A CHI PIACE LA FRONTIERA? DI SILVERIO NOVELLI (lingua italiana)

 LINGUA ITALIANA

 Maneggiare con cura – RUBRICA a cura di Silverio Novelli e Margherita Sermonti

Brevi cenni sull'origine, la storia e l'uso di alcune parole o locuzioni, soprattutto in italiano, ma non solo. Una carta d'identità delle parole che usiamo parlando e scrivendo, da secoli o da pochi anni, dalle pergamene al web, con esempi tratti da romanzi, poesie, teatro, cinema, lettere, pubblicità, quotidiani o altro.



Silverio Novelli

 

A chi piace la frontiera?

 


Chi ama l’epopea del selvaggio West, la leggenda dei cowboy trasformati, grazie all’occhio mitopoietico della cinepresa hollywoodiana, da vaccari in eroici pionieri, archetipi del futuro d’America (quella bianca e wasp), ha senz’altro familiarità con la parola frontiera, nell’inglese americano frontier. Nel corso del Seicento, per i coloni americani di lingua inglese, frontier non indicò più il confine in quanto linea di demarcazione, ma la zona scarsamente e recentemente colonizzata a diretto contatto con le terre non ancora colonizzate. La frontiera, in tal senso, costituì il punto di partenza per l’espansione verso l’Ovest (West): non un border (‘confine che demarca’), bensì un orizzonte che si amplia. Da qui viene l’espressione spirito di frontiera, utilizzata poi con un significato anche più ampio, per simboleggiare, nell’età moderna, l’espansività della storia europea e mondiale. Tornando agli Stati Uniti, l’originaria frontiera americana si è reincarnata, decenni e decenni più tardi, nella locuzione Nuova frontiera, un calco di New Frontier, espressione usata da John Fitzgerald Kennedy (1917-1963) nell’atto di accettare la candidatura presidenziale del Partito democratico. Kennedy pronunciò il discorso a Los Angeles, il 15 luglio 1960, e, immaginando di essere eletto, indicò una «nuova frontiera, la frontiera degli anni Sessanta, delle occasioni e dei pericoli sconosciuti, delle speranze irrealizzate e delle minacce non messe in atto», spronando i connazionali ad essere all’altezza delle prove future, proprio come avevano fatto i pionieri, quando, un secolo prima, si erano mossi verso la mobile frontiera del West.

 

Dalla Luna al Messico

Sempre negli anni Sessanta del Novecento, negli Stati Uniti anche lo spazio interplanetario fu visto come un’estensione analogica della nuova frontiera politica, civile e spirituale. Il primo Americano sulla Luna è tout court il primo uomo sulla Luna: il 20 luglio 1969, Neil Armstrong può permettersi, come si direbbe oggi, la massima inclusività: «That's one small step for man. One giant leap for mankind» [‘È un piccolo passo per l'uomo. Un passo da gigante per l'umanità’].

Per ricordarci quanto ottimismo ci separi da quelle frontiere, pensiamo alle amministrazioni statunitensi dei nostri tempi, che, spigolando tra gli archivi della Casa Bianca, relativi al presidente George W. Bush, una ventina d’anni fa si esprimevano in questo modo circa i border tra USA e Messico: «The massive flow of people and goods across our borders helps drive our economy, but can also serve as a conduit for terrorists, weapons of mass destruction, illegal migrants, contraband, and other unlawful commodities» [‘Il massiccio flusso di persone e merci che attraversa i nostri confini aiuta a sostenere la nostra economia, ma può anche servire da tramite per terroristi, armi di distruzione di massa, immigrati clandestini, contrabbando e altre merci illegali’]. Bentornati confini, che diventeranno muri, principalmente per gli «immigrati clandestini».

«The border between Mexico and the United States is not just a line on a map. Nor is it merely a neutral demarcation of territory between two friendly neighboring states. Rather, in the America imagination, it has become a symbolic boundary between the United States and a threatening world. It is not just a boarder but the boarder, and its enforcement has become a central means by which politicians signal their concern for citizens' safety and security in a hostile world» [‘Il confine tra Messico e Stati Uniti non è solo una linea su una carta geografica. Non è nemmeno una delimitazione neutrale del territorio tra due Stati vicini e amici. Piuttosto, nell'immaginario americano, è diventato un confine simbolico tra gli Stati Uniti e un mondo minaccioso. Non è solo un confine, ma il confine, e la sua applicazione è diventata un mezzo centrale con cui i politici segnalano la loro preoccupazione per la sicurezza dei cittadini in un mondo ostile’]. Così Douglas S. Massey (Princeton University) [The Mexico-U.S. Boarder in the American Imagination, in "Proceeding of the American Philosophical Society, vol. 160, n° 2, pp. 160-177, University of Pennsylvania Press, 2016, p. 160]. Dalla Conquista dello spazio alla difesa della nazione-fortezza.

Torniamo in Italia, cercando conforto nella serena trafila etimologica che porta indietro nel tempo la parola frontiera fino alla sua origine francese (frontière), che nel Duecento fu ricavata in quella lingua dal nome latino frons, frontis (‘fronte’).

 

Frontiera e confine

Come vedremo, in realtà, in casa nostra tra frontiera e confine ci sono zone semantiche di sovrapposizione e non una contrapposizione su tutto (appunto) il fronte (la frontiera per dir così “demilitarizzata”, il confine potenzialmente bellicoso). Frontiera sin dal Duecento identifica una zona di contatto tra due territori o aree sottoposti a influenze differenti e perciò difesa militarmente, come in un passo della Cronica (‘cronaca’) in cui il cronista fiorentino Giovanni Villani (1276-1348) descrive il «duca di Calavra» che arriva «a la frontiera a l’Aquila con MD [1500, ndr] cavalieri» e si stupisce di trovare la zona senza «ritegno né difensione» (‘ostacolo né opera di protezione’). In séguito, con il consolidarsi delle entità giuridiche istituzionali in relazione con il territorio, il concetto di frontiera si modifica, fino a designare la ‘linea di confine che delimita un territorio statale’, pur mantenendo sempre un implicito significato di ‘zona da vigilare e proteggere anche militarmente’, che viene richiamato da espressioni come incidente di frontiera ‘scontro bellico tra Stati confinanti’, fare la guardia alla frontiera, difendere le frontiere della nazione ed è esplicito in questo brano tratto dal romanzo Il viaggiatore notturno (2005) di Maurizio Maggiani: «Gli zingari devono sapere degli uomini cose che a noi sfuggono, come i bracconieri sanno più cose sugli animali degli etologi. Perché altrimenti, alla frontiera di una guerra, un'orchestra che suona 'O sole mio’ sarebbe totalmente nuda e scalza di ragione».

 

L’esternalizzazione

In particolare, frontiera significa anche posto di frontiera ‘luogo in cui, presso il varco di un confine nazionale, la polizia effettua controlli su chi intende transitare’: «Quanto caldo abbiamo sofferto alla frontiera, una visita interminabile, una fila di macchine d'ogni nazione lunga lunga su per i tourniquets piene di gente sudata e rabbiosa che si toglieva camicie e magliette e restava a torso nudo, certi vecchiacci adiposi!» (Alberto Arbasino, L’anonimo lombardo, 1959).

In senso figurato, si sono sviluppate due differenti accezioni. La prima, ‘linea di separazione’, dipende dal significato di base di ‘confine’, come in questo brano tratto dal romanzo La pelle (1949) di Curzio Malaparte (1898-1957), ambientato nell’Italia disperata della Seconda guerra mondiale: «I lamenti dei feriti venivano fino a noi da una zona posta di là dall'amore, di là dalla pietà, di là dalla frontiera fra il caos e la natura già composta nell'ordine divino della creazione: erano l'espressione di un sentimento non ancora conosciuto dagli uomini [...]».

La seconda, specialmente al plurale, per influsso del francese frontière, indica i ‘limiti estremi raggiunti’: le nuove frontiere dell’astrofisica; scienza di frontiera, in quanto è depositaria delle concezioni scientifiche più avanzate ed evolutive. Anche se quest’ultimo uso ci fa tornare a guardare lontano, col sorriso a 32 denti di JFK, l’Europa di oggi (e con lei l’Italia) ci riporta indietro, al nostro mare-mare nostrum, nel quale vige l’esternalizzazione delle frontiere: frontiere come i border americani con il Messico, che erigono un muro spinato contro i migranti; da noi il muro è fatto di acqua, morti e cinismo politico.

 SILVERIO NOVELLI







BIONOTA

Silverio Novelli si occupa da molti anni di lingua italiana. Tra le altre cose, ha scritto una grammatica scolastica (a sei mani), un paio di dizionari di neologismi (a quattro mani) e altri testi di divulgazione linguistica (a due sole mani, finalmente, le sue).


Commenti

  1. Articolo interessante che riesce a stimolare la curiosità del lettore rivelando aspetti inediti della storia della nostra lingua! Complimenti !

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  2. Nello stesso giorno sono usciti gli articoli di Silverio Novelli ed Edoardo Ventimiglia. Insomma i ragazzi, che assltarono il cielo da via Chinotto, sono tornati!

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  3. Nel frattempo, caro Sandro, via il chinotto e orizzonte di solo vino e grappa e rakja...

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