Un libro da rileggere: La similitudine perfetta. La prosa di Manzoni nella scuola italiana dell’Ottocento di Giuseppe Polimeni (LINGUA ITALIANA) ~ di Gualberto Alvino -TeclaXXI
LINGUA ITALIANA
Gualberto Alvino
Un libro da rileggere:
La similitudine perfetta. La prosa di Manzoni
nella scuola italiana dell’Ottocento di Giuseppe Polimeni
Il giovane storico della lingua italiana Giuseppe Polimeni
(impeccabile curatore di Lingua
letteraria e lingua dell’uso, edito nel ʼ13 dall’Accademia della Crusca)
firma una delle ricerche più interessanti e ben condotte degli ultimi anni: un
dettagliatissimo bilancio della fortuna della prosa manzoniana, massime dei Promessi sposi, nella scuola italiana
del xix secolo; «Ne risulta un
contributo che considera come il romanzo, successo editoriale già nella prima
edizione, venga antologizzato nelle crestomazie, citato nelle grammatiche e nei
compendi storici, fino a essere assunto nella programmazione ufficiale dai
decreti ministeriali». Il saggio segue con dovizia documentaria pari
all’acribia il processo attraverso il quale «la prosa manzoniana diviene reagente
singolare nel canone retorico del secondo Ottocento: sui banchi dell’Italia
finalmente unita lo studio delle varianti d’autore invita gli studenti a
selezionare nella composizione la “parola propria”, optando per una “dicitura”
che, come quella del romanzo, rispecchi le cose e i concetti, sfrondata della
retorica della tradizione. Con questo modello di stile, divenuto nei decenni
pratica di scrittura, sono chiamate a confrontarsi generazioni di alunni,
scriventi e scrittori, pronti ad accogliere o a discutere, come fa Carlo Emilio
Gadda, l’idea di sinonimo che su base manzoniana la scuola ha trasformato e
adattato» (così la quarta di coperta).
Arricchito da una preziosa Appendice che offre una nutrita
selezione di testi d’ardua reperibilità, il volume si articola in sette
capitoli. Nel primo (Questione della
lingua, questione della scuola) si ripercorrono le fasi del pensiero
linguistico manzoniano principalmente in rapporto alla questione educativa e al
ruolo della scuola, concepita come condizione indispensabile della
partecipazione del cittadino alla vita democratica della nazione.
Tema del secondo capitolo (Le
intermittenze del canone) la ricezione del verbo manzoniano nella scuola
dei primi decennî dell’Ottocento documentata da antologie, manuali e repertorî,
nei quali, a differenza delle opere poetiche, il romanzo stenta a riscuotere
una plenaria adesione.
In I Promessi sposi, pro e contro si approfondiscono le ragioni di
fautori e detrattori circa l’opportunità di accogliere nelle antologie
scolastiche passi del romanzo, di allestirne edizioni commentate a scopi
didattici e di introdurne in classe la lettura integrale.
Nel quarto capitolo (Lingua
e stile nel canone scolastico) e nel quinto (La grammatica del romanzo) si verifica in maniera puntuale
l’accesso poco meno che trionfale, verso gli anni Settanta dell’Ottocento,
nelle storie letterarie e nel canone delle scuole dei Promessi sposi, la cui lingua diventa modello normativo per gli
autori delle grammatiche scolastiche (a Fedele Parri si deve addirittura un
manuale interamente basato sul raffronto tra le due edizioni del romanzo: La grammatica e la lingua nelle due edizioni
dei Promessi sposi. Libro di testo per ogni ordine e grado di scuole medie, in
conformità delle Istruzioni Ministeriali più recenti): «Ciò che non poté
direttamente il vocabolario — scrive Polimeni — fu possibile grazie alla
lettura e alla discussione dei Promessi
sposi, utilizzati non solo come modello di prosa, ma anche come compendio
di precetti grammaticali visti in atto, paradigma di una lingua viva orientata
sull’uso fiorentino. A dimostrarlo è tra l’altro il fatto che dal romanzo, e in
particolare dalle edizioni sinottiche, prendono spunto le nuove grammatiche per
la scuola, che nell’ultimo ventennio del secolo con obiettivi diversi fanno
ricorso alla pagina manzoniana, e in special modo alla Quarantana».
Il sesto capitolo (L’esercizio
vivo e pieno del linguaggio di tutti) è dedicato al grammatico, scrittore e
parlamentare Luigi Morandi (Todi 1844-Roma 1922), fervoroso propugnatore delle
teorie linguistiche manzoniane (lingua come «esercizio vivo e pieno del
linguaggio di tutti», il cui pieno possesso garantisce l’accesso alla vita
civile) e delle correzioni della Quarantana, il quale «lavora attraverso i suoi
libri, e in particolare l’antologia Prose
e poesie italiane, a realizzare l’idea manzoniana di educazione
linguistica, intesa dal suo punto di vista negli effetti pratici come riduzione
dei “doppioni”, cioè della varietà lessicale ritenuta superflua, in vista del
raggiungimento dell’unità dello strumento espressivo» (Polimeni).
Nell’ultimo capitolo (Il
troppo e il vano della lingua) si dà conto di come il precetto tradizionale
della proprietà linguistica venga
progressivamente connesso ai principî teorici e alla prosa del Manzoni, il cui
scopo — parola di De Sanctis — «è la perfetta similitudine sua [della lingua]
con le cose […]. Ond’ella ti riesce ricca, variata, mescolata di forme e di
accenti, sempre propria e plastica, tale che assicuri la più rapida e la più
evidente trasmissione delle cose ne’ lettori».
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GUALBERTO ALVINO
BIONOTA
Scrittore e critico letterario, Gualberto Alvino si è particolarmente dedicato agli irregolari della letteratura italiana, da Consolo a Bufalino, da Sinigaglia a D’Arrigo, da Balestrini a Pizzuto. Suoi scritti poetici, narrativi, critici e filologici appaiono regolarmente in riviste accademiche e militanti, di alcune delle quali è redattore e referente scientifico. Dirige la collana «Vallecchi / Italianistica» e collabora stabilmente con l’Istituto della Enciclopedia Italiana (Treccani) con recensioni e rubriche.


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