla morte l’operaio Domenico Burzio che fu un suo
allievo nei corsi che tenne ai suoi operai: “Secondo me non vi è quella
divisione netta tra lavoro manuale e intellettuale come qualcuno ama credere.
Tutti i lavori, se fatti bene, richiedono più o meno uno sforzo d’intelligenza,
ed il lavoro del fucinatore più di molti altri, non esclusi alcuni di quelli
che si chiamano intellettuali”.
Vi
è un tentativo in lui di coniugare l’esperimento di industrializzazione
mantenendo intatto il rapporto con il lavoro artigianale, la genialità e la
particolarità del lavoro artigianale. Questo non senza pagarne dei costi ₃.
Siamo
nel settembre del 1920 ed in Italia, soprattutto al nord, monta la voglia
operaia della rivoluzione sociale. Un mattino di fronte alla fabbrica di
mattoni rossi si presentano dei sindacalisti della camera del lavoro di Torino.
Camillo non soltanto li farà entrare, ma convocherà insieme a questi tutti i
suoi 242 operai (150 uomini, 80 donne, 12 ragazzi). Non si occuperà nessuna
fabbrica, rispondono gli operai a questi sindacalisti giunti da fuori Ivrea,
che parlano una lingua che non conosce la realtà del luogo. La risposta di
tutti gli operai sarà: “Noi soma con l’ingenier Camillo” (traduzione: Noi
siamo con l’ingegnere Camillo).
Sino
ad ora abbiamo disegnato il ritratto di un imprenditore e da questa descrizione
potrebbe emergere il lineamento di un personaggio esclusivamente impegnato
nella gestione dell’azienda e senza una visione umana della vita. In realtà non
è così, e lo possiamo ben comprendere leggendo le lettere che inviava alla
moglie₄ proprio durante la sua esperienza statunitense. Dietro
quella scorza tutta d’un pezzo dell’industriale, si celava una figura
attraversata da sentimenti profondi nei confronti della moglie. Interessante è
anche la scelta educativa per i figli. Per questi ultimi ha in mente una
visione Rousseauiana dell’educazione. I ragazzi parteciperanno agli studi tardi
(Adriano manterrà per tutta la vita una scrittura elementare) mentre saranno
tenuti liberi nei primi anni di vita nel gioco e nella vita all’aria aperta. Ed
anche durante la prima adolescenza di Adriano, Camillo imporrà ai ragazzi una
istruzione più casalinga.
I
rapporti padre e figlio in qualunque famiglia risultano sempre conflittuali. È
un tratto psicologico comune senza diventare per forza patologico. Il malessere
tra padre e figlio per quanto riguarda Adriano già si manifesta proprio sulle
scelte educative, anzi in questo caso relative all’istruzione. Camillo spinge
il figlio verso una istruzione tecnica e Adriano confesserà in seguito quanto
avrebbe voluto avere una cultura classica iscrivendosi al ginnasio ed imparare
il latino. Anche se Camillo insiste per
l’ingegneria meccanica, Adriano all’università si iscriverà ad Ingegneria
chimica.
Sarà
naturale il passaggio delle responsabilità aziendali nei confronti del
primogenito maschio. Anche se tra il momento adolescenziale e la diretta
partecipazione all’azienda ci saranno ancora vicende che è utile raccontare in
futuri capitoli. Sarà Adriano a riorganizzare l’attività produttiva ed a
rafforzare la struttura commerciale con filiali in Italia ed all’estero.
Assumerà la presidenza dell’azienda nel 1938, ma questa sarà una Storia che
racconteremo in un altro capitolo. Saranno gli anni nei quali il Fascismo
manifesterà maggiormente il suo carattere feroce. Dopo l’8 settembre del 1943,
Camillo Olivetti che aveva mantenuto solo la direzione della fabbrica di
macchine utensili, si rifugia nel biellese ed il 4 dicembre del 1943 morirà
presso l’ospedale di Biella dove verrà sepolto nel cimitero ebraico
accompagnato sotto una pioggia torrenziale da un corteo di persone giunte da
Ivrea e dal Canavese per onorarlo, infischiandosene del controllo militare
delle truppe di SS e di fascisti che mal tolleravano la figura di questo
industriale ebreo.
Affrontando
quello che è stato il figlio di Camillo, colui che portò l’Olivetti al suo
massimo splendore, nelle future pagine cercheremo di
tratteggiare, partendo dall’uomo quello che fu un sistema che proponiamo qui di
chiamare “Il sistema Adriano”. Affrontare questa storia, fortunatamente
coltivata adeguatamente dalla fondazione che porta il suo nome e fondata nel
1962, non è solo la Storia personale di un uomo illuminato, ma è affrontare la
storia della nascita nel nostro Paese di discipline ed approcci culturali che
sono oggi esperienza comune, ma che alla sua epoca apparivano come “cose
strambe”. “Americanate” come le definì
Benedetto Croce.
₁
Camera di Commercio di Torino, statistica delle industrie del distretto
camerale.
La
condizione socioeconomica del Canavese viene registrata in questo modo nel
censimento industriale del 1911: n. 182 imprese con meno di 10 operai. N. 12
che impiegano più di 25 operai. L’agricoltura è spezzettata in piccolissime
aziende famigliari al limite della sopravvivenza. Solo dal 1905 prende il via
la produzione industriale tessile, ma si concentra principalmente nell’area
biellese, (confinante a nord-est con il Canavese e divisa dall’area morenica
della “Serra d’Ivrea”) con l’affermarsi delle grandi dinastie degli industriali
tessili (Rivetti, Zenga, Cerruti, Sella). Mentre il Canavese è così distante
dall’industrializzazione, e principalmente si caratterizza per un paesaggio
rurale, il suo capoluogo più importante (Ivrea) ha una popolazione all’epoca di
12.000 abitanti.
.
A maggio del 1898, Camillo raggiunge Milano per partecipare a quella che
assomiglia a una rivoluzione sociale e che poi lui stesso in anni successivi
definirà con l’appellativo di “quarantottata”.
₃
La M1 prevedeva un delicato sistema cinematico centrale abbastanza complicato e
formato da circa seimila pezzi, tutti prodotti in azienda. Questo portò il
prezzo finale di una macchina da scrivere a 500 lire, contro i 450
dell’americana Remington. Dobbiamo ricordare che il salario medio di un operaio
specializzato al mese era di 1.000 lire.
₄
Lettera di Camillo a Luisa, Worcester, 31 dicembre 1908 (Archivio fondazione
Olivetti)
RICCARDINO MASSA
BIONOTA
Riccardino Massa (1956) è nato nel “Canavese” (Piemonte centrale). Dal 1986 al 2020 ha svolto la professione di Direttore di scena al Teatro Regio di Torino. Ha ripreso la regia di Roberto Andò de Il flauto magico di Mozart nei Teatri lirici di Cagliari, Palermo e Siviglia, nonché la regia di Lorenzo Mariani de Un Ballo in Maschera di Verdi e quella di Jean Luis Grinda della Tosca di Puccini, entrambi al teatro Bunka Kaikan di Ueno in Giappone. Ha poi realizzato la messa in scena de L’Orfeo per il festival Casella e recentemente la ripresa della regia di Gregoretti del Don Pasquale di Donizetti al Regio di Torino.
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