IL tasso di fertilità in Italia e la tutela delle donne in gravidanza sul lavoro di Azzurra Bonanni (problematiche sociali)
PROBLEMATICHE SOCIALI
Azzurra Bonanni
Il tasso di fertilità in Italia e la tutela
delle donne in gravidanza sul lavoro
La fertilità fa riferimento al numero di
nascite all’interno di una determinata popolazione e si può misurare
utilizzando due indicatori: il tasso di natalità e il tasso di fecondità.
Il primo indica il rapporto tra il numero dei
nati vivi dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente,
moltiplicato per mille. Il secondo esprime il numero di figli per donna in età
feconda.
In Italia si sta assistendo al fenomeno della
denatalità, è infatti in forte calo il numero delle nascite rispetto agli
ultimi anni e ancor di più se paragoniamo gli stessi dati a quelli di
cinquant’anni fa.
Nel 2022 le nascite scendono a 393mila,
registrando un calo dell’1,7% sull’anno precedente.
Il calo prosegue nel 2023, arrivando ad avere
un numero medio di figli per donna pari a 1,24. La stima provvisoria registrata
fino all’estate di quest’anno quantifica ben 3.500 nascite in meno rispetto
allo stesso periodo del 2022.
Oltre a fare meno figli, le donne in Italia
scelgono di farli in età sempre più avanzata. Per avere un’idea chiara
sull’evoluzione dell’età media della donna al parto, basta osservare in
prospettiva diacronica i seguenti dati: nel 1973 si registra il dato più basso
degli ultimi 71 anni, pari ad una media di 24,88 anni; nel 1984 il numero sale
a 25,86, nell’anno 2000 si passa a 28,63, nel 2022 è salito a 32,2.
Sono numerosi i fattori che possono
condizionare i comportamenti riproduttivi in un paese: fattori biologici,
culturali, politici, economici e sociali.
In particolar modo, le normative che tutelano
i diritti delle donne in gravidanza sul lavoro incidono fortemente sui comportamenti
riproduttivi e quindi sulla fertilità di un territorio. Una donna che non si
sente pienamente libera di creare una famiglia, potendo allo stesso tempo
lavorare in condizioni dignitose e mantenere integro il proprio posto sul
lavoro, sarà meno disposta a fare figli.
Occorre evidenziare che anche i datori di
lavoro sono meno disposti ad assumere giovani donne e che queste, in generale,
hanno una carriera sicuramente più difficoltosa, se non compromessa, in caso di
maternità.
In passato il nostro paese non poteva di
certo vantare di avere una norma legislativa che tutelasse a pieno i diritti
delle donne sul lavoro; fino ai primi anni del Novecento e fino alla legge
Carcano del 1902 non vi era alcuna legge a riguardo. Quest’ultima, in ogni
caso, prevedeva però fino a dieci ore di lavoro giornaliero e nessun riposo o
riduzione di orario, per il periodo immediatamente antecedente al parto.
Bisognerà aspettare il Regio Decreto-legge
del 1934, affinché venisse concesso alle donne, il cosiddetto “periodo di
astensione obbligatoria” nel nono e ultimo mese.
Una svolta importante ci fu con la legge 860
del 1950, la quale implica il divieto di licenziare le lavoratrici durante il
periodo di gestazione e nelle otto settimane che seguono il parto. Ad oggi, a
seguito di altre disposizioni normative emanate nel corso degli anni, l’ordinamento
legislativo italiano prevede che la donna non possa essere licenziata
dall’inizio del periodo della gravidanza, fino al termine del congedo di
maternità e fino a un anno di età del bambino; ha il diritto e l’obbligo
all’astensione dal lavoro, nei due mesi precedenti la data presunta del parto e
nei tre mesi successivi.
Nonostante sembri quindi che la legislazione
italiana abbia fatto dei passi in avanti a riguardo, le donne in dolce attesa
risultano essere ancora molto discriminate sul posto di lavoro, a cominciare
dai colloqui: quattro donne su dieci si sentono rivolgere domande (spropositate)
come: “Ha figli?”, “Ne vuole?”. Una domanda privata e assolutamente
inopportuna, la cui risposta però costituisce, come già esposto in precedenza,
una discriminante nella scelta dei dipendenti nelle aziende italiane.
Il quotidiano “La Stampa” di Torino riporta
nel recentissimo 29 gennaio 2023 il caso di Katia Pellegrino. La donna lavorava
nell’azienda Emmecitecnica di Leini, da quando aveva ventuno anni. All’età di
trentanove anni, a seguito della sua seconda gravidanza, viene ingiustamente
licenziata dall’azienda, motivando il licenziamento con l’aumento dei costi di energie
e delle materie prime.
La donna verrà riassunta dall’azienda, ma non
con lo stesso ruolo: da quello che occupava nel settore commerciale, che
consisteva nel curare i rapporti con i clienti e fornitori, riprenderà a
lavorare come segretaria. Una volta resa pubblica l’ingiustizia, la giovane
donna in un’intervista dichiara che, secondo lei, il licenziamento era stato
solo l’ultimo atto di un progressivo demansionamento.
Osservando tali situazioni che accadono quotidianamente
nelle aziende italiane, non stupisce il calo di natalità nel nostro paese. Tale
fenomeno, seppur condizionante, non può da solo essere la ragione della
diminuzione delle nascite.
In merito allo studio dei fenomeni che si
riferiscono alla popolazione italiana, i demografi prospettano un passaggio che
condurrà la popolazione dagli odierni 59 milioni di individui a circa 46
milioni nel 2080.
Si prospetta, inoltre, una diminuzione delle
coppie con figli e anche negli scenari di natalità e mortalità più favorevoli,
il numero proiettato di nascite non compenserà quello dei decessi. Il numero
medio dei componenti per famiglia nel 2042 sarà di 2,13. L’ISTAT registra
infine che, sfortunatamente, i futuri comportamenti demografici non
annulleranno le tendenze in atto. Potrà compensare tale tendenza, seppur in
modo parziale, il fenomeno dell’immigrazione, ma non al punto di poter
integrare completamente lo spopolamento dovuto alla denatalità.
È da auspicare che lo stato italiano possa,
con delle efficaci politiche di sostegno alle famiglie, cercare di recuperare
il terreno perduto e invertire la tendenza demografica alla quale stiamo
assistendo con crescente preoccupazione negli ultimi anni. Occorre, più in
generale, un diverso approccio culturale nei confronti della famiglia,
riscoprendo ed esaltando i valori che sembrano oggi andare perduti.
Soltanto con questo connubio tra
provvedimenti economici e culturali si potrà assistere ad una ripresa efficace
delle nascite in Italia.
AZZURRA BONANNI
BIONOTA
Azzurra Bonanni ha ventidue anni ed è nata a Roma. Si è diplomata nel 2019 presso il Liceo linguistico Dante Alighieri di Fiuggi.
Nell’ottobre del 2022 si è laureata in Lingue e Letterature Moderne all’Università di Tor Vergata, con una tesi – Il linguaggio economico e la sua traduzione; un manuale di economia politica - che ha avuto per oggetto la traduzione di una sezione del manuale di economia Para entender la economía política y la política económica di Valeriano F. García.
Attualmente è studentessa in Lingue per le Relazioni Internazionali presso l’Università Lumsa, con sede in Prati.
Molto interessante e mi fa pensare al recente discorso di Macron che invita le donne a fere figli suscitando un coro di proteste come osa il Presidente...
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