Ines de Castro e Malvina di Scozia di Salvatore Cammarano: Intrecci tra storia, musica e poesia - parte II (MELODRAMMA) ~ di Ivonne Begotti - TeclaXXI
Ivonne Begotti
Ines de Castro e Malvina di Scozia di Salvatore Cammarano.
Intrecci tra storia, musica e poesia
Parte Seconda*
*La prima parte è stata pubblicata su TeclaXXI il 13 novembre 2025
Johann Peter Krafft, Ossian e Malvina Jean-Auguste-Dominique Ingres, Le songe d’Ossian
1810, Vienna, public domain 1813, Montauban, Musée Ingres
~
La vicenda di Ines de Castro è
particolarmente cara a Salvatore Cammarano, che inizia e conclude la sua
carriera scrivendo su tale sventurata regina. Il 27 dicembre 1851 debutta al
Teatro di San Carlo di Napoli Malvina di Scozia, con musica di
Giovanni Pacini e libretto di Cammarano: è l’ultima opera rappresentata quando
il librettista è in vita. Il 17 luglio 1852 egli muore di malattia, a soli 51
anni, dopo un lungo periodo trascorso a letto. Probabilmente, all’amico Pacini che
gli chiede di realizzare una nuova opera insieme (dopo le cinque precedenti: Saffo
nel 1840, La fidanzata corsa nel 1842, Bondelmonte e Stella di
Napoli nel 1845, Merope nel 1847), non vuole opporre un rifiuto, ma
non ha né il tempo né le energie sufficienti per creare un nuovo libretto. Di
conseguenza, rielabora quello di Ines de Castro, in accordo con
il musicista, che scrive:
“L’argomento è identico all’Ines de Castro, che sotto il suo vero titolo
non fu dalla censura permesso”.[1]
Nel corso della sua carriera Cammarano ricorre più volte all’espediente della
diversa ambientazione e del cambio dei nomi dei personaggi rispetto ai testi
originari: così procede anche questa volta.
Malvina di Scozia e i Poems of Ossian
Folco
Portinari ha affermato che “il vero autore del melodramma storico romantico è
Salvatore Cammarano”[2]
e certamente Ines de Castro è un’opera a sfondo storico. Malvina di
Scozia, però, è storicamente verosimile, ma ha tratti esotici e remoti, quindi
poco pericolosi agli occhi dei censori.
La
protagonista non è realmente esistita, ma è una creatura di fantasia. Una
figura femminile importante, di nome Malvina, compare nei Poems of Ossian, pubblicati per la prima volta
in forma anonima nel 1760 e in versione ampliata e definitiva nel 1773. Ne è
autore il poeta scozzese James Macpherson, che però presenta l’opera
come una raccolta di antichi canti gaelici, composti dal bardo Ossian. Lo stratagemma del
manoscritto ritrovato è piuttosto frequente nell’Ottocento e Macpherson vi fa ricorso, rielaborando creativamente
antichi canti popolari, strutturandoli come poemetti in prosa lirica e
suddividendoli in paragrafi simili a strofe. Il cantore Ossian, cieco e definito l’Omero del Nord, è quindi un personaggio leggendario
e non storico. I Poems of Ossian sono molto apprezzati, non solo in
Scozia ma in tutta Europa. In Italia i Canti di Ossian compaiono nel
1763, nella raffinata traduzione di Melchiorre Cesarotti, e nel 1772 nella versione definitiva. I
maggiori scrittori dell’epoca ne rimangono influenzati: da Vittorio Alfieri a Ugo Foscolo, da Ippolito Pindemonte a
Vincenzo Monti e persino Giacomo Leopardi. Nel 1777 esce la versione
francese Ossian, fils de Fingal, poésies galliques, curata da Pierre
Letourneur (traduttore dell’opera omnia shakespeariana). Nel 1800 la
scrittrice Sophie Cottin pubblica un romanzo in tre volumi intitolato Malvina,
ambientato per la maggior parte in Scozia e con molti riferimenti alla poesia
ossianica. Il libro conquista un vasto pubblico, viene tradotto in varie lingue
e giunge in Italia nel 1805.
Solitamente,
gli storici della letteratura definiscono preromantici i Poems of Ossian,
in quanto introducono tematiche largamente presenti nelle produzioni degli anni
futuri: paesaggi di rovine e cimiteriali, atmosfere notturne e malinconiche, la
caducità della vita e della gloria, l’incontenibile forza della natura, il
destino avverso contro cui combattono valorosi eroi, la poesia che celebra i
sublimi protagonisti della storia passata.
Tra la
fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento l’ossianesimo si riscontra non
solo in letteratura, ma anche in pittura e in musica. In ambito pittorico i due
personaggi maggiormente rappresentati sono il vecchio Ossian (inseparabile dalla cetra) e la giovane
Malvina (bella, spesso discinta come una musa, premurosa nei confronti
dell’anziano suocero). Tra i quadri più famosi si ricordano Le Songe d’Ossian di
Jean-Auguste-Dominique Ingres,
realizzato nel 1813 (ritrae il leggendario poeta che si è addormentato
appoggiato alla cetra, ha vicino Malvina che gli tende la mano e sogna il
figlio armato ed altri guerrieri che affiorano al di sopra di lui e sono resi
cromaticamente con un’evanescente tinta biancastra o grigio chiara); Ossian che evoca i fantasmi di François
Gérard, realizzato nel
1801, perduto, ma testimoniato da una copia conservata presso la Kunsthalle di
Amburgo; Ossian e Malvina di Johann Peter Krafft (1810) e un
omonimo di Pelagio Palagi (s.d.); Ossian relating the fate of Oscar to
Malvina di William Brockedon (s.d.). In ambito musicale, nel 1804 viene
rappresentato all’Opéra Ossian, ou Les bardes di Jean-François Lesueur,
che ottiene un buon successo, così che nel 1814 Napoleone nomina il compositore
maestro di cappella di corte, come successore di Paisiello.
Cammarano
è colto ed è un lettore appassionato. Dotato di uno spiccato talento pittorico,
ha ricevuto un’iniziale formazione artistica. Riproponendo il libretto di Ines
de Castro, sa di sfidare la censura. I cambiamenti che apporta al testo del
1835 sono pochi e strutturalmente non essenziali, la trama rimane la stessa e
il carattere dei personaggi è inalterato. Scegliendo come titolo Malvina di
Scozia, dribbla la censura e rende omaggio al valore immortale della
poesia.
Nel
poema ossianico Malvina innalza il suo canto in memoria delle persone care,
scomparse a causa della guerra: lo sposo, le sorelle, le amiche. Inoltre, ella
è la custode degli affetti familiari e, dopo aver perso lo sposo, si prende
cura del suocero che, debilitato e anziano, vive per celebrare le virtù
gloriose del figlio Oscar e dei tanti giovani uccisi dai nemici e dal fato
ostile. Insieme, essi rappresentano la forza eternizzante, civilizzante e
moralizzatrice della poesia. Nel 1851 Cammarano è sofferente, ma fino agli
ultimi giorni continua a scrivere, aiutato dalla moglie, dalla figlia maggiore
e dal giovane poeta Emanuele Bardare. Gli
affetti familiari e la passione per la poesia gli rendono più tollerabile la
vita nel periodo della malattia. Sono gli stessi valori che più volte egli ha
celebrato nei suoi libretti e che, infine, ribadisce come fondamentali e
vitali.
Ines
de Castro e Malvina di Scozia
Entrando nel merito dell’opera, le differenze tra Ines
de Castro e Malvina di Scozia sono nette a livello musicale, ma
poeticamente prevalgono le analogie.
Se si
confrontano gli insoliti nomi dei personaggi di Malvina di Scozia con
gli innumerevoli e strani nomi dei Canti di Ossian, si riscontrano
alcune affinità. Oltre a Malvina (“figlia di Toscar, sposa di Oscar”),[3]
si ritrova identico il nome Morna (“Morna, madre di Fingal”,[4] re dei Caledoni). Arturo è la forma
italianizzata di Arto, “Arto, Re d’Irlanda”.[5]
Rodwaldo ha assonanza con Rotman (“Rotman, signor di Tromlo”),[6]
Rotmar (“Rotmar,
guerriero irlandese del seguito di Catmor”)[7]
e Rotamiro (“Rotamiro,
signor di Barcluta”).[8]
Gli altri tre personaggi non compaiono nei Canti di Ossian, ma sembrano
scelti con attenzione da Cammarano. Malcolm è un nome d’origine scozzese,
deriva da Máel Coluim, che significa discepolo di [san] Columba (il monaco
celtico che introdusse il cristianesimo in Scozia nell’Alto Medioevo); dal X
secolo, è il nome di quattro re di Scozia, fra cui Malcolm III di Scozia, che
ispirò il personaggio di Malcolm presente nel Macbeth di Shakespeare. Edwige è un nome d’origine
germanica. Wortimer è il personaggio più crudele dell’opera e il suo nome si
potrebbe ricondurre al cognome inglese Mortimer, capovolgendo graficamente la M
iniziale.
I
ruoli e la psicologia dei personaggi rimangono gli stessi, anche se, rispetto a
Bianca, Morna acquisisce maggiore importanza ed è più presente in scena durante
il secondo atto. Rispetto ad Alfonso IV, Malcolm si sofferma meno sul dissidio
interiore tra il ruolo di padre e quello di re. Per il resto, le varianti sono
minime.
Particolarmente
interessante è il confronto tra le scene iniziali. Come da tradizione, in
entrambe c’è una scena corale, con le corti riunite per festeggiare una
vittoria militare. L’atmosfera complessiva, però, è opposta: in Ines de
Castro prevale la cupezza, dovuta ai contrasti e ai rancori tra il principe
e i grandi del regno. Malvina di Scozia, invece, comincia nella
generale esultanza, con i guerrieri, le donne e i bardi che inneggiano alla
Scozia e al re. Musicalmente, Pacini mette in risalto l’ambientazione scozzese,
inserendo strumenti tipici del folclore celtico. Dalla seconda scena le
somiglianze tra i due libretti aumentano; il secondo atto di Ines de Castro
è stato poco modificato e il terzo atto è pressoché identico.
Ines de Castro, Malvina di Scozia e il librettista Salvatore Cammarano
In conclusione, Ines de Castro e Malvina
di Scozia sono libretti di gradevole lettura, che testimoniano:
- l’ampia cultura dell’autore che, pur essendo
appassionato dei classici, legge le opere degli scrittori contemporanei e
contribuisce alla diffusione in Italia dei grandi esponenti del Romanticismo
europeo;[9]
- le competenze poetico-musicologiche di
Cammarano, che crea versi
fortemente espressivi sia nelle tonalità lirico-elegiache dei cantabili sia
nelle energiche cabalette, sia negli austeri cori;[10]
la destrezza di Salvatore nel
trattare problematiche vicine alla sensibilità dei contemporanei, recuperando
contesti storici e realtà geografiche lontane e, contemporaneamente, schivando
i severi divieti censori;[11]
- la strettissima connessione
tra arti diverse: dalla poesia alla musica, dal teatro alla pittura, con
rimandi talvolta espliciti e talaltra impliciti.
Nel
dicembre 2023, il canto lirico italiano è stato riconosciuto dall’Unesco
patrimonio immateriale dell’umanità. I teatri e i festival che tuttora
allestiscono spettacoli lirici hanno il merito di far conoscere il melodramma,
ma, al di là delle opere più famose, molte altre meriterebbero di essere
riscoperte e andrebbe consolidata la consapevolezza dell’importante ruolo che
l’opera lirica ha avuto per la civiltà e la storia italiana.
[1] Giovanni
Pacini, Le mie memorie artistiche, Firenze, Guidi, 1865, p. 109.
[2] Folco Portinari, Pari siamo! Io la lingua,
egli ha il pugnale. Storia del melodramma ottocentesco attraverso i suoi
libretti, Torino, EDT, 1981, p. 101.
[3] Macpherson, Poesie di Ossian, antico poeta celtico,
trasportate dalla prosa inglese in verso italiano dall’Ab. Melchior Cesarotti, Padova, Comino, 1772,
p. 274.
[4] Macpherson, p. 276.
[5] Macpherson,
p. 227.
[6] Macpherson,
p. 286.
[7] Macpherson, p. 287.
[8] Macpherson, p. 286.
[9] Cfr. Stefano Valanzuolo racconta Salvadore Cammarano,
Trasmissione radiofonica (25 marzo 2019), Rai Radio 3, https://www.raiplaysound.it/audio/2019/03/Salvadore-Cammarano-3a6f57f2-5d73-4c8e-9b3a-be97b2a548ba.html.
[10] Cfr. Emanuele d’Angelo, Leggendo libretti. Da “Lucia di
Lammermoor” a “Turandot”, Roma, Aracne, 2013, pp. 21-101.
[11] Cfr. Francesco Cento, «Chi per la patria
muor» Il
patriottismo in musica da Rossini a Verdi, Bologna,
inEdition, 2009, p. 11 e Carlotta Sorba, Il melodramma della nazione, Politica
e sentimenti nell’età del Risorgimento, Laterza, Bari-Roma, 2015, p. 195.
IVONNE BEGOTTI
BIONOTA Ivonne Begotti. Laureata in Filosofia all’Università di Pisa, ha conseguito master in Didattica, Didattica della letteratura, Biblioteconomia e Archivistica all’Università La Sapienza di Roma.
Docente in varie scuole secondarie di secondo grado, ha curato i volumi Sognarsi in volo e ER: studenti in prima linea. È iscritta al dottorato di ricerca alla Ecole Doctorale Pratiques et Théories du Sens de l’Université Paris 8 in cotutela con l’Università di Parma per il dottorato in Musicologia.

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