Nel più remoto angolo della remota Sicilia. Lettere di Gesualdo Bufalino a Gualberto Alvino, I parte (epistolari) ~ di Gualberto Alvino - TeclaXXI
EPISTOLARI
GUALBERTO ALVINO
Nel più remoto angolo della
remota Sicilia
Lettere di Gesualdo Bufalino a Gualberto Alvino
a cura del destinatario
A parte ciò, pienamente d’accordo con Lei sull’orrenda banalità di
tanta romanzeria odierna. Non me ne dolgo poi troppo: benché abbia letto non so
più quanti libri, i miei scaffali sono ancora gremiti di intonse prelibatezze
(vini d’annata, si capisce) che non farò in tempo a gustare, per il manco di
forze e il troppo d’età.
G. Bufalino
Non ho mai conosciuto personalmente
Gesualdo Bufalino, eppure non riesco a pensare a lui se non come al più caro
dei miei amici.
Gli scrissi la prima volta nel marzo del
1996 per comunicargli la mia intenzione di dar fuori uno studio
linguistico-stilistico sulla sua opera e per pregarlo di visionare, non appena
lo avessi licenziato, il glossario delle coniazioni originali e dei dialettismi,
cui attendevo faticosamente da oltre un anno.[1]
Ma si trattava di un pretesto, e Gesualdo non tardò ad accorgersene.
Naturalmente incline alla devozione
plenaria e incondizionata per ogni forma d’eccellenza (da quel competente in umiltà scambiata, e non
poteva essere diversamente, nientemeno che per congenita, inarginabile
smoderatezza),[2]
altro non agognavo, in verità, che interpellare «il miglior fabbro della nostra
recente narrativa» — così avrei esordito nel mio modesto contributo — circa le
sue predilezioni letterarie, e soprattutto sollecitarne il giudizio sull’opera
di un altro grande siciliano, il massimo sperimentatore del nostro Novecento,
ove di me si spendea la miglior parte: Antonio Pizzuto.
Ne scaturì un’inopinata quanto intensa e a
tratti feroce «pizzutomachia» che non poté scalfire né punto né poco i
sentimenti di stima e di profonda simpatia che ci stringevano ogni giorno di
più, come testimonia la celerissima progressione tonale dei vocativi: dai primi
neutri e formali «Caro Gualberto Alvino» e «Caro professore» al fraterno «Caro
Gualberto», fino all’aperto, rapinoso «Carissimo», con quel che segue,
dell’ultima lettera. Ultima in senso tragicamente assoluto, forse l’estremo
scritto vergato da quella mano, perché precede solo di qualche respiro il
fatale 14 giugno 1996, data alla quale Gesualdo perse la vita in un incidente
stradale alle porte della sua Comiso, l’eremo amatissimo in cui — natura aliena
da qualunque ambizione e insofferente ai «riti, miti e liti» della società
letteraria (lett. 3) — aveva scelto d’arroccarsi come in una «capsula spaziale»
(lett. 2), in un dorato esilio volontario.
Non dubito che il lettore saprà apprezzare
nella giusta misura la rara qualità dei documenti[3]
qui presentati: un mannello numericamente magro, ma in grado d’aggiungere, se
non m’illudo, più di un dato prezioso al ritratto dell’uomo e dell’artista.
Quanto a me, non potrò mai dimenticare la candida generosità, la squisita
cortesia ottocentesca, l’incomparabile disponibilità umana, l’avvolgente
affabilità di cui mi fu dato godere in quella troppo breve parentesi della mia
vita.
OPERE DI BUFALINO CITATE PER ABBREVIAZIONE
AC Argo
il cieco, Milano, Bompiani, 1994;
AM L’amaro miele, in Opere. 1981-1988, a cura di Francesca Caputo, introduzione di Maria
Corti, ibid., 1992;
BP Bluff
di parole, ibid., 1994;
CG Calende
greche, ibid., 1995;
CP Cere
perse, in Opere, cit.;
DU Diceria
dell’untore, Milano, Bompiani, 1993;
GM Il Guerrin Meschino. Frammento di un’opra di
pupi, Catania, Il Girasole, 1994;
LL La
luce e il lutto, in Opere, cit.;
MN Le
menzogne della notte, Milano, Bompiani, 1990;
MO Museo
d’ombre, ibid., 1993;
QP Qui
pro quo, Milano, Edizione Club, 1992;
UI L’uomo
invaso e altre invenzioni, Milano, Bompiani, 1990.
* * *
1
[Ms. solo recto con penna biro nera su un
foglio di carta a mano pregiata marca Zeta Mattpost di cm. 29,5×20,8. In alto a sinistra la riproduzione di un disegno
firmato «Franchino 93»; in calce, il mittente: «Gesualdo Bufalino – Via
Mancini, 26 – 97013 Comiso – Tel e Fax 0932/965096», parzialmente riportato
sulla busta. Scrittura chiara e regolare. Timbro postale di partenza: «Comiso
1.4.96»; timbro d’arrivo: «Roma 3.4.96».]
Comiso, 31-3-’96
Caro Gualberto Alvino,
La ringrazio per l’invio del Suo scritto[4]
e per la dedica cortese che lo accompagna.
Di un Suo interesse critico verso le mie
cose non posso che essere lusingato almeno tanto quanto mi sarebbe spiaciuto
ritrovarmi bersaglio del Suo brio polemico. Il quale, anche quando non se ne condividono
integralmente le motivazioni, non cessa di apparire un bell’esempio di
intelligenza agonistica e concettualmente dotata.
Coi più cordiali auguri per il Suo lavoro
Gesualdo Bufalino
2
[Come
1. Timbro di partenza: «Comiso 15.4.96»; timbro d’arrivo: «Roma 17.4.96».]
[Comiso,] 14-4-’96
Caro
Gualberto Alvino,
prima di scordarmene Le do l’indirizzo di
Consolo (sempre che sia sempre quello: non lo sento da tempo): Via Volta, 20 –
20100 Milano.[5] Aggiungo che Giunte e virgole[6]
non m’è arrivato, finora.
Quanto
agli strascichi della polemica Onofri, che dirLe? Vivendo come vivo in una
sorta di capsula spaziale, nel più remoto angolo della remota Sicilia; in
margine alla società letteraria e, comunque, estraneo ai suoi riti, miti e
liti; di ogni battaglia, anche degna e necessaria, mi giunge solo qualche
flebile eco né mi sento chiamato (per ragioni di età, di salute) a
parteciparvi. Questo non vuol dire condanna per chi vi si appassiona. Vivessi a
Roma, frequentassi gente, anch’io starei in prima fila a dire la mia.
D’altronde vedo (caso Asor Rosa) che le scelte critiche risultano non molto più
credibili dei verdetti della Giuria di Sanremo.[7]
E allora? …
Ma
queste sono chiacchiere stans pede in uno.
Importa molto di più ringraziare Lei e, perché no, Pier Daniele[8] dell’affetto e della non so
quanto meritata attenzione. Ricambiare è il meno che posso.
Suo
Gesualdo Bufalino
3
[Biglietto
d’accompagnamento a piego di libri ms. solo recto con penna biro nera su un
foglio di carta comune intestato a stampa di cm. 23×17. In calce, il mittente:
«Via Arch. Mancini, 26 – Tel. 0932/965096 – 97013 Comiso». Scrittura veloce e
irregolare.]
[Comiso, aprile 1996]
Caro
professore,
Le invio volentieri i volumi desiderati[9] e Le auguro buon lavoro.
Con
ogni cordialità
Gesualdo Bufalino
[1]
Il saggio s’intitolava Artificio e pietà.
Contributo allo studio di Gesualdo Bufalino, e avrebbe visto la luce due
anni dopo nel mio Tra linguistica e
letteratura. Scritti su D’Arrigo, Consolo, Bufalino, introduzione di
Rosalba Galvagno, «Quaderni pizzutiani iv-v»,
Roma, Fondazione Pizzuto, 1998, pp. 103-34.
[2]
Cfr. il congedo della lett. 5: «Grazie comunque dell’attenzione e dell’affetto
che mi dimostra (eccessivi, forse, ma l’eccesso, credo di capire, Le dona)».
[4]
Dimenticare Viterbo. Per un critico
nuovo, nuovino, anzi vecchiardo [titolo redazionale],
«Philo<:>logica», iv 1995, 8
pp. 5-14 (recensione-pamphlet in forma di lettera a Marzio Pieri su Massimo
Onofri, Ingrati maestri. Discorso sulla
critica da Croce ai contemporanei, Roma, Theoria, 1995); poi, col titolo La sindrome di Berlino, nel mio volume
di scritti pizzutiani Chi ha paura di
Antonio Pizzuto? Saggi, note, riflessioni, introduzione di Walter Pedullà,
Firenze, Polistampa, 2000, pp. 109-18. L’Onofri aveva firmato, due anni prima,
l’introduzione di AC.
[6]
Antonio Pizzuto, Giunte e virgole,
edizione critica di G. Alvino, Roma, Fondazione Piazzolla, 1996 (ora, con Spegnere le caldaie, in Antonio Pizzuto,
Giunte e Caldaie, edizioni critiche
di G. Alvino, Roma, Fermenti, 2008).
[9]
Alcune edizioni rare e non venali delle opere bufaliniane.
GUALBERTO ALVINO
BIONOTA
Scrittore e critico letterario, Gualberto Alvino si è particolarmente dedicato agli irregolari della letteratura italiana, da Consolo a Bufalino, da Sinigaglia a D’Arrigo, da Balestrini a Pizzuto. Suoi scritti poetici, narrativi, critici e filologici appaiono regolarmente in riviste accademiche e militanti, di alcune delle quali è redattore e referente scientifico. Dirige la collana «Vallecchi / Italianistica» e collabora stabilmente con l’Istituto della Enciclopedia Italiana (Treccani) con recensioni e rubriche.
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