Michael Palma: 8 poesie (TRADUZIONE) ~ di Barbara Carle - TeclaXXI

TRADUZIONE

 

Michael Palma

 

Otto poesie tradotte da Barbara Carle

 


photo ©https://poets.org/academy-american-poets


Michael Palma ha pubblicato cinque libri di poesia: Begin in Gladness, 2011, A Fortune in Gold, 2000, The Ghost of Congress Street, Selected Poems (pubblicazione digitale), 2008, Antibodies, 1997, The Egg Shape, 1972. Un nuovo libro, Local Colors, uscirà quest’anno. È autore di una ventina di volumi di traduzioni poetiche; segnaliamo alcuni: Guido Gozzano, The Man I Pretend to Be (1981) e Diego Valeri, My Name on the Wind (1989) con la prestigiosa Princeton University Press.  Seguono: Sergio Corazzini, Sunday Evening (1997), Armando Patti, The Eye Inside the Wind (1999), Luigi Fontanella, The Transparent Life and Other Poems (2000), Franco Buffoni, The Shadow of Mount Rosa (2002), Alfredo de Palchi, Dates and Fears of Anguish (con Luigi Bonaffini) (2006), Jeanne d’Arc and Her Double (2011) e No Part to Play (2013) entrambi di Maurizio Cucchi, Every Third Thought: Selected Poems 1950-2004 (2014) di Giovanni Raboni, The Red Servant: Selected Poems 1979-2002 di Paolo Valesio (2016), con Graziella Sidoli, The Autumn of Love (2018) di Enzo Lamartora. Ha vinto numerosi e prestigiosi premi di traduzione: L’Italo Calvino Award dal Translation Center della Columbia University; il Premio Speciale dell’Associazione Culturale Campana di Latina, il Raiziss/ De Palchi Book Prize, ecc. Ha curato un’antologia premiata con Dana Gioia, New Italian Poets, 1991. Ha collaborato con delle riviste rinomate e ha pubblicato saggi su poeti diversi, Faithful in my Fashion, Essays on the Translation of Poetry, 2016. Quest’ultimo volume è stato ammirevolmente reso in italiano da Angela D’Ambra nel 2022, Fedele a modo mio.  D’Ambra ha anche tradotto un gruppo di poesie di Palma in italiano con grande grazia e perizia: https://poetarumsilva.com/2021/04/30/michael-palma-the-ghost-of-congress-street-poesie/

 

 

Il lettore troverà qui una selezione di poesie varie. Nelle prime (Cats, Gatti, In the End, Alla fine) e nelle ultime brevi poesie da The Egg Shape, emerge una maniera leggera, giocosa ma sempre ironica. Leggerà anche alcune poesie più lunghe e complesse dove Palma dialoga con John Berryman e John Keats. Michael Palma è chiaramente un poeta biculturale. I suoi versi sono profondamente radicati nella tradizione americana e inglese ma nello stesso tempo conosce a fondo la poesia italiana moderna e contemporanea. Le poesie tradotte qui portano le tracce di tale conoscenza. Da una parte, in Burlesco troviamo intertesti di Archibald MacLeish, Ars Poetica, Matthew Arnold, Dover Beach, Robert Browning, Fra Lippo Lippi (“Ah, but a man’s reach should exceed his grasp, / Or what’s a heaven for?”).  Da l’altra, la stessa poesia Burlesco rivela anche una forte vena comica dantesca. Tale vena comica è fortemente presente anche in Like Any Clown, Come qualsiasi pagliaccio, una lunga composizione stupendamente beffarda e ironicamente introspettiva.

 

Ho lavorato con l’autore a queste traduzioni. Infatti, ci sono due versioni di Burlesco; la prima include una stanza con gli interventi di Palma, mentre l’altra è del traduttore. Lavorare con Michael sulla traduzione è un’esperienza rara e preziosa e gli sono grata per tutti i commenti.

 


From: A Fortune in Gold

  

Cats

 

They hear you coming

Before you know you’re coming.

They suck up wisdom

From your eyes.

 

Their eyes turn colors

In the turning light.

They frown like owls.

They yawn

 

And then the fangs.

The light that holds the tiny dust,

The falling leaves,

The falling snow.

 

They live in city of toys.

Claws ripple underneath the fur.

They sit up with dead spiders.

Fluent machines, they balance

 

Existence on the tips

Of their noses.

They love themselves

With your hand.

 


Gatti

 

 Ti sentono venire

prima che tu lo sappia.

Succhiano la saggezza

dai tuoi occhi.

 

Il colore dei loro occhi si muta

alla luce mutevole.

Si accigliano come le civette.

Sbadigliano

 

e poi le zanne.

La luce che tiene l’infima polvere,

le foglie cadenti,

la neve mentre cade.

 

Vivono in una città di giocattoli.

Gli artigli s’increspano sotto il manto.

Vigilano con ragni morti.

Macchine fluenti, equilibrano

 

l’esistenza sulla punta

del naso.

Si amano

con la tua mano.


 In the End

 

Poetry won’t save us in the end,

Love won’t save us

And not Jesus. In the end

 

We will die and be translated.

Everything says itself

Without meaning to.

 

Let the sentences walk out

In their new suits.

Who knows what anyone may imagine?

 

We peel the layers of the self

And stop just in time

In a Chinese light, penetrating and cool.

 

 

Alla fine

 

 

La poesia non ci salverà alla fine,

l’amore non ci salverà

e non Gesù. Alla fine

 

moriremo e saremo tradotti.

Tutto dice sé stesso

senza volerlo.

 

Faccia uscire le frasi

con dei nuovi abiti.

Chissà quello che si può immaginare?

 

Sbucciamo strati dell’io

e ci fermiamo a tempo

alla luce cinese, penetrante e fresca.

 

 

From: Begin in Gladness

 

Dark and Deeper

 

                                        —I saw nobody coming, so I went instead. 

                                                                          —John Berryman

 

Sooner or later he had it all, the dry

And quiet hours, the leaping days, the halls

All full of heads turning to the one point

To see the one who was more so than themselves,

The sitting together with beer and smiles with those

Who were famous later and different, the nights

Of sweating it out inside the blasphemous dark.

 

Aging and deep and drunk, the spider’s brother,

He flashed and plowed across the bodies of women

And wives to the number of three, who gave him feeds.

Let there be bigger houses. And there were.

In the middle still he sat, gray in his eyes,

Sucking the juice from cigarettes, but would dance,

Elbows and shoulders spindling in the sky.

 

Once was a clean and polite skull on the porch,

Then was a beard that flowed like power out,

Crackling with magic. Then was a day of ice.

Pictures in papers, and stories of the tank,

And no one whose help he would allow. A man.

To be is to be alone. What was a man

Is smashed bones in a hole, then will be nothing.

 

No hole for the little daughters, as no one hid

The ancient boy with the big and sorry father

Who looked to the water, but used a gun at last.

He grew and grew, till he walked out on the bridge

That he couldn’t get across. On the other side,

From his public shames, he’d fashioned uprightness.

The skin was eaten. Nothing left to graft.

 

The books are solid, heavier in the hands

Than those of some who never miss the water.

With whips and chains he’d made the words stand up,

Proud songs and prayers to a Lord who never came,

Who came to be for a moment, to guide the arc

Of his long embrace to the earth. The words are black

And sharp, and forced forever from the white void.

 

 Oscuro e più profondo

 

                             —Siccome non vidi nessuno venire, decisi invece di andare.

                                                                          —John Berryman

 

 

Prima o poi, aveva avuto tutto, le ore asciutte

e silenziose, i giorni balzanti, le sale

tutte piene di teste volte verso un punto

per vedere colui che era più umano di loro

sedendo insieme per una birra e i sorrisi con quelli

che diventarono famosi e diversi dopo, le notti

di attesa ansiosa dentro il buio blasfemo.

 

Invecchiando e profondo e ubriaco, il fratello del ragno,

lampeggiava e solcava i corpi delle donne

e delle mogli almeno tre, che lo nutrivano.

Che ci siano case più grandi. E ci furono.

Nel bel mezzo, era ancora seduto, il grigio negli occhi,

succhiava il succo dalle sigarette, ma ballava,

gomiti e spalle affusolati al cielo.

 

Una volta c’era un cranio pulito e cortese sulla terrazza,

poi una barba scorreva come una corrente elettrica

scricchiolava di magia. Poi un giorno di ghiaccio.

Foto sui giornali, e racconti delle sbornie in cella,

e l’aiuto di nessuno gli conveniva. Un uomo.

Significa stare da solo. Quello che fu un uomo

si fa ossa schiacciate in un buco, poi nulla.

 

Nessun buco per le figliolette, nessuno nascose

il ragazzo antico con il grande e triste padre

che cercò l’acqua, ma impiegò una pistola alla fine.

Crebbe e crebbe, fino a quando non andò sul ponte

che non sapeva attraversare. In un certo senso,

dalle sue vergogne pubbliche aveva coltivato l’onestà.

La pelle era divorata. Non c’era più nulla da trapiantare. 

 

I libri sono solidi, più pesanti nelle mani

di quei pochi che non perdono l’acqua.

Con fruste e catene aveva alzato le parole,

fieri canti e preghiere a un Signore mai arrivato,

che venne ad essere per un momento, per guidare l’arco

del suo lungo abbraccio alla terra. Le parole sono nere

e taglienti, e costrette per sempre dal bianco vuoto.


 Like Any Clown

 

The one who thinks he’s in despair

Or nearly there

Crawlstrokes down the morning

Flapping translucent wings.

 

Beauty’s withdrawn, tenderness,

The wet surrender

To the animals inside.

Bare wires partition the air.

 

Mouthing the slick bone

Of duty, he buttons buttons.

Windows, corners: everything has

Its essence, none of it his.

 

The hands do no good

For anything anymore.

Nothing uses them anymore,

Not woman, not wood.

 

Hiding in his life

He assumes a vertical posture

To probe the sockets of nature.

What jelly is left?

 

Once in a blue power

He bit into the flower

To unravel all the days. Expecting

Nothing now, he bites the flower.

 

The eyes are thicker,

Heavier all the time. They weigh the head

Down into the greatcoat.

He remembers the man who said,

 

You don’t screw around,

You don’t drink or dope,

If you’re nuts it doesn’t show,

So how the hell can you be a poet?

 

Imagination ravens to be old

On the back porch, all definition gone,

The pennants slack in a flat wind,

The work behind, forgotten, half undone.

 

 Thirty years down, he wears

A smaller face,

Fills the minimum space,

Finds less and less to need.

 

Violins spiral from the stereo,

The window grows no bigger all the time,

The sun won’t shine,

The rain won’t let him go.

 

Beauty that shrivels with its sickly smile

Forgiving the stone world

Gets him nowhere now.

The beautiful is what survives.

 

Blunted with hope, he aims to stand

Hidden in the naked land.

His insides jump and dance like any clown,

He beats the line down to the possible. 

 

Bombs shake the camera eye,

Shake the ground.

Pots rattle on the shelves,

The view holds steady.

 

The line holds steady. The sections of the brain

Click cleanly like a rifle mechanism.

Fingers crooking over the clicking keys,

Like any clown, he hits another note.

 

 Come qualsiasi pagliaccio

 

 Chi crede di disperarsi

o quasi

scende la mattina a bracciate

battendo le ali traslucide.

 

La bellezza si ritira, tenerezza

la resa bagnata

agli animali dentro.

Fili metallici spartiscono l’aria.

 

Declama l’osso viscido

del dovere, abbottona i bottoni.

Le finestre, gli angoli: tutto ha

la propria essenza, nulla gli appartiene.

 

Le mani non servono

a nulla ormai.

Nessuno le usa più,

nessuna donna, nessun legno.

 

Si nasconde nella vita

assume una posa verticale

per scandire le orbite della natura.

Che gelatina rimane?

 

Una volta nel potere azzurro

morse un fiore puro

per sbrogliare i giorni. Non si aspetta

più nulla ormai, morde il fiore.

 

Gli occhi sono ispessiti,

pesano sempre di più. Appesantiscono la testa

fin dentro il pastrano.

Si ricorda dell’uomo che disse

 

Non vai in giro a fottere,

non bevi non ti droghi,

se sei pazzo non si vede

come cazzo pensi di fare il poeta?

 

La fantasia brama di essere vecchio

sulla terrazza interna, ogni definizione svanita

i gagliardetti afflosciati senza vento

il lavoro alle spalle, dimenticato, quasi disfatto.

 

Trent’anni fatti, affaccia

una faccia più piccola,

riempie lo spazio minimo

gli serve sempre meno e meno.

 

I violini volteggiano dallo stereo

la finestra non cresce di continuo,

il sole non splende,

la pioggia non lo lascia andare.

 

La bellezza si raggrinzisce in un sorriso malato

perdonare il mondo di pietra

non lo porta da nessuna parte adesso.

Il bello è quello che sopravvive.

 

Troncato dalla speranza, pensa

di nascondersi nella terra nuda.

Come ogni pagliaccio le viscere saltano e ballano,

affina il verso fino al possibile.

 

Le bombe scuotono l’occhio della telecamera,

scuotono la terra.

Le pentole cozzano nella dispensa

la veduta tiene ferma.

 

Il verso regge stabile. Parti del cervello

schioccano come il meccanismo di un fucile.

Le dita si piegano sui tasti che ticchettano,

come qualsiasi pagliaccio, batte un’altra nota.


Burlesque

 

The curtain opens and the poem comes out

In checkered suspenders and a funny hat,

Grinning and mugging across the sanded stage.

Tatata tatata tatata raa

Says the pumping orchestra. The poem says,

“Hiya folks, these are the jokes.”

 

“Blaaaugh! What crap! Get off the stage!”

Pelting from the galleries with fat fruit.

The penny-seaters toss their programs away

And clamor for the spirit of the age:

“A poem should be palpable and mute!”

Okay.

 

Another poem comes out and does a strip,

Peeling off adjectives with sensual jerks.

The orchestra gets too caught up to work.

The poem struts its pink-tipped verbs

And tosses its final image into the crowd:

“How’m I doin’, Ezra?” The place goes wild.

 

The emcee hops up to the mike:

“You always pay for what you like!”

He closes the show to cheering, reading

From a card: “Portions of the preceding

Program hang out in a tent on Dover Beach

With anyone whose grasp exceeds his reach.”

 

 

Burlesco (1)

 

 Il sipario si alza ed esce la poesia

con bretelle a scacchi e un cappello buffo

sorride beffarda sul palco insabbiato.

Tatata tata raa tromba l’orchestra in cacofonia

mentre si accorda. La poesia ripete,

“Ciao ciao a tutti, ecco le barzellette.”

 

“Che stronzate! Fuori dal palco! Blablablà!”

Dalla galleria cade una pioggia di frutta.

Dai posti a due monete buttano via dei programmi

e ognuno invoca lo spirito dell’età:

“Una poesia dovrebbe essere palpabile e muta!”

Sia.

 

Esce un’altra poesia e fa lo spogliarello,

sbuccia aggettivi con slanci sensuali.

L’orchestra non bada più al bastoncello.

La poesia pavoneggia dei verbi con petali carnali

e getta l’immagine finale agli spettatori:

“Vado bene, Ezra?” Si scatenano i clamori.

 

Il conduttore balza al microfono: “Pagate

sempre quello che vi piace!” Pone fine

allo spettacolo tra urrà e risate

legge una cartolina: “Porzioncine

dell’opuscolo bazzicano la tenda accampata

a Dover con chiunque aspiri oltre la propria portata.”

 

 La seconda stanza è stata tradotta con interventi di Michael Palma.


Burlesco (2)

 

 Il sipario si alza ed esce la poesia

con bretelle a scacchi e un cappello buffo

sorride beffarda sul palco insabbiato.

Tatata tata raa tromba l’orchestra in cacofonia

mentre si accorda. La poesia ripete,

“Ciao ciao a tutti, ecco le barzellette.”

 

“Che stronzate. Fuori dal palco! Che fruscolo!”

Dalla galleria cade una pioggia di frutta.

Dai posti a due monete buttano giù gli opuscoli

e ognuno stride la sua epocale fantasia:

“La poesia dovrebbe essere palpabile e muta!”

Sia.

 

Esce un’altra poesia e fa lo spogliarello,

sbuccia aggettivi con slanci sensuali.

L’orchestra non bada più al bastoncello.

La poesia pavoneggia dei verbi con petali carnali

e getta l’immagine finale agli spettatori:

“Vado bene, Ezra?” Si scatenano i clamori.

 

Il conduttore balza al microfono: “Pagate

sempre quello che vi piace!” Pone fine

allo spettacolo tra urrà e risate

legge una cartolina: “Porzioncine

dell’opuscolo bazzicano la tenda accampata

a Dover con chiunque aspiri oltre la propria portata.”

 

The Day

 1/14/71

 

I always made an awkward bow.

God bless you! And God bless

John Keats who died

Today in Rome,

Twenty-five years, one hundred

And fifteen days old.

The lungs were

Completely gone.

The doctors could not imagine

How he had lived

In the last two months.

 

Poetry had died first,

As slow a death.

Today I am old as Keats,

Twenty-five years, one hundred

And fifteen days, enough

For a poet, for it runs

In my head we shall all die

Young. My breathless poems

Surround me, my days run on

Like water,

I’ve missed my chance.

 

I feel the flowers growing

Over me. And bless

John Keats who died

Choking on his sweetness.

Tomorrow I shall be

Older than Keats,

Dreaming in the morning

Of the traces

Of fresh dark blood

All over the bed,

Blood to make new poems from.


 Il giorno

 14/1/71

 

Facevo sempre un inchino impacciato.

Che Dio vi benedica!

E benedica

John Keats che morì

oggi a Roma,

a venticinque anni e cento-

quindici giorni

I polmoni

non c’erano più.

I medici non capivano

come avesse potuto

vivere gli ultimi due mesi.

 

La poesia era morta prima

una lentissima morte.

Oggi sono vecchio come Keats,

venticinque anni, cento-

quindici giorni, abbastanza

per un poeta, perché mi viene

da pensare che tutti moriremo

giovani. Le mie poesie ansimanti

mi circondano, i miei giorni scorrono

come acqua,

ho perso l’occasione.

 

Sento fiori che mi crescono

addosso. E benedica

John Keats che morì

soffocando della propria dolcezza.

Domani sarò

più vecchio di Keats,

la mattina sognerò

le tracce

di fresco sangue scuro

sparso sul letto,

sangue per fare nuove poesie.

From: The Egg Shape

 

4

 

You are two flames

In one fire

The flame of passion

And that of anger.

 

No one can live

Happily with you

No one can be

Faithful to you

 

Just as no one can

Live in a house

With two old men

Who hate each other.


 Da: The Egg Shape

 

4

 

Sei due fiamme

in un fuoco

la fiamma della passione

e quella della rabbia.

 

Nessuno può vivere

felicemente con te

nessuno ti può

essere fedele.

 

Come nessuno può

vivere in una casa

con due vecchi

che si odiano.


23

 

Touch a doorknob

You’re a doorknob

Touch the stairs

They walk on you.

Little children

Barely talking

Sock each other

Back and forth.

 

Touch a flower

You’re the flower

Touch your brother

You’re still you.

Little soldiers

Scared and lonely

Shoot each other

Back and forth.

 

Picket fences

In the garden

Keep the flowers

Safe from you.

Little flowers

In the windblow

Touch each other

Back and forth.

  

23

  

Tocca la maniglia della porta

sei una maniglia

tocca le scale

camminano su di te.

Piccoli bambini

appena si parlano

mentre si picchiano

a vicenda.

 

Tocca un fiore

sei il fiore

tocca tuo fratello

sei ancora te.

Piccoli soldati

impauriti e soli

si sparano

a vicenda.

 

Steccati

nel giardino

proteggono i fiori

da te.

Piccoli fiori

al soffio del vento

si toccano

a vicenda.

 BARBARA CARLE 



BIONOTA Barbara Carle poeta, traduttore e critico. È italianista emerita all'Università statale della California a Sacramento. Ha pubblicato diversi libri di poesia bilingue e un libro di poesia e prosa in italiano. Ha tradotto molti poeti dall'italiano all'inglese e dall'inglese all'italiano.


 


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