Coscienza, sapere quel che succede nel cuore (LINGUA ITALIANA) ~ di Silverio Novelli - TeclaXXI
LINGUA ITALIANA
Coscienza, sapere quel che succede nel cuore
Silverio Novelli
Impareremo a sentire quel che ha da
dire all'ecumene papa Leone XIV ma intanto ricordiamo quel che disse il suo
predecessore, papa Francesco, a proposito della coscienza e di quel particolare esercizio, l'esame di coscienza, tanto importante per il credente quanto, anche
se affrontato con altri intenti, per il non credente o il dubbioso: «sentire
nel cuore cosa è successo in questa guerra interiore, e come io mi sono difeso
dallo spirito del mondo che mi porta alla vanità, alle cose basse, ai vizi,
alla superbia». Alla sera, disse Francesco nella meditazione mattutina del 4
settembre 2018, tenuta nella cappella della residenza di Santa Marta, «è
importante rivedere la giornata e dire: “sì, oggi sono stato tentato qui, ho
vinto qui, lo Spirito Santo mi ha dato questa ispirazione”. Insomma, si tratta
di conoscere cosa succede nel cuore».
Coscienza
e
conoscere ‘sapere sono legati
nell’etimo. La parola coscienza viene
dal latino consciĕntia(m), a sua volta derivato da cosciĕnte(m), participio presente di conscīre
‘essere conscio’, formato da con- e scīre ‘sapere’.
Il concetto fondamentale di ‘consapevolezza
che un individuo o un gruppo di individui ha di sé stesso e del mondo esterno
con cui è in relazione’, espresso dalla parola coscienza, è così forte e fondativo
dell’esperienza umana che non può non avere avuto testimonianze scritte sin
dalle origini della nostra lingua e letteratura. Ovviamente, la polarità
presenza/assenza è decisiva: avere o non avere coscienza di sé, una comunità che ha o non ha coscienza delle proprie tradizioni
culturali; anche come capacità di valutare le proprie caratteristiche e
doti: avere o non avere coscienza delle
proprie forze, di ciò che si vale,
dei propri limiti. Il concetto può diluirsi fino a diventare sinonimo di consapevolezza: non ha la minima coscienza di quello che dice.
Manzoni e la mano sulla coscienza
Una delle
tanti espressioni efficaci che riguardano la coscienza nell’altra accezione, antica anch’essa, di ‘sistema di
valori morali di un individuo, che gli permette di giudicare i propri atti,
approvandoli o prendendone le distanze’ è stata consegnata all’uso collettivo
dall’esempio di un grande scrittore, Alessandro Manzoni (1785-1873),
fondamentale per lo sviluppo della nostra lingua, oltre che della nostra
letteratura: mettersi una mano sulla
coscienza ‘esaminare in modo onesto la portata dei propri atti’ (nel 1763
lo scrittore Giuseppe Baretti aveva usato la variante, poi decaduta, mettersi la mano sulla coscienza).
La coscienza è percepita sia nella sua
dimensione positiva sia in quella negativa, senza escludere le zone intermedie:
a posto (avere
la coscienza a posto o essere, sentirsi a posto con la coscienza ‘ritenere
di essersi comportato bene’; dal 1965 in italiano), ferma, forte, immacolata,
limpida, piena, pulita (avere la
coscienza pulita ‘non avere nulla da rimproverarsi’; dal 1887 in italiano),
serena, tranquilla; instabile, debole, macchiata, offuscata, parziale, sporca (avere la coscienza sporca ‘sentire
rimorso per qualcosa’; dal 1940 in italiano), tormentata.
Come esame di coscienza, locuzione
consolidata che nasce e resta comunque radicata nella realtà liturgica per
designare l’atto preparatorio al sacramento cattolico della confessione,
potendosi usare poi anche fuori di quell’àmbito (mi sono fatto un’esame di coscienza: potevo impegnarmi di più nello
studio), anche crisi di coscienza
‘profondo turbamento morale, spirituale o religioso’ si riferisce in origine
soprattutto alla realtà della fede: la locuzione è attestata dal 1895 in
italiano, in un articolo comparso sul quotidiano «La Stampa» del 2-3 agosto, in
cui si scrive della crisi dell’abate Pierre, protagonista del romanzo Lourdes (1894) di Émile Zola. Ma poi, e
a tutt’oggi, l’espressione viene usata anche in riferimento ad altre sfere.
Nel Cinquecento con lealtà e onestà
Il
richiamo basilare al proprio sistema di valori morali spiega la nascita, nel
Cinquecento, del nuovo e ulteriore significato di coscienza, tutto positivo, intesa come ‘onestà, lealtà’, che è
all’origine di locuzioni avverbiali come in
coscienza, in tutta coscienza
‘per un intimo senso di responsabilità morale, o sulla base di una approfondita
e obiettiva valutazione’: «Non
credo fosse sete di conoscenza quella che mi ha spinto a partire senza neppure
sapere dove cercare e cosa cercare di preciso. In coscienza non credo di
essere uno scienziato così scrupoloso. Mi sono messo per strada per ragioni che
ancora non conosco, se non nella loro superficie» (Maurizio
Maggiani, Il viaggiatore notturno,
2005).
L’Ottocento
e le sue sensibilità
Nell’Ottocento, infine, si afferma
l’accezione di ‘sensibilità, interesse per un complesso di problemi, in
particolare di portata sociale’: avere o non avere una coscienza civica, patriottica, sociale; nella teoria
marxista dell’economia, si parla della coscienza di classe, cioè
l’autoconsapevolezza di una classe sociale, in particolare quella lavoratrice;
si può avere una coscienza
linguistica e una coscienza
giuridica.
Anche, una coscienza morale. «Inconcepibile alla
coscienza morale»: così si è espresso il Coordinatore umanitario dell’Onu per i
territori occupati in Palestina a proposito dei massacri dell’esercito
israeliano a Gaza. C’è molto materiale per un enorme esame di coscienza.
SILVERIO NOVELLI
BIONOTA
Silverio Novelli si occupa da molti anni di lingua italiana. Tra le altre cose, ha scritto una grammatica scolastica (a sei mani), un paio di dizionari di neologismi (a quattro mani) e altri testi di divulgazione linguistica (a due sole mani, finalmente, le sue).
Silverio, è sempre un piacere leggerti! Carla Mazzarelli
RispondiEliminaCarissima Carla, grazie. Per me è stata una piacevole sorpresa leggere te e di te nelle tue esperienze all'estero! Silverio
EliminaCoscienza o il suo contrario.Incoscienza.Ma quella di un bambino e di ognuno.di noi che nel silenzio si lascia stupire da quella gioia o malinconia che che ti strappa una lacrima a tarda sera.Che sia di rabbia per tutto ciò che vediamo o di una'inaspettata benedizione che viene da lontano.Da dove si preferisce.Che ti lascia gi occhi umidi ma più forte e dolce.Federica Lorusso
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