CONSIDERAZIONI SUL GENOCIDIO - di Silverio Novelli (LINGUA ITALIANA)
LINGUA ITALIANA
Maneggiare con cura –RUBRICA a cura di Silverio Novelli
Brevi cenni sull'origine, la storia e l'uso di alcune
parole o locuzioni, soprattutto in italiano, ma non solo. Una carta d'identità
delle parole che usiamo parlando e scrivendo, da secoli o da pochi anni, dalle
pergamene al web, con esempi tratti da romanzi, poesie, teatro, cinema,
lettere, pubblicità, quotidiani o altro.
Silverio Novelli
Genocidio, uccidi e lascia
morire
Ucraina e Gaza
Quali sono i presupposti, oggi, per la
definizione di un’accusa così tragica come quella di genocidio? L’invasione
dell’Ucraina da parte della Russia (operazione
militare speciale, nell’occultamento tecno-eufemistico escogitato dal Cremlino)
ha riacceso il dibattito. Oggi in molti, a partire da Volodymyr Zelensky,
Presidente dell’Ucraina, e Joe Biden, Presidente degli Stati Uniti, accusano di
genocidio il Presidente russo
Vladimir Putin.
Alcuni paralleli più a sud, dall’ottobre
dello scorso anno, dopo il barbaro eccidio di civili israeliani perpetrato da
Hamas il 7 ottobre (circa 1.200 uccisi, 250 sequestrati), la Striscia di Gaza è
teatro di un attacco militare da parte dell’esercito israeliano, che ha provocato,
nei mesi successivi, la morte di più di 37.000 civili palestinesi. Senza
contare i feriti e mutilati che porteranno per sempre nel corpo i segni della
violenza armata. Il Tribunale internazionale di Giustizia ha avviato, a gennaio
del 2024, un processo contro Israele, su richiesta del Sudafrica, per gli
indizi di genocidio e violazione del
diritto umanitario internazionale a Gaza. Nel mese di giugno del 2024 il
Governo spagnolo si è unito al processo aperto dal Sudafrica.
Dopo la Shoah
Può avere senso rileggere la storia della
parola genocidio, che è
ricalcata sull’inglese genocide: si
tratta di una creazione dell’avvocato polacco Raphael Lemkin, che nel 1944
scrisse: «By genocide we mean the
destruction of a nation or of an ethnic group» [per genocidio s’intende la distruzione di una nazione o di un gruppo
etnico]. Per coniare la parola, Lemkin fece ricorso al greco antico génos ‘stirpe’, aggiungendo il suffisso
-cidio (dal latino -cidium, ricavato dal tema di caedĕre ‘tagliare, uccidere’).
Il battesimo ufficiale sulla scena
internazionale della parola genocide
(da cui genocidio in italiano)
avvenne durante il Processo di Norimberga (1946) contro i principali dirigenti nazisti. La parola fu
riferita, in particolare, al tentativo di sterminio su base razziale compiuto
dai nazisti a danno di ebrei e popoli slavi. Durante la sua prima sessione,
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite dichiarò il genocidio un delitto contro il diritto delle genti. Nel 1948,
l’Assemblea approvò la Convenzione sulla prevenzione e repressione del genocidio. In generale, secondo la
dottrina giuridica, per genocidio si
deve intendere il gravissimo crimine, di cui possono rendersi colpevoli singoli
individui oppure organismi statali, che consiste nella distruzione preordinata
e metodica di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, compiuta
attraverso lo sterminio degli individui, la dissoluzione e dispersione dei
gruppi familiari e misure di prevenzione delle nascite e sterilizzazione e lo smantellamento
di tutte le istituzioni che danno sostanza all’identità sociale di una
consociazione umana.
Storici e sociologi hanno aggiunto altre determinazioni al concetto di genocidio: 1) l'intento di uccidere
individui perché fan parte di un determinato gruppo può essere anche di natura
politica o economica; 2) l'uccisione intenzionale, da parte di un governo, può
riguardare in generale individui disarmati e indifesi, a prescindere dalla
motivazione dell'atto. Secondo questi criteri allargati, nel corso del
Novecento i governi hanno ucciso circa 174 milioni di persone.
Morti o fatti morire?
Un uso politicamente allargato – ma
sempre molto marcato – di genocidio è
esemplificato in questo brano di un discorso parlamentare di Emma Bonino,
radicale, a proposito della loro campagna contro la fame nel mondo. Siamo nel
1979, Bonino accusa il Governo di non aver fatto nulla, dopo aver preso solenni
impegni: «L’unica cosa che facciamo, invece, è di prepararci alla guerra. Io
credo, signor sottosegretario, nel modo più assoluto, che dobbiamo agire nel
più breve tempo possibile, perché più il tempo passa più sarà difficile agire,
più il tempo passa più sarà quasi impossibile intervenire. La generazione
passata ha assistito inerte e muta ai genocidi
che si sono verificati: “la storia non ha dimenticato”, dice John Lewis. Credo
però che rispetto al genocidio oggi
in atto non dobbiamo ripetere lo stesso errore (magari per viltà, magari per
indifferenza, ma anche per insipienza politica), ma dobbiamo assumere un
atteggiamento molto più coraggioso. È a questo fine che in ogni forma non
violenta e istituzionale noi continueremo a tallonare il Governo, perché questo
tema non venga relegato, come sempre, nelle pure dichiarazioni».
Altri
significati della parola
Si è più volte cercato di definire
anche il più specifico concetto di genocidio
culturale, a partire dagli inizi degli anni Cinquanta del Novecento. Per genocidio culturale, si può intendere la
distruzione intenzionale dell’identità culturale di un popolo per ragioni
politiche, religiose o di odio etnico. La locuzione è viva, ma non ha mai
trovato riscontro nei documenti ufficiali degli organismi internazionali.
Visto il fortissimo impatto semantico, la parola genocidio viene usata, in senso figurato, per indicare ogni azione
preordinata che pone fine in maniera drastica, violenta, irrevocabile a una
qualsiasi espressione di vita associata, attività, esperienza, organizzazione
dalle quali dipendano il benessere materiale, economico, sociale o culturale e
spirituale di un gruppo più o meno ampio di individui. Vediamo un esempio nella
narrativa italiana contemporanea. Lo scrittore Ermanno Rea (1927-2016), nel
romanzo La dismissione (2002), dà una
dimostrazione di questo uso allargato della parola. Nel romanzo si narra la
storia dello smantellamento (la “dismissione”, appunto) dell’acciaieria Ilva di
Bagnoli (Napoli) – i cui stabilimenti furono chiusi definitivamente nel 1993 –,
attraverso il racconto in prima persona da parte di Vincenzo Bonocore, prima
operaio e poi “dismissore”: «Ma alla fine avevo deciso che quello stesso senso di disciplina che mi
aveva tenuto per lo più lontano, appartato, rispetto a tante proteste sindacali
mi imponeva adesso di essere presente con tutto me stesso a quello sciopero,
nella coscienza che la fabbrica non poteva morire senza che almeno si levasse
alta la nostra voce di denuncia, la nostra accusa di genocidio industriale
(oltre all'Ilva, in quei giorni, chiudevano, o erano minacciate di chiusura,
moltissime altre fabbriche nell'area napoletana, tanto che era stato proclamato,
sempre in quel medesimo mese di aprile, uno sciopero generale regionale contro
il precipitoso processo di smobilitazione)».
SILVERIO NOVELLI
BIONOTA
Silverio Novelli si occupa da molti anni di lingua italiana. Tra le altre cose, ha scritto una grammatica scolastica (a sei mani), un paio di dizionari di neologismi (a quattro mani) e altri testi di divulgazione linguistica (a due sole mani, finalmente, le sue).
Se pensiamo agli sforzi fatti da certi giornalisti di destra per giustificare le azioni del governo israeliano nella striscia di Gaza, verrebbe da dire che al concetto tradizionale di genocidio, occorre aggiungere anche il “genocidio preterintenzionale”, il “genocidio colposo” e perfino l’ulteriore fattispecie del “genocidio colposo con dolo eventuale”. Così nessuno avrà più alibi per dire che il genocidio degli ebrei o degli armeni è stato cosa diversa da quanto sta accadendo attualmente a Gaza.
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