Andando per mostre - Parigi e l'eterno conflitto fra utile e bello (I parte) (PARIGI, O CARA) ~ di Rosalia Orsini - TeclaXXI

 

PARIGI, O CARA


Andando per mostre - Parigi e l'eterno conflitto fra utile e bello 

I parte

di Rosalia Orsini 




 Con una cerimonia che nella sua solennità ha ricordato il “sacre des rois”, ossia l’investitura divina dei re di Francia come avveniva nella cattedrale di Reims, è stata riaperta Notre-Dame e di fatto sancita la fine dei grandi lavori pubblici della capitale, intrapresi per le Olimpiadi del 2024. Il cantiere del “grand Paris” ha visto: la rinascita dei quartieri del Nord-Ovest, di fatto il villaggio olimpico; il prolungamento di alcune linee della metropolitana; il quasi completamento della tranvia lungo la cintura che da ora va delimitando le grand Paris; l’incremento delle piste ciclabili senza perdere di vista l’ambiente, il tutto all’insegna della alta tecnologia, specie per quanto riguarda la mobilità cittadina. La capitale si è fatta una peau neuve, insomma si è stirata in lungo e in largo proprio come la pelle di chi rincorre una giovinezza permanente.

Tuttavia, non sempre il progresso è simbolo di bellezza; già Baudelaire se la prendeva con l’eccessiva circolazione delle carrozze e Flaubert ce l’aveva con i treni, per non parlare dei Parnassiani: loro sì che avrebbero gridato “l’utile non è bello”. Ecco che, forse sullo sfondo di questa antica querelle fra progresso e bellezza, dopo l’esplosione e il frastuono dei Giochi Olimpici (ossia: progresso + tecnologia = utilità), Parigi abbia deciso di farsi anche bella, aprendo gli armadi per mostrare i suoi vestiti più prestigiosi. Questo preambolo mi serve per trovare una chiave di lettura alle mostre sulla moda, di cui parlerò, che stanno spopolando in questo inizio di primavera a Parigi.

La più significativa è quella allestita al Louvre (fino al 21 luglio 2025). Un’operazione di contaminazione artistica molto interessante e innovativa: essa si propone come un dialogo tra i capolavori di varie epoche – dall’arte bizantina, poi l’Alto Medio Evo fino al Secondo Impero – e i creatori di moda contemporanea. Nelle sale dove si trovano oggetti di forme, di matrici e di epoche diverse sono stati collocati un centinaio di manichini e di accessori di moda contemporanei, dal 1949 ai nostri giorni. Chiamo con questo termine generico di “oggetti” in realtà manufatti preziosi per la loro rarità (gioielli longobardi, utensili impreziositi da gemme), per la bellezza (ceramiche rinascimentali, reliquiari, broccati) e per la ricchezza in qualità e quantità. La lettura dei manichini, invece, è più facile e più immediata. Provenienti dagli archivi e dal patrimonio di 45 case di moda francesi e internazionali, queste creazioni illustrano il legame intimo fra moda e arte. Negli abiti di questi grandi nomi della haute couture ritroviamo richiami raffinati allo stile decorativo di un’epoca, che ha suscitato l’interesse dello stilista. A titolo di esempio, si veda il tessuto in velluto con disegni floreali, che ricordano
La
dame à la licorne, di M. Grazia Chiuri per Christian Dior  (foto 1);


o la linea delle spalle di un “semplice” tubino lungo in velluto di Yves Saint Laurent  (foto 2);

 

 

che ricorda la corona dei Goti del I millennio a.C. Anche lo stilista tunisino Azzedine Alaïa si ispira alle linee egizie nel suo abito in pelle di agnello impreziosito da piccole borchie metalliche, su fondo plissé con inserti di chiffon di seta nera (foto 3),

elementi, questi, ispirati ai materiali della Corona dei Re di Francia.

La mostra si apre con un bellissimo abito da sera  che Christian Dior intitolò , nel 1949, Musée du Louvre come riprova del fascino che il museo ha esercitato sulla sua produzione (foto 4).

 

Il Musée du Quai Brandy ha” illuminato” la scena culturale parigina con una bellissima mostra dal titolo Au fil de l’or. L’art de se vêtir de l’Orient au Soleil Levant (fino al 6 luglio 2025), accompagnando il visitatore in uno sfolgorante viaggio sulla scia dell’oro messo al servizio dell’eleganza. Dalle rive del Mediterraneo ai confini del Pacifico, la mostra propone di partire sulle tracce di quelle società dove orafi e tessitori, ma soprattutto tessitrici, uniscono il loro talento per produrre tessuti di prestigio, attivando fiorenti commerci. Marco Polo li chiamava I Panni tartarici. La mostra si dipana su un asse cronologico e geografico, invitandoci a fare un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso tele, tessuti, broccati, tuniche, abiti da cerimonia, vesti nuziali, mantelli, sciarpe, caftani, gilet, scarpe, gonne, kimono (foto 5),

 

copricapo, cinture, tutti fatti a mano e intrecciati con fili d’oro, di seta, di lana. Una mostra godibile; utili e chiare le spiegazioni delle tecniche utilizzare per la tessitura. Quante cose si imparano! Per esempio, lo sapevate in quanti modi si produce il filo di seta, ovvero quello che a noi pare seta? Ebbene, non c’è soltanto il più conosciuto baco che si nutre di gelsi, ma c’è pure la seta marina o lana di mare che si ottiene da un mollusco (Pinna nobilis) già conosciuto fin dall’Antichità. In Madagascar, invece, si sfrutta la bava del ragno Nephilo madagascariensis che produce 1 cm di filo al secondo!

Dalla Cambogia proviene una seta speciale per il suo colore, il giallo, frutto del baco Bombix mori. Questa seta è più pregiata di quella bianca prodotta in Cina e nelle nostre latitudini, perché molto più morbida: un oggetto di extra lusso, è rara e per questo molto ricercata e assai costosa.

Quanta maraviglia e stupore di fronte a questi sorprendenti manufatti, prodotti dalle mani sapienti di donne che, curve sui telai, hanno intrecciato e intrecciano con rapidità e maestria trame e orditi! Proprio come nelle fiabe dove l’oro e le pietre preziose di re e regine fanno sognare i bambini, il visitatore si perde in questa fantasmagoria luccicante che lo invita al sogno e alla fantasia.  Distraendolo da una visione e riflessione più politica e più empatica sul lavoro femminile.

Ospite d’onore di questa mostra è la stilista cinese Guo Pei, artista di fama internazionale le cui creazioni si ispirano allo sfarzo degli imperatori cinesi. “Nella cultura tradizionale cinese, l’oro è sempre stato l’elemento dominante.  (…) I ricami fatti con fili d’oro intrecciati sono il simbolo della dignità imperiale”, dichiara in una intervista. La magia della sua produzione è nelle foto allegate (foto 6,7,8).

  

 


segue 

(la seconda parte sarà pubblicata il 27 maggio 2025)
credits: tutte le foto degli abiti sono state scattate dall'autrice ©rosaliaorsini 
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ROSALIA ORSINI 

BIONOTA

Rosalia Orsini è una appassionata della lingua e della cultura francese, che ha insegnato per molti anni nelle scuole superiori ad indirizzo linguistico–sperimentale. È stata anche formatrice di insegnanti; convinta sostenitrice di una Federazione Europea, ha lavorato in gruppi internazionali negli anni d’oro del processo di integrazione europea, fine anni ’80 e anni ’90, contribuendo alla elaborazione di progetti di formazione degli insegnanti europei   e alla attuazione dei programmi di scambi fra le classi degli Istituti dove ha lavorato con la Francia e con i Paesi francofoni anche extra-europei. Inoltre, è stata lettrice di italiano con incarichi extra–accademici nelle Università di Cracovia, Dcshang (Camerun), Zagabria. È stata traduttrice ufficiale nella redazione del Maggio musicale Fiorentino dall’inizio degli anni ’90 fino al 2024

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