VIAGGIO IN GIAPPONE 2024 - CAPITOLO 1 (REPORTAGE) ~ DI AZZURRA BONANNI E ROMAIN IOVINELLI - TECLAXXI
REPORTAGE
N.B. Tutte le foto così come i video di questa pagina sono di
©Azzurra Bonanni e di ©Romain Iovinelli
VIAGGIO IN GIAPPONE 2024 - CAPITOLO 1
Capitolo uno –
Giappone 2024
Il nostro viaggio è
iniziato a Osaka. La prima cosa che ci ha colpito, avendola vissuta
soprattutto di sera, sono state le luci al neon e l’atmosfera che riuscivano a
creare. Mentre passeggiavamo per una delle vie più iconiche, ovvero
Shinsaibashisuji, nella zona di Dotonbori, siamo rimasti ammaliati dagli
immensi cartelloni pubblicitari, i molteplici suoni provenienti dai negozi e
sale giochi che contornavano la via, le musichette tratte dagli «anime» (Detective
Conan e One Piece su tutti), gli odori provenienti dallo street
food a base di polpo, cibo specialità di Osaka, in particolare nella sua
forma più rinomata quale i «Takoyaki» (palline fritte a forma sferica,
fritte e ripiene di polpo).
Seppur Osaka vanti questa
movimentata night life, la città suscita lo stesso fascino anche di giorno. Abbiamo
visitato il famosissimo Namba Yasaka Shrine, che, a differenza di quello che di
primo acchito può sembrare, non è un drago, bensì una testa di
leone. Stando alla credenza locale, se si passasse attraverso la bocca del leone,
quest’ultima priverebbe la persona dagli spiriti maligni che la perseguitano,
inghiottendoli nelle sue immense fauci. Di conseguenza, lasciando che la
fortuna sia libera di poter guidare il destino del fortunato viaggiatore.
Una particolarità di ogni
tempio è che al suo esterno, ubicati attorno a giardini o foreste, si trovano i
cosiddetti «Chozuya», ovvero bacini di acqua dove gli shintoisti intraprendono
un rituale di purificazione: per prima cosa si lavano la mano sinistra usando
l’apposito mestolo, poi passano alla mano destra e infine bagnano appena la
bocca. Una volta conclusosi il rituale, i fedeli, in quanto purificati, possono
finalmente accedere al santuario.
Partendo da Osaka,
attraverso il performante treno ad alta velocità giapponese chiamato «Shinkansen»,
si può raggiungere la città di Himeji. Nel cuore della stessa, è situato il
castello medievale più grande sul territorio nipponico: Himeji Castle. Non
essendoci accontentati di ammirarlo solo in lontananza, ci siamo addentrati
oltre le sue splendide mura. Qui la prima sorpresa: all’interno è spoglio di
qualsiasi armatura o reliquia. Essendo abituati alla tipologia di castelli
europei, vedere solo travi di legno su ben otto piani sui quali il castello fu
edificato ci ha lasciati di stucco. Da qui abbiamo riscontrato una volta di più che la cultura
occidentale e la cultura orientale sono agli antipodi.
Una pratica interessante
quanto antica: si tratta dei «goshuin». Risalgono al periodo Edo (XVII secolo) e
sono dei timbri calligrafi caratteristici di ogni tempio shintoista e buddhista.
Vengono dati, su richiesta e a pagamento, ai fedeli e viaggiatori che visitano i
santuari. Il nome goshuin significa «sigillo rosso» e il suo scopo è
quello di lasciare un ricordo ai visitatori dei luoghi sacri. La precisione del
tratto e la bellezza del risultato sono ciò che attira di più. Per creare uno shuin
(il termine senza il prefisso -go equivale al singolare dello stesso),
il calligrafo traccerà con dei pennelli di vario spessore e con un inchiostro
nero il nome del tempio in cui ci si trova. Per concludere la pratica, il
sacerdote o l’addetto applicherà dei timbri rossi che riportano l’immagine del
tempio o timbri che hanno altri significati.
Lo disse Mary Shelley nel
XIX secolo e, a tutt’oggi, possiamo definirla una verità più che attuale: c’è
una grande differenza tra viaggiatore e turista; il primo, viaggia per il
piacere di scoprire posti nuovi, immergendosi nella cultura del luogo-meta
dell’itinerario, senza pregiudizi né preconcetti. Il secondo, rimarrà sempre un
po’ distante da tutto ciò che risulta nuovo ai suoi occhi e viaggia per il solo
scopo di poter dire di aver viaggiato. Ecco, noi abbiamo voluto discostarci il
più possibile dalla seconda tipologia di viandante. Non ci siamo limitati alle
più grandi e ambite città nipponiche e abbiamo scelto mete un poco più crowded-free.
Nara è
una città famosa per essere piena di cervi e cerbiatti. Nel Parco di Nara si
trovano dei chioschi in cui si vendono biscottini con impasto apposito per
questi simpatici animaletti. Ogni confezione di biscotti viene a costare l’equivalente
in valuta europea di due euro circa; vale la pena spenderli per questa esperienza
unica. Non appena avrete questi biscottini in mano, vedrete una decina di cervi
venirvi incontro per chiedervi un po’ di cibo. La cosa più sorprendente è che
una volta ricevuto, vi faranno un inchino, proprio come farebbe ogni
giapponese.
Tra i cibi tipici di Nara
vi è il «mochi», ovvero un preparato tradizionale giapponese costituito da uno
speciale tipo di riso glutinoso chiamato mochigome, tritato e pestato
per ottenere una pasta bianca (o in questo caso verde), morbida e appiccicosa
che viene poi modellata in forme sferiche. Nel video vediamo due pasticceri
giapponesi intenti nella pratica del pestaggio. Il colore verde della pastella
è dovuto all’aggiunta, nell’impasto, di polvere di matcha, ovvero una
varietà di tè verde originaria della Cina imperiale e famosa nel continente
asiatico.
Per concludere il nostro
itinerario a Nara abbiamo visitato il tempio di Todaji, fondato durante il
periodo Nara (710-784), quando la città era la capitale del Giappone. La statua
del Grande Buddha mostrata in foto è considerata patrimonio nazionale, nonché la
scultura in legno più grande al mondo. Inutile descrivere le sensazioni di
maestosità e imponenza che abbiamo provato nell’ammirare l’opera.
(fine I parte)
Gli autori
AZZURRA BONANNI
BIONOTA
Azzurra Bonanni ha ventidue anni ed è nata a Roma. Si è diplomata nel 2019 presso il Liceo linguistico Dante Alighieri di Fiuggi.
Nell’ottobre del 2022 si è laureata in Lingue e Letterature Moderne all’Università di Tor Vergata, con una tesi – Il linguaggio economico e la sua traduzione; un manuale di economia politica - che ha avuto per oggetto la traduzione di una sezione del manuale di economia Para entender la economía política y la política económica di Valeriano F. García.
ROMAIN IOVINELLI
BIONOTA
Nato a Roma, ha vissuto in Croazia, Francia, Inghilterra e Marocco. Si è diplomato al liceo americano di St.-Cloud e si è laureato come assistente alla regia presso il CLCF a Parigi.
È laureato altresì in lingue e letterature moderne in Italia, con una tesi in angloamericana su Ulysses S. Grant.
A parte i suoi interessi storici, è trilingue e maratoneta. Ha creato il Marco Aurelio Project.
Affascinante e interessante articolo! Bellissime le foto! Complimenti Azzurra e Romain! Aspetto la seconda parte!
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