Norma o decenza? Sulla lingua dei linguisti - Parte II (LINGUA ITALIANA) ~ di Gualberto Alvino - TeclaXXI

 

LINGUA ITALIANA

 

Gualberto Alvino

 

Norma o decenza? – Sulla lingua dei linguisti

 

Parte Seconda

 

       immagine creata con Freepik da un'idea di Jacqueline Spaccini©2025

 

   Provate a immaginare i Lepschy alle prese con la lingua degli autori: si imbatterebbero nella forma mellone o nell’allocutivo voi, e non ne coglierebbero le implicazioni mimetiche; salterebbero a piè pari su una spia stilistica di grande importanza come il plurale desueto le superficie, o si limiterebbero a considerare duro ma nient’affatto vitando — ergo stilisticamente irrilevante — un mostriciattolo come gli mi presentano, e via negligendo.

   Melius abundare, specie nei testi informativi destinati a un vasto pubblico: tale, in sostanza, l’ammonimento di Serianni. Nonché di Giovanni Nencioni, ex presidente dell’Accademia della Crusca (e sommo scrittore), il quale, commentando La lingua dei linguisti, così notava: «la ripetizione terminologica è il modo certamente più povero e più monotono, ma più sicuro di guidare il giudizio e le mani dell’esecutore, e (perché no?) del linguista e dello scienziato quando si tratti di imprimere nella memoria del lettore o dell’ascoltatore costanti concettuali od oggettuali per le quali la lingua scientifica non veda miglior mezzo di denotazione che l’uso di termini unici e monosemici. In quei casi il miglior principio da seguire è quello della proprietà».[1]

   Non posso non replicare ai due illustri studiosi che proprio nei testi divulgativi e di studio è indispensabile tenere un minimo decoro formale che funga da esempio agli sprovveduti destinatarî. Mi strabilio che essi non reputino possibile — oltreché imperativo nel caso dei linguisti — contemperare dignità espressiva e precisione semantica in qualsiasi testo, qual che ne sia il livello d’uso.

   Perché mai e a beneficio di chi Bruno Migliorini sarebbe obbligato a scrivere: «si è ereditato bensì il modulo di questo costrutto, ma il modo di concepirlo non poteva non modificarsi» o «spingono a preferire, volta a volta, l’una ovvero l’altra. Certo, molte volte» o «coniazione di numerosissimi termini nuovi»?

   E Lorenzo Renzi: «ogni strofa presenta un animale; la iv ne presenta due. Ma anche l’organizzazione interna delle strofi presenta ritorni regolari. Ogni animale è presentato» o «Non ho parlato finora dei tre ultimi animali. I tre ultimi animali»?

   E Paolo Zolli: «alla fine del secolo precedente finirà con l’intaccare»?

   E Vittorio Coletti: «specializzatissimo specie nei nomi» o «il (ovviamente) ribaditissimo ritratto» o «gran uso»?

   E Maria Corti: «violazione delle norme della grammatica della lingua»?

   E Tullio De Mauro: «volendo costruire una teoria del significato, si traccia la storia della più diffusa concezione del significato, quella per cui il significato»?

   E Carmelo S. Scavuzzo: «una forma come per il, che ci aspetteremmo censurata dalla totalità dei grammatici, trova inaspettato accoglimento»?

   E, ancora, i Lepschy: «gli assunti su cui si basa la seconda parte, particolarmente per quanto riguarda»?

   Riscriviamo «questi che parrebbero cocenti essudati d’un ginnasiale dalla vena infingarda e magrissima»[2] cronometrando la durata della revisione:

 

      «sì è ereditato bensì il modulo di questo costrutto, ma la maniera di concepirlo non poteva non trasformarsi (alterarsi, mutare, cambiare…)»;

      «spingono a preferire, volta a volta, l’una ovvero l’altra. Certo, spesso»;

      «coniazione di numerosissimi termini»;

      «Non ho parlato finora dei tre ultimi animali. I quali»;

      «al termine (al volgere) del secolo scorso finirà con l’intaccare»;

      «specializzatissimo soprattutto (massime) nei nomi»;

      «il — naturalmente — ribaditissimo ritratto»;

      «violazioni delle norme grammaticali (violazioni della grammatica)»;

      «volendo costruire una teoria del significato, si traccia la storia della sua più diffusa concezione, quella per cui esso»;

      «una forma come per il, che ci aspetteremmo censurata dalla totalità dei grammatici, trova inatteso (imprevisto, inopinato) accoglimento»;

      «gli assunti su cui si basa la seconda parte, specie (soprattutto) per quanto riguarda».

 

   Tempo impiegato: 1 minuto e 8 secondi. Troppo, per i signori linguisti?



      [1] «La Crusca per voi», viii 1997, 14 pp. 6-8.

      [2] Gualberto Alvino, La lingua dei linguisti, cit., p. 1.


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GUALBERTO ALVINO


BIONOTA

Scrittore e critico letterario, Gualberto Alvino si è particolarmente dedicato agli irregolari della letteratura italiana, da Consolo a Bufalino, da Sinigaglia a D’Arrigo, da Balestrini a Pizzuto. Suoi scritti poetici, narrativi, critici e filologici appaiono regolarmente in riviste accademiche e militanti, di alcune delle quali è redattore e referente scientifico. Dirige la collana «Vallecchi / Italianistica» e collabora stabilmente con l’Istituto della Enciclopedia Italiana (Treccani) con recensioni e rubriche.

 

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