Adriano Olivetti – Un altro capitalismo era possibile? VII parte – Un crogiolo di intellettuali, le scelte urbanistiche (STORIA) ~ di Riccardino Massa -TeclaXXI

 

STORIA

 

Riccardino Massa

 

Adriano Olivetti – Un altro capitalismo era possibile?

 Parte Settima – Un crogiolo di intellettuali, le scelte urbanistiche

 


Abbiamo già accennato in precedenti articoli come Adriano Olivetti ebbe intensi e non occasionali incontri con personaggi importanti della politica italiana. Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Filippo Turati, Leone Ginzburg e poi Gaetano Salvemini, Piero Gobetti. Ma la frequentazione con gli intellettuali continuò anche in epoca post-bellica. Anzi, in questo caso la frequentazione avvenne con figure che divennero famose in seguito e che operarono in qualche modo con la società Olivetti Fu proprio Adriano a voler introdurre persone nel “modo Olivetti” che potessero essere stimolatori culturali con le loro competenze. Nel 1951, la società Olivetti, già presente nel mondo editoriale, acquistò il giornale “La Sentinella del Canavese”. Era un bisettimanale sul quale già scrivevano personaggi in qualche modo legati all’azienda Olivetti. Ma da quell’anno proprio con la collaborazione del giornale si infittisce l’attività e si svolgono conferenze tenute da Pietro Calamandrei, Eugenio Montale, Cesare Zavattini, Giacomo Debenedetti. Non c’è dubbio che l’impegno di Adriano diventa fondamentale in molti campi culturali. Per le Edizioni di Comunità escono libri nel 1948 che sostengono il Movimento Federalista Europeo, testi di Eugenio Rossi, di Luigi Einaudi, di Parri e Salvemini. Viene stampata anche “L’Idea di una società cristiana” di T.S Eliot. Nel 1950 verrà pubblicato “Testimonianze sul Comunismo” meglio noto come “Il Dio è fallito” ove il testo più celebre dell’antologia fu “Uscita di sicurezza” di Ignazio Silone che provocherà feroci polemiche.

Nel 1955 anche in collaborazione con un altro gigante dell’industria italiana, seppure con idee diverse su un piano sociale, che era Vittorio Valletta (Amministratore delegato FIAT e presidente dal 1946 al 1956), fondò l’IPSOA (Istituto Post-Universitario per lo Studio dell’Organizzazione Aziendale). Nell’Olivetti entrò nel 1956 l’embrione della nuova classe dirigente italiana: Paolo Volponi, Giovanni Giudici, Luciano Gallino, Franco Tatò, Furio Colombo, Guido Rossi, Gian Antonio Brioschi.  Altri come il sociologo Franco Ferrarotti erano già entrati in azienda. Nel 1955 Adriano Olivetti divenne il maggior azionista di un altro importante giornale: si trattava del settimanale “L’Espresso” (dall’ottobre ’55). Cederà poi le sue quote azionarie nel 1957 al suo socio di minoranza Carlo Caracciolo. Ma intanto, si dedica sempre di più al suo secondo amore culturale che è l’Urbanistica.

Già nel 1954 Adriano Olivetti era divenuto presidente dell’Istituto per il rinnovamento urbano e rurale del Canavese (IRUR) per favorire lo sviluppo economico nell’area di Ivrea. Scelte progettuali importanti cominciano ad apparire come il Palazzo Olivetti sede della Direzione Commerciale che viene inaugurato il 6 aprile 1955 e poi lo stabilimento di Pozzuoli il 23 dello stesso mese. Un progetto di architettura di Luigi Cosenza con le decorazioni di Nizzoli e i giardini di Pietro Porcinai. Ed è così che proprio in quell’anno la società Olivetti ricevette il premio “Compasso d’Oro” per meriti conseguiti nel campo dell’estetica industriale. Ma sarà il 18 ottobre del 1956 che Adriano Olivetti fece scalpore, prendendo la parola al VI congresso Nazionale di Urbanistica che si tenne a Torino. La sua fu una vibrante denuncia sugli eccessi della modernità e contemporaneamente un’espressione di fiducia nei confronti della disciplina urbanistica capace, se guidata sapientemente, di regolare i processi di sviluppo e promuovere un’estetica della modernità. Questo suo amore per la pianificazione territoriale gli giunge da lontano e si manifesta anche nei suoi scritti, ma diventa la prima volta evidente quando negli anni ’30 realizzò l’elaborazione del Piano regolatore della Valle d’Aosta. Alla stesura del piano vennero chiamati gli architetti razionalisti e vari intellettuali.

Abbiamo prima accennato alla nascita dell’IRUR. Questo impegno di Olivetti non fu certo avulso da critiche. Infatti, il mondo Olivetti si divise: da una parte, si schierò il braccio industriale, dall’altra si contrapposero i cosiddetti “aziendalisti” capeggiati dai cognati Arrigo Olivetti e Carlo Lizier. La ragione degli oppositori stava nel fatto che i crediti per la realizzazione delle opere arrivavano dai fondi aziendali. Una contestazione che fece succedere un fatto inaudito. Adriano Olivetti fu messo in minoranza e costretto a dimettersi da Amministratore delegato il 29 settembre del 1958. Al suo posto l’azienda pose Giuseppe Pero che sosteneva la linea degli aziendalisti.

Subito dopo le dimissioni si scatena una resa dei conti in azienda contro gli uomini di Adriano.

“Alcuni comunitari, Pampaloni in testa, vengono liquidati. Altri come Mario Caglieris o Gian Carlo Lunati, sono convocati da Pero che senza perifrasi li mette di fronte all’alternativa: o dare la dimostrazione di sapersi inserire proficuamente nell’azienda o andarsene”

Per comprendere questa una resa dei conti, è necessario approfondire il clima esistente nella società all’epoca dei fatti. Queto crisi della dirigenza non è solo legata a una diversa visione del ruolo dell’azienda da parte di alcuni nel Consiglio di amministrazione, ma è anche una conseguenza della discesa in campo del Movimento Comunità creato da Adriano. L’azienda si sentiva accerchiata da forze ostili. E qui vengono in mente non solo gli attacchi dei partiti, ma anche da parte di certi settori della Chiesa (si pensi agli attacchi, durante le prediche della domenica, dei parroci che, su precise disposizioni dei vescovi, invitarono i parrocchiani a non votare per il Movimento. La Chiesa di Ivrea, dopo quasi cinquant’anni colse l’occasione durante le manifestazioni per il centenario dell’Olivetti per ricucire quello strappo, come annotava il giornale della diocesi di Ivrea “Risveglio Popolare” in un articolo del 17 ottobre 2008.

Questa resa dei conti recò così tanto imbarazzo, soprattutto per la reazione dei lavoratori, che il Consiglio di amministrazione fu costretto a far rientrare Olivetti come presidente già sei mesi dopo la sua uscita di scena, il 14 aprile 1959. Un incarico che Adriano non interpreterà solo formalmente negli ultimi mesi della sua intensa vita. Ciò nonostante, si iniziarono a chiudere i Centri Comunitari che erano stati realizzati nel territorio, ai quali avevano lavorato molti intellettuali. Nel 1958 se ne contavano 58, la chiusura di questi avvenne nel tempo e anche dopo la morte di Adriano. Nel 1964 si erano ridotti a 24. Resteranno attivi ancora i più dinamici come quello di Carema fino al 1970 e quello di Palazzo Canavese . Anche se queste esperienze comunitarie si sono da tempo concluse, il lascito dei Centri Comunitari sul territorio fu importante. Le attività culturali e formative, sociali e assistenziali che vennero sviluppate in questi centri furono da esempio per gli interventi dello Stato realizzati successivamente. I Centri Comunitari ebbero il valore di far crescere una consapevolezza nuova per costruire una società più moderna e politicamente impegnata.

 

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1 Lodovico Barbiano di Belgioioso- Milano 1° dicembre 1909- Milano 10 aprile 2004. Tra i suoi lavori più citati l’Ufficio postale EUR di Roma (Antifascista fu deportato nel 1944-45 nel campo di concentramento di Mauthausen)Nel 1962 diventò presidente della commissione tecnica del Piano Intercomunale Milanese. Nel 1958 progettò la Torre Velasca.

Gian Luigi Banfi – Milano 2 aprile 1910 – Campo di Concentramento di Mauthausen-Gusen 10 aprile 1945. Tra i suoi lavori si annovera i padiglioni della Fiera di Milano del 1938 ed il Piano turistico dell’Elba del 1939.

Enrico Presutti - Perugia 12 gennaio 1870 – 25 luglio 1949 – Giurista, uno dei pochi docenti universitari che rifiutarono il giuramento al regime fascista. Deputato del Gruppo parlamentare liberale.

Ernesto Nathan Rogers – Trieste 16 marzo 1909 – Gardone Riviera 7 novembre 1969. Professore presso il Politecnico di Milano, Direttore di due importanti riviste di Architettura (Domus, gennaio 1946-dicembre 1947 e Casabella, 1953-1965) Nel 1943 si rifugiò in Svizzera in quanto perseguitato dal nazifascismo perché Ebreo. Fu uno dei punti di riferimento del gruppo di Giustizie e Libertà nella Resistenza milanese.

Luigi Figini- Milano 27 gennaio 1903-Milano 13 marzo 1984 – In sodalizio professionale con Gino Pollini progettò la Chiesa della Madonna dei poveri a Milano. Si occupò della progettazione dello stabilimento Olivetti di Ivrea

Gino Pollini – Rovereto 19 gennaio 1903 – Milano 25 gennaio 1991 – Partecipò e vinse ex aequo il concorso per il Piano Regolatore della città di Bolzano. Partecipò alla stesura della “Carta di Atene” del 1933 (Documento prodotto dal IV Congresso di Architettura moderna). Intervenne nella progettazione del quartiere Brera a Milano.

Piero Bottoni – Milano 11 luglio 1903 – Milano 9 aprile 1973 – Assistente di Giovanni Muzio al Politecnico di Milano venne allontanato per motivi politici nel 1927. Solo nel 1951 poté in libera docenza tenere un corso di Urbanistica. Nel dopoguerra fondò il Movimento “Studi di Architettura”. Promosse la realizzazione del quartiere QT8 a Milano e ne redige il Piano Regolatore.

2 Valerio Occhetto, Adriano Olivetti, Venezia, Marsilio Editore, 2009, p.262.

3 Comune di Carema (711 abitanti).

4 Comune di Palazzo Canavese (836 abitanti).

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RICCARDINO MASSA

BIONOTA

Riccardino Massa (1956) è nato nel “Canavese” (Piemonte centrale). Dal 1986 al 2020 ha svolto la professione di Direttore di scena al Teatro Regio di Torino. Ha ripreso la regia di Roberto Andò de Il flauto magico di Mozart nei Teatri lirici di Cagliari, Palermo e Siviglia, nonché la regia di Lorenzo Mariani de Un Ballo in Maschera di Verdi e quella di Jean Luis Grinda della Tosca di Puccini, entrambi al teatro Bunka Kaikan di Ueno in Giappone. Ha poi realizzato la messa in scena de L’Orfeo per il festival Casella e recentemente la ripresa della regia di Gregoretti del Don Pasquale di Donizetti al Regio di Torino.

 

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