Sulle tracce di Joseph Roth: alla scoperta di Berlino (REPORTAGE) ~ di Carla Mazzarelli - TeclaXXI
REPORTAGE
Alla
scoperta di Berlino
Sulle
tracce di Josip (Joseph) Roth
Carla
Mazzarelli
Immaginate
un grande buco sotto la superficie della strada, che sia chiuso sotto i vostri
piedi da una lastra vetrata, attraverso la quale si vedono gli scaffali vuoti
di una libreria…siamo a Bebelplatz e stiamo guardando The Library[1], la scultura
di Micha Ullmann che sorge lì dove, il 10 maggio del 1933, la propaganda
nazista volle fossero messi al rogo più di 20.000 volumi, i quali, secondo
Goebbels, principale artefice di questo (mis)fatto, avrebbero fatto degenerare
la morale e le coscienze dei tedeschi. Nella stessa notte altri roghi in altre
città della Germania, altre migliaia di libri dati alle fiamme.
A
bruciare c’erano tutti i grandi, da Marx a Kafka, dai Mann a Hemingway, da
Brecht a Einstein, da London a Zweig… “tutto lo spirito malvagio del passato”
(Goebbels) venne dato alle fiamme…poi avrebbero cominciato a bruciare gli
uomini!
Bisogna
fare attenzione, perché in Germania oggi non tirano venti di libertà e il
passato, quello brutto, quello dei roghi, non è passato del tutto, né
definitivamente.
E
allora voglio ricordare gli innumerevoli scrittori, non berlinesi, che, prima
che accadesse la catastrofe, hanno trascorso soggiorni più o meno brevi in
questa città. Sono tanti, sia attratti dalla vita sociale e culturale, sia in
fuga da altri luoghi meno accoglienti. È impossibile nominarli tutti. Ma uno in
particolare lo “incontro spesso per le vie di Berlino o lo vado a trovare:
Joseph Roth.
A
Berlino abito a Schoneberg, un tranquillo ma vivace quartiere dell’ex Berlino
ovest abitato da residenti per la maggior parte tedeschi. Ci sono molte
famiglie con bambini, ma anche molte coppie omosessuali. Qui abitò Christofer
Isherwood quando scrisse Addio a Berlino (dal quale fu tratto il film di
Bob Fosse Cabaret). Erano gli anni 1928/29. Quii visse insieme al poeta
W. H. Auden. Poi i due partirono per la Cina ed emigrarono negli Usa. Una targa
ricorda Isherwood al 17 di Nollendorfstrasse.
Ma
torniamo a Roth!
A
Schoneberg l’Hauptstrasse conduce a Potsdamerplatz, la piazza progettata da
Renzo Piano. Da casa mia è una passeggiata a piedi di circa 15 minuti che io
faccio regolarmente anche in bicicletta. Passo davanti al numero 155, do una
sbirciatina al portone dove abitò David Bowie (ma di questo scriverò in un
prossimo articolo) e proseguo. Qualche anno fa fui attratta dall’insegna di un
piccolo locale al numero 75. Generalmente percorrevo il viale sul lato opposto
dove c’è il teatro Wintergarten Berlin. Mi soffermo a leggere le locandine. Il
piccolo e magnifico locale si chiama Joseph Roth Diele ed è completamente
dedicato allo scrittore, si mangia una buona e tipica cucina tedesca e si può
leggere una rivista o un suo libro, ce ne sono molti anche a disposizione degli
avventori. Le pareti sono tappezzate di vecchie foto e disegni che ritraggono
l’artista, di scritte che riportano i titoli dei suoi libri e di sue frasi. Il
locale è il tipico berlinese, si può ordinare la cena fino alle 19,30, poi la
cucina chiude ma si continua a bere fino a tardi. Verso le 21 entrano un paio
di musicisti e suonano per una mezz’oretta, poi riprendono i loro strumenti,
cappelli e capotti e se ne vanno…tutto molto easy. Il bello in questi
locali è che tutti parlano molto, ma sempre a bassa voce, un sussurro che
potrebbe addormentare un bambino, per cui è rilassante essere lì. Se sei solo,
puoi leggere tranquillamente, ma se invece sei in compagnia puoi chiacchierare piacevolmente
Il
Joseph Roth Diele è chiuso il sabato, la domenica e il lunedì. Quando una volta
ho chiesto al gestore come mai fosse aperto solo quattro giorni a settimana, ha
fatto “spallucce” e mi ha risposto che bastava così…quale risposta migliore
poteva darmi! D’altronde a Berlino i negozi di quartiere aprono non prima delle
11 e alle 18 sono già chiusi.
Ovviamente
mi sono chiesta come mai quel piccolo locale fosse dedicato allo scrittore e ho
scoperto che Roth ha abitato proprio lì accanto, al numero 73, e che questa è
stata la sua unica abitazione privata negli anni (dal 29 al 32) in cui ha
soggiornato a Berlino. Era già stato a Berlino nel ’20 e poi era tornato, più
volte, quasi in fuga dall’impero austro-ungarico e da Vienna che non
amava.
Ho
letto che Roth non riusciva a scrivere in casa, preferiva gli alberghi nei
quali si sentiva più ispirato.
Ma
c’era un posto dove, seduto ad uno dei tavoli, lui scrisse uno dei suoi
capolavori ed altri racconti.
Il
Kurfurstendamm (Kudamm per i berlinesi) è un lunghissimo ed elegante viale di
3,5 km che conduce alla Grunewald, la foresta dove in passato si andava a
caccia. Esso è considerato il fulcro della parte ovest della città, pullula di
gente e di negozi, vi sorgono i più importanti grandi magazzini (uno su tutti
il KaDeWe), ed è pieno di ristoranti e alberghi.
Al
Numero 14 c’era il Mampes Gute Stube, chiuso definitivamente nel 1986, ma una
targa ricorda lo scrittore austriaco. È qui che Roth amava sedersi quasi
quotidianamente, sorseggiare il liquore Mampes e scrivere il bellissimo romanzo
La marcia di Radetzky, nonché molti articoli su Berlino che pubblicò sul Frankfurter Zeitung e altri quotidiani con i quali collaborava. Molti di
questi articoli e racconti sono stati raccolti e pubblicati in italiano in due
libriccini intitolati Le bettole di Berlino e A passeggio per Berlino e ci
offrono uno spaccato molto interessante della città negli anni ’20.
Nell’estate
del ’32 Roth annunciò che era arrivato il momento di lasciare Berlino, al suo
amico Stefan Zweig espresse il suo dolore e la consapevolezza che ormai la
nostra esistenza letteraria e materiale è stata distrutta. Andiamo verso grandi
catastrofi. Si trasferisce a Parigi dove morirà in totale miseria.
Nel
gradevole film Gigolò (1978), ambientato negli stessi anni, David Bowie
“entra” in una grande bottiglia che pubblicizzava il Mampes Gute Stube e gira
per le strade berlinesi per propagandare il locale e il liquore che in esso
veniva prodotto.
Nel film appare per l’ultima volta sugli schermi la non più giovane, ma sempre affascinante Marlene Dietrich, berlinese di Schoneberg, ma questa è un’altra storia e ne scriverò presto.
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[1] Il nome dell'opera è Denkmal zur Erinnerung an die Bücherverbrennung (Il monumento del Ricordo dell'Autodafé). Solitamente è noto per intero con l'appellativo Versunkene Bibliothek, che tradotto vuol dire «la Biblioteca inghiottita». In inglese è The Empty Library (la Biblioteca vuota). Il memoriale di Micha Ullman risale al 1995 (n.d.r.).
Bionota
Sono nata a Roma nel 1957.
Dopo essermi laureata in Lettere presso l'università La Sapienza, sono entrata in ruolo ed ho insegnato prevalentemente nei licei artistici. Venuta in contatto col mondo dell'arte, soprattutto romano, ho aperto negli anni ’90 una galleria d'arte nel quartiere di Trastevere dove ho esposto numerose mostre di pittori e scultori, emergenti e non. Una bella e molto impegnativa esperienza durata circa dieci anni.
Successivamente ho conseguito tre Master presso l'università Tor Vergata, importanti sia per la mia formazione personale che per la mia professione di docente.
Nel 2007 ho scoperto Berlino, diventata la mia seconda patria e dove trascorro alcuni mesi dell'anno.
Mi diverto con il teatro amatoriale “calcando le scene" da circa dieci anni.
A gennaio del 2024 ho autopubblicato su Amazon il mio primo romanzo intitolato Una via tranquilla e ora mi dedico alla stesura del secondo.
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