Adriano Olivetti – Un altro capitalismo era possibile? VIII parte – La tempesta perfetta (STORIA) ~ di Riccardino Massa -TeclaXXI

 STORIA

 

Riccardino Massa

 

Adriano Olivetti – Un altro capitalismo era possibile?

 

Parte Ottava – La tempesta perfetta

 


Articolo Corriere della Sera del 29.08.1960, due giorni dopo la morte di Olivetti


Adriano Olivetti muore il 27 febbraio del 1960, ha compiuto 58 anni. Il suo decesso avviene mentre è in treno e sta rientrando dalla Svizzera dove ha avuto degli incontri fondamentali per la sua azienda. Muore nella cittadina svizzera di Aigle. Un tale spunto basterebbe da solo a far nascere l’idea di una Spy Story. Questa è una vicenda che ha lasciato perplessi coloro che lo conoscevano e qualcuno della stessa famiglia. Una storia che venne amplificata, e portata alla ribalta al grande pubblico, dalla produzione di una fiction televisiva (protagonista Luca Zingaretti): La forza di un sogno (trasmesso da RAI1 nel 2013).

Inoltre, il fatto che altri giganti dell’industria italiana siano deceduti per le conseguenze delle loro politiche industriali (vedi la morte di Enrico Mattei, presidente e creatore dell’Ente Nazionale Idrocarburi, in questo caso probabilmente ucciso per intervento mafioso commissionato) ha creato anche per la morte di Adriano qualche sospetto.

Se stiamo ai fatti incontrovertibili, le condizioni del decesso sono chiare e legate ad un cedimento fisico. Adriano fu vinto da un infarto oppure da una emorragia celebrare. Assumeva pillole contro l’ipertensione, ma la vera causa del decesso non si seppe in quanto, pur sollecitati da un medico svizzero di far fare l’esame autoptico, la famiglia non volle far esumare il corpo per un’autopsia.

Naturalmente, i sospetti che non fosse una morte casuale si sono affacciati subito su coloro che pensano che intorno ci fossero forze e gruppi di potere che tramavano nell’ombra, soprattutto quando sono in ballo interessi economici. Spesso sono ipotesi fantasiose, ma in alcuni casi si sono rivelate delle verità nascoste da segreti inconfessabili e a volte addirittura coperti come segreti di Stato. Certo, questi sospetti nascono anche da altri eventi molto strani.

Citiamo un caso, in particolare. Un anno dopo la morte di Olivetti, muore anche l’Ingegnere Mario Tchou, suo collaboratore che lo aveva convinto a costruire in Italia una azienda per componenti elettronici nel 1957. Fu vittima di un inspiegabile incidente automobilistico. Ricordiamo inoltre che Mario Tchou era cinese, figlio di un diplomatico che lavorava presso il Consolato cinese nella Santa Sede. Lo stesso Carlo De Benedetti, che nel 1978 assunse il ruolo di presidente dell’Olivetti e restò in carica per vent’anni, manifestò sempre dei dubbi sulla morte di Tchou, arrivando anche a pensare che fosse stato un omicidio.

L’assassinio in treno è un classico dei romanzi polizieschi e lo è stato anche per il cinema , forse anche per questo si dubitò immediatamente che dietro questa morte ci fosse qualcos’altro. Certo è strano che la CIA abbia ideato proprio in quel periodo una particolare pistola (e venne mostrata al pubblico solo nel 1975). Questa era in grado di sparare dardi avvelenati, studiata apposta per simulare un attacco cardiaco. Ma stiamo ai fatti che sono documentati. Il quotidiano The Economist accenna al furto delle proprietà intellettuali. In quel caso si riferisce ai cinesi, e il nocciolo della questione è rappresentata dall’information technology, fondamento della produzione, del collegamento in rete e del potere distruttivo dei sistemi di armi avanzate. Chi riesce a produrre sistemi più avanzati ha un vantaggio incontestato. Se resta indietro gli vengono prosciugate le tecnologie.

All’epoca dell’Olivetti di Adriano siamo in piena guerra fredda e l’interesse è tutto rivolto ai traguardi nella corsa agli armamenti. L’IBM statunitense in quel periodo aveva ottenuto notevoli contributi di fondi governativi al fine di sviluppare tecnologie in grado di permettere una supremazia tecnologica nei confronti del mondo comunista. E nel momento della morte di Adriano si stava lavorando negli Stati Uniti a un sistema computerizzato di difesa aerea. L’IBM, non era solo l’azienda di riferimento degli Stati Uniti per i sistemi d’arma, ma stava lavorando per la creazione di computer con software interscambiabili.

Ora, che Adriano potesse essere visto come un nemico e non solo un concorrente dall’industria nordamericana sembra un fatto assodato. Questo, prima di tutto perché con il suo viaggio in Svizzera si stava avviando un progetto importante per il futuro dell’industria italiana sul piano tecnologico. Lo scopriamo da ciò che ci racconta Franco Ferrarotti. Il sociologo italiano fu l’ultima persona a parlare con Adriano Olivetti la sera precedente il decesso:

Mi ha detto; “Franco come stai? Io tutto bene, ma sono di fretta. Sto andando in Svizzera per fine settimana. Preparati lunedì 7 marzo si parte per Hartford in Connecticut”. Al mio stupore ed alla mia domanda del perché, lui mi rispose: “Perché ora abbiamo il pieno controllo della Underwood, l’azienda ha diciotto linee di prodotti, ma ne terremo solo tre. Ci serviremo della loro distribuzione, che è eccellente. Prenderemo i dieci migliori ingegneri di Ivrea e li porteremo a Hartford. E voglio che tu venga con noi.”

Quindi l’Olivetti di Adriano stava per entrare nel mercato statunitense dell’elettronica. Un concorrente dell’industria che investiva rischiando in proprio con finanziamenti privati. Nel mercato statunitense poteva essere considerata come una operazione in regola con lo spirito del capitalismo occidentale, ma vi era un però. Infatti, Adriano era giudicato politicamente un socialista e inoltre l’azienda era con capitale italiano e l’Italia era un Paese con una presenza di un forte Partito Comunista, che all’epoca (fine anni 50) non aveva ancora preso completamente le distanze dal modello sovietico. Insomma, l’azienda Olivetti avrebbe potuto non solo carpire segreti cibernetici, ma venderli al nemico storico diventando porta d’accesso dei sovietici al mercato.

La scomparsa di Adriano Olivetti e dell’ingegner Mario Tchou non furono che la premessa nell’affossamento dell’azienda. La diffidenza nei confronti dell’Olivetti divenne manifesta nel 1963, quando avvenne una acquisizione da parte di un gruppo d’interesse capeggiato da FIAT e Pirelli che fece chiudere la divisione elettronica. Queste erano state due aziende italiane che avevano beneficiato lautamente di ingenti aiuti economici del Piano Marshall per la ricostruzione post-bellica. Apparve a tutti uno scambio di favori nei confronti degli Stati Uniti. D’altra parte, più volte Vittorio Valletta della FIAT rivolgendosi agli azionisti sostenne che l’Olivetti era “Un neo da estirpare”.

Ora, all’epoca vi era una stretta relazione a livello personale e finanziario tra Cuccia (Mediobanca), la FIAT degli Agnelli con l’enorme influenza politica esercitata da Valletta. Un particolare studio di documenti effettuato da Alan Friedman ci portano a conoscenza di patti di sindacato segreti nel capitalismo italiano.

Proprio in questo studio viene evidenziato come il gruppo d’intervento prese con facilità il controllo dell’azienda di famiglia, estromettendo i vecchi azionisti e dirigenti per mettere al potere i propri uomini. Ma c’è da chiedersi, perché scomparso Adriano Olivetti e Tchou, i nordamericani continuarono a guardare con sospetto questa azienda? Dobbiamo ricordare che l’anno in cui il presidente Kennedy assunse l’incarico (1961) fu anche quello nel quale in Italia si teorizzò per la prima volta l’apertura a sinistra con l’entrata dei socialisti nel governo. Dobbiamo ricordare che all’epoca Confindustria era ferocemente contraria all’apertura ai socialisti.

“I conservatori controllavano la gran parte dei quotidiani del Paese. Come accaduto spesso nella Storia italiana, settori cruciali delle classi abbienti voltarono le spalle ad ogni ipotesi progressista e a un più equo rapporto con le forze sociali”

Così si sintetizza perfettamente la vicenda Olivetti. Adriano aveva mostrato al mondo che cosa poteva fare un altro capitalismo, un capitalismo che fosse capace di sposare la causa dei lavoratori e pensare a uno sviluppo economico che creasse benessere per tutti. Insomma, il suo era l’antitesi del “Capitalismo predatore”.

Mi rendo conto che, per chi è abituato a scrivere su argomenti storici e quindi supportato da documenti esistenti e consultabili, quest’ultimo articolo dedicato a Olivetti potrà risultare poco convincente troppo “complottista”. D’altra parte, io stesso ho avvertito sovente la mancanza di documenti che mi potessero aiutare nell’esposizione dei fatti. Ciò nonostante, ho ritenuto necessario riportare anche le supposizioni che si sono fatte e ancora si fanno sulla morte di Adriano, ma soprattutto sulla fine dell’Olivetti.

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 1 I trentanove scalini di Alfred Hitchcock, Assassinio sull’Orient Express dal romanzo di Agatha Christie.

2 “The battle for digital supremacy” in The Economist – articolo del 15 maggio 2018.

3 Nel 1964 la compagnia IBM assunse oltre centosettantamila dipendenti, tra ingegneri e impiegati, per la produzione dei computer. Adriano era deceduto da 4 anni e la Olivetti smise di occuparsi del settore dell’elettronica nel giro di pochi anni.

4 Intervista riportata nel libro di Meryl Secrest, Il caso Olivetti, Milano,  Rizzoli BUR, 2022– ISBN  9788817161404

5 Solo nel 1976 il Partito Comunista Italiano, con un articolo intervista di Gianpaolo Pansa al segretario nazionale Enrico Berlinguer comparso il 15 giugno, prendeva ufficialmente le distanze dal Patto di Varsavia dichiarando di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello protettivo della NATO.

7 Alan Friedman, Agnelli and the network of Italian Power, Londra, Mandarian,1988 (ed. italiana Tutto in Famiglia, Milano, Longanesi, 1988)

8 Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943-1988, Milano, CDE, 1998.

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RICCARDINO MASSA

BIONOTA

Riccardino Massa (1956) è nato nel “Canavese” (Piemonte centrale). Dal 1986 al 2020 ha svolto la professione di Direttore di scena al Teatro Regio di Torino. Ha ripreso la regia di Roberto Andò de Il flauto magico di Mozart nei Teatri lirici di Cagliari, Palermo e Siviglia, nonché la regia di Lorenzo Mariani de Un Ballo in Maschera di Verdi e quella di Jean Luis Grinda della Tosca di Puccini, entrambi al teatro Bunka Kaikan di Ueno in Giappone. Ha poi realizzato la messa in scena de L’Orfeo per il festival Casella e recentemente la ripresa della regia di Gregoretti del Don Pasquale di Donizetti al Regio di Torino.

 

Commenti

  1. Quel che è certo che il Canavese ...anzi l'Italia ha perso un'occasione unica per cambiare in modo positivo sia economicamente che democraticamente nel vero senso !!!io ne sono più che certo .

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