Prometeo: il fuoco e l'ananke (PSICOLINGUISTICA) ~ di Renato Proietti - TeclaXXI
PSICOLINGUISTICA
Prometeo: il fuoco e l'ananke
di Renato Proietti
Superbo e orgoglioso, Prometeo non ne
vuole sapere di sottomettersi al volere di Zeus nonostante il coro delle figlie
di Oceano gli consigli il contrario. Alle Oceanine, sue zie, il titano rivela
che sa che proprio un discendente di Zeus verrà a liberarlo; e rivela anche di
essere a conoscenza di un segreto che potrebbe rovesciare il potere degli dei
olimpici.
Non obbedirà quindi a Ermes, inviato da
Zeus perché riveli questo segreto… “Invano m’importuni, come se ti
rivolgessi all’onda del mare. Mai ti venga in mente che io, per paura di Zeus,
assuma un animo femmineo e con mani supine, a guisa di donne, implori chi tanto mi è inviso di
sciogliermi da queste catene: ne sono del tutto lontano”.
Ad ogni atto di hybris corrisponde
tuttavia una nemesis: non basta che sia incatenato al Caucaso, né che
un’aquila venga ogni mattina a dilaniargli il fegato che ogni giorno gli
ricresce: Prometeo verrà sprofondato nel Tartaro con tutta la rupe cui è
incatenato.
Ma qui siamo già alla fine del “Prometeo
incatenato” di Eschilo: andando con ordine, vedremo che il mito assume
diverse narrazioni nei secoli, e poi diverse interpretazioni. Nella Teogonia di
Esiodo Prometeo è un Titano, figlio di Giapeto, che si schiera dalla parte di
Zeus contro i suoi stessi fratelli per la conquista del dominio dei cieli.
Sprofondati i suoi fratelli nel Tartaro, Zeus invitò Prometeo a governare gli
uomini, pur rimanendo lui stesso “padre e signore degli dèi e degli uomini”: ma
durante un pranzo in un incontro fra dèi e uomini a Mécone, Prometeo suddivise
il bue sacrificato agli dèi in due parti. Una in cui pose tutte le ossa,
abbellita con una copertura di ricchissimo e bianchissimo adipe, che destinò
agli dèi, mentre agli uomini riservò la parte commestibile fatta di carni e
interiora, ricoperta da una pelle repellente.
Il gesto non era certamente casuale:
poiché gli dèi si nutrivano di nettare ed ambrosia, il sacrificio era un
inutile gesto di sottomissione con cui gli uomini si privavano del necessario.
Pure, Zeus si infuriò e inflisse agli uomini una tremenda punizione,
sottraendogli il fuoco, necessario alla tecnica, alle arti, al sopravvivere
alle intemperie, alla nutrizione stessa: ossia a tutte quelle attività
attraverso le quali l’uomo si sottraeva al controllo esercitato dalle forze
naturali.
Prometeo difese ancora gli uomini,
riportando loro il fuoco sottratto nuovamente con l’inganno a Zeus: ma la nèmesis
fu terribile e complessa. Il Titano venne legato, come detto, al Monte
Caucaso, ma soprattutto Efesto venne incaricato, insieme ad Atena, di creare
dal fango una bellissima donna: senza commentarle cito le parole di Esiodo…
“Ammirazione prese gli dei immortali e gli
uomini mortali, come videro il rovinoso irreparabile inganno per gli uomini.
A lei si deve se esiste la funesta razza e
generazione della donne, flagello grande, esse abitano fra gli uomini mortali,
amiche non di lugubre povertà ma di abbondanza (…) così, a sciagura degli
uomini mortali, Zeus tuonante creò le donne, assorte in tristi azioni (…) Non è
possibile dunque ingannare il consiglio di Zeus, né trasgredirlo. Neppure il
benefico Prometeo Giapetionide si sottrasse alla sua pesante ira, ma di
necessità un forte laccio lo imprigiona, lui così abile”.
Da
Esiodo ad Eschilo
Per
Esiodo, quindi, c’è solo un gioco di hybris e nemesis fra il
Titano “che pensa prima” (di agire) e il Dio “dai buoni consigli”: il mito si
fa assai più complesso in Eschilo, che dedica al tema una trilogia della quale
è rimasta documentazione solo del “Prometeo incatenato”. In questa versione, anche
il fratello di Prometeo, Epimeteo (“colui che pensa dopo”) partecipa alla
Titanomachia dalla parte degli Déi. Dopo la vittoria i due fratelli vengono
ammessi ad entrare nell’Olimpo, e Zeus dà a Prometeo il dono di poter forgiare
l’uomo,, che egli creò dal fango ed animò col fuoco, sottratto id nascosto.
Ad
Epimeteo viene invece assegnato il compito di distribuire qualità e dotazioni
fisiche che permettessero la sopravvivenza: ma lo sciocco fratello le distribuì
a caso, e proprio gli umani rimasero privi di qualità: Prometeo rimediò donando
agli umani la memoria, presa da uno scrigno di Atena. In tal modo, guidati
dalla luce del fuoco e potendo imparare dalla propria esperienza, gli umani
iniziarono a distaccarsi dagli Dèi, generando dubbi in Zeus: è a questo punto
che avviene la spartizione al convivio di Mècone. Zeus, spaventato
dall’intelligenza umana, sottrasse allora il fuoco ma Prometeo, con un inganno
e grazie ad Atena, riuscì ad entrare di nascosto nell’Olimpo e a sottrarre con
una ferula il fuoco ad Efesto, riportandolo agli uomini. Sempre più adirato,
Zeus fece allora forgiare ad Efesto una bellissima donna che chiamò Pandora, e che
non era, come in Esiodo, bramosa e seduttrice, quanto curiosa e stolta. Le
affidò un vaso ordinandole di non aprirlo mai e la offrì quindi in sposa ad
Epimeteo che, però, venne avvertito dal fratello di non accettare i doni di
Zeus. Fu allora che si scatenò l’ira del padre degli Dèi con la punizione di
Prometeo: ed Epimeteo, pentito, sposò Pandora con tutte le conseguenze che
sappiamo. I doni di Prometeo si rivolsero quindi contro gli uomini stessi che
iniziarono a scontrarsi fra loro, utilizzando la tecnica del fuoco contro i
nemici.
Il
mito quindi, in Eschilo, assume connotati differenti: il primo che salta agli
occhi è che il fuoco non rappresenta solo la tecnica, ma fornisce all’uomo la
luce, che non solo consente di vedere e quindi conoscere il mondo, ma può
essere inteso come il lume della ragione, della razionalità contrapposta alle
passioni (che sono invece contenute nel vaso di Pandora). Anche Prometeo qui
pensa poco: non è forse quella passione espressa nel brano dal quale siamo
partiti a guidare tutto il suo pensiero? E infatti, nel dialogo con le
Oceanine, nonostante non ne voglia sapere di inchinarsi a Zeus Prometeo ammette
di aver sbagliato, di aver offerto agli uomini “cieche speranze” sfidando gli
Déi: “la tecnica (technè) è troppo più debole della necessità (ananke)”.
Ananke…
la
necessità è intesa, in questo termine, come fato, destino, inevitabilità: e Prometeo,
con questa frase, rivela tutta la
fragilità dell’essere umano. Non si svela come l’eroe positivo, salvatore del
genere umano e liberatore dal giogo della superstizione, come nel corso dei secoli (soprattutto con
l’Illuminismo e poi con il Romanticismo) verrà descritto. Dona sì all’uomo la tecnica, gli dona la luce,
il lume della ragione che darà luogo alla conoscenza scientifica: pure, si
rende conto che sostituirsi agli Dèi nell’affrontare il proprio destino (ananke)
significa nutrire una “cieca speranza”. Eppure non rinuncia alla nobile
battaglia: è come se il suo pensiero si fosse cristallizzato, in un alternare
continuo fra una visione e l’altra. Si
trova in una sorta di dubbio perenne, di pensiero… anancastico, che non
a caso è il termine col quale la psicopatologia fenomenologica definisce il
pensiero ossessivo, ripetitivo, senza una soluzione plausibile. La ragione, il
pensiero, la scienza sono cause di Bene o di Male? E’giusto o non è giusto
sostituirsi agli Dèi?
E’
condannato a un dubbio eterno che lo erode, donando così senso al supplizio
dell’aquila che “erode” il fegato del bilioso Titano.
Arriverà
Platone, nel “Protagora”: a risolvere questo dubbio: Prometeo, come lui stesso
preconizzava, sarà liberato sì dal giogo di Zeus… ma nel frattempo Atena ed
Ermes, sempre dietro il “buon consiglio” di Zeus, avranno insegnato agli uomini
l’arte dell’uso saggio della politica… la sola che può moderare
le passioni umane spingendoli verso la collaborazione e l’edificazione di civiltà.
Civiltà che possano autodeterminarsi, dandosi delle leggi e dei governi “etsi Deus non daretur”, come se Dio non ci
fosse. Ma non sostituendosi al Dio nell’affrontare il fato, il destino, la
necessità… in una parola, l’ananke.
RENATO PROIETTI
BIONOTA
65 anni, psichiatra e psicoterapeuta, a tempo perso attore amatoriale... A tempo pieno marito e padre. Studioso di Scienze della cognizione, dedico il poco tempo libero alla ricerca e alla riflessione epistemologica: coscienza e costruzione dell'identità personale sono i temi che mi appassionano.
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