NON SI PUÒ NASCONDERE LA BELLEZZA di Silverio Novelli (lingua italiana)
LINGUA ITALIANA
Brevi cenni sull'origine, la storia e l'uso di alcune parole o locuzioni, soprattutto in italiano, ma non solo. Una carta d'identità delle parole che usiamo parlando e scrivendo, da secoli o da pochi anni, dalle pergamene al web, con esempi tratti da romanzi, poesie, teatro, cinema, lettere, pubblicità, quotidiani o altro.
Non
si può nascondere la bellezza
di Silverio Novelli
Il
50% del vocabolario di base della lingua italiana è fatto da parole che
proseguono voci latine o da parole prelevate e adattate dal latino per via
libresca, nel corso dei secoli. Per significare il concetto di bello, il latino
aveva due aggettivi, pulcher, e formosus (quest’ultimo con riferimento
all’aspetto fisico, come testimonia in parte l’italiano formoso). Il nostro sostantivo bellezza deriva invece
da bello, che a sua volta riprende il
latino bĕllu(m) ‘carino’, un diminutivo di bŏnus
‘buono’, diffusosi nel linguaggio familiare e affettivo fino a soppiantare pulcher e formosus.
Percezioni
soggettive
Parole-emblema come bellezza, benché millenarie, sono sempre
giovani. Nei suoi principali significati,
bellezza è documentata in italiano sin dalle origini della letteratura.
In particolare, nel senso di 'qualità di bello', è parola antichissima. Si trova già
prima del Duecento in testi scritti in volgari di varie parti d’Italia.
La
bellezza è la qualità di tutto ciò che provoca nell’animo un’impressione
gradevole ed apprezzabile sotto il profilo estetico: «Mai come oggi, insomma,
la bellezza sta prima di tutto negli occhi di chi guarda e nelle
orecchie di chi ascolta» (Domenico De Masi, Tag. Le parole del tempo,
2015). Quindi, la percezione della bellezza è soggettiva, anche se, da
sempre, gli esseri umani hanno dibattuto se possano esistere dei canoni
assoluti in base ai quali valutarla. La bellezza riguarda le persone e i
loro attributi fisici («[...] gli anelli sulla sua mano nervosa un po'
mascolina dalle vene fortemente pronunciate mandavano lampi che con la loro
luce azzurra minerale impietosa ben s'accordavano al riflesso degli occhi
chiari (la bellezza degli occhi di Costanza è ormai proverbiale,
in famiglia)», Michele Prisco, Una spirale di nebbia, 1966), il mondo
fisico, la natura e ciò che ne fa parte («Ed egli rispose che la bellezza del cosmo è
data non solo dall'unità nella varietà, ma anche dalla varietà nell'unità», Umbero
Eco, Il nome della rosa, 1980), le cose o le azioni ad esse collegate
(«Il suo progetto commerciale è una cosa di grande bellezza. Del resto
c'è solo lui, si ha poco da dire. Per quel genere di progetti c'è solo lui:
grande stile, e, guardi, grande poesia», Goffredo Parise, Il padrone,
1965). A questo proposito, il successo del film di Paolo Sorrentino La grande bellezza (2013) ha generato un
fenomeno di irradiazione del sintagma: libri (la serie La grande bellezza dell’italiano di Giuseppe Patota, ed. Laterza: Dante, Petrarca, Boccaccio, 2015; Il Rinascimento, 2019), eventi («L’iniziativa “La
grande bellezza delle Isole Tremiti” è tutta da scoprire, «La
Repubblica», 19 agosto 2023), articoli giornalistici (titolo: «Il Napoli [la
squadra di calcio] non può nascondere la sua grande bellezza», ilfoglio.it, 15
ottobre 2022), spot pubblicitari («La grande Bellezza, a story about
Arredamenti De Bernardis», youtube.com, 17 giugno 2021).
Persone, oltre alle cose
Bellezza ha anche il significato concreto, molto antico, di
‘persona o cosa bella’. Ecco un esempio tratto dal poema allegorico Amorosa visione (1342 circa) del
Boccaccio: «Infra
quel bello e grazioso coro / di tante donne, vidi una bellezza / ch’ancor stupefatto ne dimoro [“ne rimango stupefatto”,
ndr]». Può essere usato anche in modo enfatico, come in questo dialogo
contenuto nel romanzo Caos calmo (2005)
di Sandro Veronesi: «- Dove sei? - A Roma! E nevica! - Qui piove. - E qui
invece fiocca che è una bellezza».
Molto comune è l’esclamazione «che bellezza!».
Bellezza è usato anche come
appellativo, affettuoso o ironico: «L'autista caricò le valigie dietro, e prima
di chiudere lo sportello domandò all'improvviso: "Vuoi che andiamo a fare
un giro, bellezza? ".
"Portatemi in via San Bernardo ", rispose asciutta la ragazza»
(Giuseppe Berto, Il cielo è rosso,
1947). Sempre nella sfera della concretezza, bellezza si usa al plurale per indicare aspetti ammirevoli della
natura o di opere d’arte: «Nella chiesa
minuscola che la fascia a sua misura, si rende ebbra per le tante bellezze:
della Madonna incorniciata di stelle con lo sguardo al cielo, dal corpo dipinto
in scanalature bianche e manto azzurro, o di Gesú che tiene in mezzo al petto
un cuore fiammeggiante circondato di raggi d'oro» (Francesca Sanvitale, Madre e figlia, 1980).
Una
locuzione oggi molto comune e nata in tempi relativamente recenti (anni Trenta
del Novecento) è «chiudere (o finire) in bellezza»
‘concludere un'attività in modo eccellente o memorabile’, che agli inizi era
usata soprattutto dai giornalisti per descrive il finale riuscito di gare e
prestazioni sportive.
Anche
l’asino vuole la sua parte
La locuzione la bellezza dell'asino ‘quella tipica della gioventù' («Schiller dice che anche il genio poetico può essere come la bellezza dell'asino di certi giovani, che passa quando è passata la gioventù», Claudio Magris, Quale totalità, 1985) viene dal modo di dire piemontese la blëssa d'l'asu (documentato per iscritto in dialetto dalla fine dell'Ottocento), che, con buona probabilità, è una reinterpretazione popolare del francese beauté de l' âge 'bellezza dell'età'.
SILVERIO NOVELLI
BIONOTA
Silverio Novelli si occupa da molti anni di lingua italiana. Tra le altre cose, ha scritto una grammatica scolastica (a sei mani), un paio di dizionari di neologismi (a quattro mani) e altri testi di divulgazione linguistica (a due sole mani, finalmente, le sue).
Interessante e di piacevole lettura.
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