L'opera lirica dalle origini a Wagner - parte I (MELODRAMMA) ~ di Gabriella Minarini - TeclaXXI
MELODRAMMA
Gabriella Minarini
L’opera lirica dalle origini a Wagner
Parte Prima
‘Pensieri vagabondi’
guidano in leggero passo al Gran Teatro …
«L’atmosfera irreale, nella notte natalizia bianca di luna, tiepida ed
incantevole, penetrava attraverso il portone sul rio del teatro La Fenice,
rischiarando l’imboccatura bassa del lungo corridoio che conduceva all’atrio
illuminato, vagando sul muro verde di umidità, mentre un po’ distante dalla
scalinata e dai pali stavano alcune gondole, immobili lungo le fondamenta, sul
canale nero […] Sul portale principale del grandioso e splendido teatro, ornato
dall’emblema del cigno cantante in azzurro e oro, ardevano le fiamme a gas […]
Il cancello dorato era semichiuso. […]. Il grande foyer con lo scalone di marmo che conduce ai corridoi dei palchi
brillava sotto le fiamme a gas, quali a ventaglio, quali chiuse entro globi o
sotto reticelle metalliche. Due dame elegantissime, collo zendado sulla
pettinatura alta […] entrarono […] verso la fine del primo atto – poiché
arrivare in ritardo è segno di aristocrazia».
Così, con questa magnifica e suggestiva descrizione, Franz Werfel dà
inizio al suo - ‘Verdi - Il romanzo dell’opera’- una rievocazione
del grande compositore bussetano e di Richard Wagner, il suo cosiddetto
‘antagonista’ tedesco, nella cornice di una Venezia di fine Ottocento. Una
descrizione che, per noi, diventa ‘visione’ nel palcoscenico naturale di una
città - gelosamente chiusa nei suoi apparenti misteri - e di come un luogo
possa avere fascino e soprattutto, di per sé, ‘essere teatro’.
Noi siamo lì, in «estasi beata», a percorrere e ripercorrere i corridoi
del Gran Teatro la Fenice, di tutte le Fenici d’Europa e del mondo; basta
aprire una porta … chiudere gli occhi e … eccoci immersi nello spettacolo.
Lunga è la storia e la fortuna dell’Opera. Ma da dove nasce e perché
questa forma d’arte coinvolge tanto facendo sì che moltissimi giovani da tutto
il mondo arrivano in Italia e in Europa per studiarla? Per capire dobbiamo
sondare dove questa forma d’arte abbia le sue radici e da lì surto tanta linfa.
Dopo tante ricerche e tanti studi ormai sappiamo che forme teatrali e
drammatiche sono state presenti in qualsiasi tipo di società e si rintracciano
nelle espressioni di tipo più disparato: dalle funzioni religiose alle parate
militari, le varie cerimonie che hanno contribuito a donare all’uomo il
collante per tenere unita la comunità, le danze di ogni tipo e per più svariati
momenti della vita, là dove ogni gesto, ogni movimento abbia avuto bisogno di
essere ‘codificato’ per essere poi riconosciuto come - Teatro -. Non sempre
siamo stati, e siamo, consapevoli delle valenze teatrali di quello che stiamo
vedendo o vivendo; dobbiamo operare una distinzione tra il teatro come fenomeno
culturale, e la presenza di elementi teatrali nelle varie forme dell’attività
umana.
Una delle teorie più diffuse sull’origine del teatro è quella che ne
individua la nascita nel rito che, da sempre, ha accompagnato la vita
dell’uomo. Il rito è in noi, fa parte della nostra giornata, della nostra vita,
è una forma di conoscenza e ‘ri-conoscenza’ delle modalità del vivere
quotidiano. Il rito ha assolto una funzione didattica là dove la possibilità di
trasmissione dei codici, delle leggi era essenzialmente orale e gestuale.
Imparare attraverso un ‘cerimoniale’ preciso, sempre uguale a sé stesso, una
ripetizione che dava (e riceveva) sicurezza da e per l’individuo e per la
società.
E in questa ‘ritualità’ come possiamo collocare la genesi, l’evoluzione
e la funzionalità dell’opera? Ripercorriamone a larghi tratti la storia dato
che l'opera si avvale, oltre alla parola cantata e alla musica, di scenografie
e di azioni coreografiche, tanto che può essere considerata una delle
manifestazioni artistiche più complete. La fusione della musica e della parola si
ritrova in tante civiltà, soprattutto come concretizzazione psico emotiva, ed è
reperibile in strutture perfettamente ‘codificate’ in molte tra le antiche culture.
Nel Medioevo esistevano forme di spettacolo che possono essere
considerate vere e proprie opere ante
litteram, come “Le jeu de Robin et de Marion”, dato alla corte di Napoli nel 1282.
Ma una continuità diretta con la futura opera è reperibile piuttosto nei vari
spettacoli popolari, soprattutto feste e drammi liturgici, molto diffusi all'
epoca.
La coscienza estetica del Rinascimento porterà molte forme di spettacolo
già esistenti, come le passioni, i
misteri, i balletti, gli intermedi, le
pastorali diffuse tanto tra il popolo quanto nelle corti, a fondersi e
creare una nuova forma di spettacolo. Possiamo vedere allora La festa teatrale come un vero e proprio
pre-melodramma.
L’opera nacque in Italia quando un gruppo di musicisti e di
intellettuali della nobiltà fiorentina, riunitosi nella camerata fiorentina, affascinati dalla sobrietà
dell’antica Grecia e dalla semplicità e dal rigore propri della tragedia, si
oppose agli eccessi della musica polifonica rinascimentale. La prima opera
dell’epoca fu l’Euridice composta
da Jacopo Peri sul testo dell'egloga pastorale omonima del poeta fiorentino Ottavio Rinuccini.
L'estetica di queste prime composizioni operistiche esigeva che la musica fosse
subordinata rigorosamente al testo poetico-drammatico. Musicalmente, il dramma
propugnato dalla camerata sanciva la superiorità della monodia sul canto
polifonico fino ad allora dominante. Gran parte dell’opera era costituita da
recitativi ma con scarso accompagnamento strumentale. Dopo Firenze e Roma,
Venezia divenne rapidamente la città trainante per gli spettacoli operistici in
quanto nel 1637 venne aperto, dalla famiglia Tron, il primo teatro d’opera ‘a
pagamento’. L’apertura del San Cassiano, non solo rese questa forma d’arte
accessibile ad un pubblico più vasto ma contribuì a creare il teatro a logica
impresariale. Occorreva una ferrea programmazione per arrivare a soddisfare un
gran numero di spettatori, un buon programma per le stagioni, la
creazione di magazzini per le scene ma, soprattutto, dato che l’impresa
lavorava per il guadagno, il bisogno primario diventò quello di allestire
spettacoli ‘vincenti’; si selezionarono i migliori compositori e grandi voci da
mandare in scena e, così nacque quello che ancora oggi chiamiamo: il
repertorio. L’opera si diffuse rapidamente nel resto dell’Europa: nel 1700
Napoli, Vienna, Parigi, Londra, e perfino Ostenda e Pietroburgo, divennero tra
i maggiori centri di rappresentazione del ‘dramma in musica’ con stile, lingua
e interpreti italiani.
Il teatro d’opera era diventato un fatto di costume tanto che Benedetto
Marcello scrisse un ‘piccolo libro’ - Il teatro alla moda - ad uso e consumo di tutti coloro che,
frequentando il teatro «importano a ben riuscire nelle moderne Sceniche
Operazioni». Il Maestro, in modo ironico
e a tratti piuttosto ‘mordace’ racconta, per negazione, vizi e virtù della
gente di teatro. In realtà questo ci dice come e quanto il teatro d’opera fosse
diventato importante nella società del tempo, per le città e per il Mondo.
A questa altezza cronologica il teatro all’italiana è già definito: è
uno spazio di relazione, interno e assoluto, una forma mentis del teatro «forma che non è
italiana ma europea», come scrive lo storico del teatro Fabrizio Cruciani. Due diversi stili evolvono e si affermano nel Settecento: l’opera seria e l’opera buffa.
Zeno e Metastasio fissano i contenuti
dell’opera seria, di ascendenza aristocratica e legata al genere tragico e
spesso ispirata dalla mitologia, e dell’opera buffa che
portava in
scena personaggi comuni, in contesti più leggeri e di maggior libertà, grazie
anche alle solide radici popolari. I ruoli principali erano affidati ai tenori
e ai bassi; le parti femminili iniziarono a essere interpretati da donne.
Mentre le prime opere cercavano di evidenziare il ruolo delle parole, la
fine del periodo barocco decretò anche l’ascesa del bel canto, che diede un ruolo prioritario al
virtuosismo vocale. Come controtendenza, verso la fine del Settecento si
affermò uno stile semplice in cui testo e musica erano maggiormente correlati:
nell’opera classica il canto giocava un ruolo secondario rispetto all’idea
drammatica. Furono introdotti il coro e gli ensembles per enfatizzare la natura
collettiva delle emozioni umane.
GABRIELLA MINARINI
BIONOTA
Gabriella Minarini ha fondato e diretto l’Atelier della Voce di Firenze per cantanti e musicisti.
Laureatasi a Firenze con Stefano Mazzoni con una tesi su L’allestimento di “Attila” a La Fenice – Venezia 17 marzo 1846 – ha portato avanti la sua ricerca sul teatro di Verdi e su quello di Pacini (con varie pubblicazioni).
Attualmente è impegnata in una ricerca sul Carteggio di Giovanni Pacini con il Teatro la Fenice di Venezia.
Grazie a Gabriella Minarini, che con sapienza ci introduce alla storia di quest'arte bellissima. Un particolare. Un mattino all'alba mi sono trovato a Venezia. La città era ancora sonnacchiosa e vuota di turisti. Mi ero alzato presto per recarmi alla Fenice (Ero membro di commissione per il Concorso di Direttore di scena). Posso dire con certezza che quella atmosfera irreale di una Venezia ottocentesca descritta all'inizio di questo pezzo si può vivere ancora con emozione, soprattutto se si gira questa città nei momenti dove non imperversa il turismo mordi e fuggi.
RispondiEliminaRiccardino Massa