Le connessioni (poesia-poemi in prosa) ~ Ippolita Luzzo - TeclaXXI
POESIA- POEMI IN PROSA
Ippolita
Luzzo
Le connessioni
Ci
sono delle connessioni che non possiamo cancellare mai. Fanno parte di noi, se
li eliminiamo, eliminiamo noi stessi.
Anche
a me, come a tutti, non piace mio padre, anche io ho desiderato cancellarlo,
anche io ho detto basta mille e mille volte, ma ora che ha ottantasei anni mi è
totalmente indifferente il passato ed il suo carattere e lo vezzeggio come
fosse un bambino con grande felicità di entrambi. Non potrei più eliminarlo. È
l’uomo che ha costruito per metà il mio patrimonio genetico. Non mi piace ma ho
i suoi cromosomi. Cosa faccio?
Mia
madre è una donna speciale, una santa, nel senso vero, una fata, completamente
dedita a marito, figli, cognati, troppo dedita al sacrificio, alla pazienza.
Mai un atto di ribellione. Intelligente, capace, ha tenuto e tiene tutti noi
con dolcezza, ma a me non piace la troppo bontà. Le voglio bene, mi è preziosa,
ma quanto sarò stata scorbutica con lei?
Siamo
così connessi che ripetiamo atteggiamenti, parole, idiosincrasie di altri, di
zii sconosciuti, di cugine, di nonni. Siamo intrecciati e forse ci farebbe bene
guardarci un po’, nelle nostre famiglie, per trovare quel che di simile abbiamo
ed il perché. Potremmo cancellare il fastidio di essere anche noi così,
antipatici, stronzi, insopportabili anche a noi stessi.
Una
volta nelle famiglie si raccontavano episodi dei tempi andati, fatti curiosi
accaduti a sorelle, a fratelli, pezzi illuminanti sul carattere di ognuno, su
come si era strani, su come aveva reagito uno di loro ad una situazione, si
raccontava e noi potevamo sentirci dire: - Tu sei tutta la nonna
Angelina, oppure: - Hai fatto come faceva zio Carlo! ed ancora, lo
ricordi il nonno? non faceva mai la fila! bussava e apriva qualsiasi ufficio,
qualsiasi luogo e tutti lo ricevevano perché aveva una grande personalità. Tu
fai proprio come lui! -
Una
volta, prima che forbici taglienti recidessero le connessioni, avevamo questa
rete che sosteneva le nostre stranezze, che rimandava a somiglianze e suggeriva
soluzioni. Ora l’individuo solo coltiva la sua follia, ingigantendo il suo ego,
sconvolgendo disciplina e rispetto e sporcando il pudore su sentimenti
ineliminabili. Se togliamo e tagliamo tutto non resta niente e noi affamati
ringhieremo furiosi del troppo che abbiamo, del soffocante affetto, del poco
che abbiamo, ringhieremo rabbiosi senza pace dimenticando l’anima di cui tanto
parliamo.
È
un esercizio duro stare con gli altri, più duro proprio con chi ci conosce
dalla nascita, durissimo, ma è un esercizio che ci impedisce di sprofondare in
un solipsismo senza limiti. Possiamo scegliere tanti altri,
sicuramente, sarà possibile anche questo, sicuramente senza ormeggi sarà bello
andare, perché no? senza dover assistere la mamma anziana, il fratello debole,
il papà rincoglionito.
E
che ci vuole? Via via via da questo mare, nel mare dell’altrove, della
fantasia.
Ma
anche lì nuovi mostri ci attendono che ci condizionano, che ci vogliono
convincere, altri mostri che vogliono un saluto, un ricordo, una
attenzione.
E
che cazzo! Li ammazziamo? Li mettiamo online? Li deridiamo? E il mostro che sta
dentro di noi dove lo mettiamo?
Io
credo che sia meglio non nutrirlo di fantasie malate. Io credo che sia meglio
la realtà, io credo che sia meglio la famiglia pur cattiva che essa sia. Io
credo che sia meglio volersi bene e voler bene.
Ma
io sono una puritana. Io sono una cretina. Vero?
IPPOLITA LUZZO
BIONOTA
Ippolita Luzzo, laureata in filosofia con tesi su Max Stirner. Da giugno 2012 scrive sul blog “Il Regno della Litweb di Ippolita Luzzo” quasi un giornale di cui lei è editorialista, direttrice e cronista.
Col suo blog indaga e legge ogni momento letterario ed artistico per lei autentico interpretando in modo originale il senso del testo.
Il 6 ottobre 2018 vince il Premio Comisso #15righe dedicato alle migliori recensioni dei libri finalisti.
È nella giuria del Premio Malerba.
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