Ricordo di Stefano Benni: un'intervista a Parigi (LETTERATURA ITALIANA) ~ di Tiziana Jacoponi - TeclaXXI

 

LETTERATURA ITALIANA

 

Tiziana Jacoponi

Ricordo di Stefano Benni – Un’intervista a Parigi

 

 

                            FOTO PRELEVATA DAL SITO DI RAI CULTURA


Stefano Benni ci ha lasciato il 9 settembre 2025. L’ho conosciuto nel 2006 in occasione di un’intervista che gli feci insieme con Patrizia Molteni a Parigi. Mi sembra interessante riproporla a distanza di tanti anni, perché lui parlava della sua opera in termini chiari.

                                                 ~

 

Lo incontrai presso la sede del suo editore in Francia, cioè Actes Sud. Era venuto a Parigi per presentare l’adattamento televisivo de La Compagnia dei Celestini in un cartone animato, che si intitolava «Foot de rue» ed era trasmesso da France 3. La serata si svolse alla libreria italiana La Tour de Babel, dove lo raggiunse il suo amico Daniel Pennac. All’inizio, mi apparve come una persona molto seria, insomma uno Stefano Benni un po’ diverso da come me lo sarei aspettato. Poi compresi che c’era stato un equivoco: lui credeva che l’intervista dovesse uscire su Focus, una famosa rivista di attualità e divulgazione scientifica e sociologica edita dalla Mondadori. Chiarito il misunderstanding, Benni si lasciò andare e rispose con l’umorismo che contraddistingue tutti i suoi libri. Chi li ha letti sa che il suo registro comico si fonda su personaggi e situazioni che hanno una forte corrispondenza nella realtà. In altri termini, l¹autore bolognese ci fa riflettere sulle aberrazioni del mondo (e dell’Italia) in cui viviamo.  Ma è giunto il momento di dargli la parola, partendo dal modo in cui si presentò all’inizio della nostra conversazione, quando gli chiedemmo delle sue origini.

 

«Io sono nato in un piccolo paese e quindi diffido della grande città. Diffido del fatto che si chiami città solo quella parte in cui vanno i turisti. Non si può curare solo una parte, la città va considerata per intero, tenendo conto anche dei quartieri “pericolosi” e delle periferie. Bisognerebbe fare delle guide turistiche così, con Roma e la Magliana, Sydney e Redfern, che è il quartiere aborigeno. Per me una città è tale se ha una periferia vivibile».

    A questo punto, cominciarono le nostre domande, le cui risposte sono divise in otto punti secondo le tematiche che gli chiedemmo di affrontare.

 

Benni & la scuola

«Per me esiste sempre la possibilità di insegnare e di imparare bene. Certo, la scuola italiana è un po’ paralizzata dall¹idea del bambino-produttore-lavoratore, è una scuola che ha paura del talento, ma mio figlio, per esempio, ha avuto degli insegnanti bravissimi. E poi non sono d’accordo con l’idea secondo la quale è la scuola l’unico luogo dove ci si forma. Se per tre ore si ha il miglior insegnante del mondo e poi si rientra in una casa in cui non c¹è neanche un libro, nella scuola non si forma proprio un bel niente. I miei libri a scuola? Certo, vedere un mio testo al fianco di uno di Carducci, fa piacere, perché no? Mi fa sentire un po’ vecchio, questo sì. Vorrei citare la risposta del mio amico Fabrizio De André a chi gli diceva che era ormai “un monumento”, studiato anche a scuola: “i monumenti non mi piacciono, ci cagano sopra i piccioni”, diceva. Comunque, preferisco essere in un libro di testo che in un programma televisivo, perché la scuola giudica. I ragazzi possono dire: “questo Signor Benni non mi piace”».

 

Benni & le donne

«Mi dicono sempre che tratto sempre bene le donne. E infatti i miei personaggi femminili sono forti, molto autonomi. A me piacciono le persone che sono lontane dal potere, i bambini innanzitutto e le donne che hanno qualcosa che gli uomini, a contatto con il potere, non hanno più. Poi ci sono anche donne che diventano tremende quando hanno una posizione di potere, ma questo è un altro discorso. Nei miei testi di teatro ci sono tutte donne. Margherita, la protagonista del mio ultimo libro (Margherita Dolcevita), è una giovane donna di 14 anni in cui tutte le ragazzine si sono riconosciute. E non era facile usare la voce narrante femminile, ma, a quanto pare, ci sono riuscito. Almeno nei libri ci capisco qualcosa di donne».

 

Benni & la scrittura

«La mia sembra una scrittura “naturale”, ma non ho assolutamente la scrittura facile. Non scrivo quasi mai di getto. Una pagina la scrivo e la riscrivo anche una decina di volte. Non sono mai contento. Autori simili a me per stile e pensiero? No, di amici ne ho tanti, ma credo di avere una certa unicità, nel bene e nel male. Quando ho cominciato, di autori che scrivessero romanzi comici non ce n’erano tanti. Neanche adesso ce ne sono, a dire il vero».

 

Benni, la lingua & la comicità

«Non credo ci sia una comicità regionale. Quello che è importante nella comicità è che duri nel tempo. Io sono da parte di babbo del Nord, mentre da quella di mamma del Sud. Per me essere un “meticcio” è un grande vantaggio. Infatti, mi piace l¹umorismo emiliano, che è un po’ più grasso, ma il mio mito resta Totò, che è napoletano».

 

Benni e la tecnologia

«Ho un rapporto abbastanza laico con la tecnologia. Non credo che la tecnologia voglia dire necessariamente progresso. C’è chi crede che possa risolvere tutto, invece non è vero. Su internet ho cambiato idea. Ḕ vero che ha due anime, una malvagia che è quella dell’ossessione di passarci troppo tempo, quella del controllo che ha sugli internauti; l’altra è l’anima buona che è quella dell¹informazione e della divulgazione. In questo senso internet è un alleato dei libri e della scrittura: se io scrivo un articolo per “Il Manifesto”, il giorno stesso è letto in tutto il mondo. Anche sulla posta elettronica ho cambiato idea. Quando lavoro con i miei traduttori, siamo in contatto costante via e-mail e questo è molto utile. Gli articoli per i giornali ora li scrivo al computer, ma per i libri scrivo ancora con carta e penna, poi con la macchina per scrivere (una Olivetti) e soltanto alle battute finali passo al computer. Dice: «ma col computer fai prima». Ma se io ci metto due anni a scrivere un libro, che cosa me ne frega? Quello che non sopporto è la schiavitù, il fatto che le macchine abbiano troppo controllo sulla vita quotidiana, ormai si delegano alla tecnologia anche le più piccole azioni quotidiane, tanto che uno non sa neanche più accendere un camino. Io penso invece che i tempi dell’intelligenza e i tempi della tecnologia non sono gli stessi e che non vadano accelerati artificialmente. Se no l’intelligenza si atrofizza».

 

Benni & la guerra

«E poi, quando si parla di tecnologia, ci si riferisce anche alle armi. La tecnologia di guerra mi spaventa molto. Non si può dire che la guerra c’è sempre stata, perché una volta non c’erano le armi di oggi».

 

Benni & la TV

«Non è tanto la TV a inquietarmi. Quando è nata, ha avuto un ruolo di educazione enorme, poi dopo venti, trenta, quarant’anni, è diventata quello che è. Non è l’invenzione in sé, che non ha nulla di malvagio, ma il cattivo uso che se ne fa. Ad alte dosi la televisione abbassa l’intelligenza, abbassa la fantasia, dà dipendenza. Soprattutto questa televisione. La televisione italiana è solo propaganda e vendita di prodotti, anche se ci sono 23 canali non cambia niente, tanto sono tutti uguali. Io non partecipo a trasmissioni televisive, almeno non in Italia. In questi giorni sono stato intervistato da un giornalista di France3 ed è arrivato con il mio libro tutto sottolineato. In Italia i giornalisti non li leggono neanche, mi dicono “non ho fatto in tempo a finirlo” giusto per non dire “non l’ho ancora cominciato”. Ma non è importante. Si può essere scrittori anche senza andare in televisione. Molti giovani scrittori lo fanno e sono letti lo stesso».

       

Benni & il cinema

«Ho fatto un film, ma non sono riuscito a distribuirlo. Ora saranno i francesi e i tedeschi a fare film tratti dai miei libri: La Compagnia dei Celestini sarà adattata per lo schermo in Francia e Saltatempo in Germania. In Italia mi avevano chiesto di adattare Bar Sport, ma sarebbe stato con attori che non mi piacevano. Ḕ chiaro però che, se uno va a proporre un mio testo alla Medusa (che appartiene a Berlusconi) o alla Rai, gli chiudono subito la porta in faccia. E poi i miei libri sono troppo fantasiosi, costerebbero miliardi. Un mio amico aveva calcolato che per adattare Terra! ci sarebbe voluto un budget da Guerre stellari. Però ci sono in giro per il mondo almeno 2-300 ragazzi che hanno fatto dei cortometraggi a partire dai miei racconti: vuol dire forse che i miei racconti sono cinematografici».

________________

Questa intervista è apparsa nel n° 77 (05/2006) di Focus Magazine (SARL Italpress) con il titolo « Lupus in Paris ». La Presidente dell’Associazione Focus in ne ha autorizzato la pubblicazione su TeclaXXI.

_________________________

TIZIANA JACOPONI 

BIONOTA 

Tiziana Jacoponi vive  a Nizza. La sua formazione e i suoi interessi  sono il frutto di molteplici influenze. Francesista,  si  è occcupata  di didattica dell'insegnamento del Francese lingua straniera. Ha lavorato sia in Italia che in Francia alternando esperienze di insegnamento tra scuola secondaria e università. Ha conseguto un dottorato di ricerca nel 2010 in cotutela tra Paris Nanterre e Roma Tre su Cristina Comencini e la cinéécriture. Nel 2020 ha ottenuto un Master in formazione dei formatori presso l’Université de Paris XII. Attualmente è al terzo anno di formazione per diventare insegnante di yoga. Ha  al suo attivo alcune pubblicazioni e numerose partecipazioni a convegni internazionali . È cavaliere della Repubblica Italiana e ha ottenuto les Palmes Académiques.

 

Commenti