Sfuggire al buco nero o attraversarlo? (lingua italiana) ~ di Silverio Novelli - TeclaXXI
LINGUA ITALIANA
Fusione di due galassie con due buchi neri supermassicci situati centralmente, circondati da dischi di
gas caldo. I buchi neri orbitano l'uno attorno all'altro per centinaia di milioni di anni prima di fondersi
per formare un unico buco nero supermassiccio. NASA/CXC/A.Hobart, Public domain, da Wikimedia
Commons
Sfuggire al buco nero o attraversarlo?
di Silverio Novelli
La
locuzione buco nero, in àmbito dell'astrofisica e dell'astronomia,
traduce quella originaria inglese black hole. La locuzione black
hole compare nel 1967 in lingua inglese ed è dovuta al fisico statunitense
John Archibald Wheeler (1911 – 2008); in precedenza, si parlava di dark star
('stella oscura') o black star ('stella nera').
La
locuzione buco nero, documentata nell'italiano scritto a partire dagli
inizi degli anni Settanta del Novecento, indica una 'regione
dello spazio che coincide con la fase finale dell’evoluzione di una stella
generalmente di altissima densità', chiamata così perché la luce che si genera
in essa rimarrebbe praticamente intrappolata nel suo campo gravitazionale e
altrettanto accadrebbe a un raggio luminoso diretto verso la sua superficie.
Quindi, nulla può uscire da un buco nero, neanche la luce. Poiché il buco
nero non può essere rivelato direttamente, la sua presenza può essere
dedotta dal moto di altri corpi celesti nelle vicinanze: in questo modo, per
esempio, si è accertata l’esistenza nel nucleo della nostra galassia di un
corpo centrale collassato, molto probabilmente proprio un buco nero,
enorme, la cui massa è stata stimata in 2,5 miliardi di masse solari.
Ai
confini della realtà
La
locuzione, nata nell'àmbito delle scienze astronomiche, è divenuta poi
popolarissima per il fascino della realtà evocata, grazie all'opera di
divulgazione di numerosi famosi scienziati e anche in seguito al successo di
alcuni film di fantascienza, come, per esempio The Black Hole – Il buco nero
(1979), regia di Gary Nelson (con il reboot The Black Hole del 2014,
regia di Joseph Kosinski). Un buco nero ha un ruolo importante in Interstellar
(regia di Christopher Nolan), così come lo wormhole (concetto e
termine dovuti sempre al fisico Wheeler), il ‘buco di verme’ o, detto in
termini scientifici, il ponte di Einstein-Rosen, vale a dire la galleria
spazio-temporale che permetterebbe, tra le altre possibilità, di connettere
punti estremamente distanti nello spazio, nel tempo o nello spaziotempo. Va
precisato che Nolan si avvalse della consulenza del fisico teorico e astrofisico
statunitense Kip Stephen Thorne (1940). La narrativa di fantascienza si è molto
trastullata con le possibilità offerte dai buchi neri, sin dai tempi di The
City and the Stars, 1956 (in italiano, La città e le stelle, prima
edizione nel 1957) di Arthur C. Clarke (1917 – 2008), che ipotizzava un
"sole nero" dal quale era impossibile fuggire; l'idea delle gallerie
spaziotemporali è ormai da decenni un mitologema strutturale di tanta
fantascienza impegnata a declinare in mille varianti itinerari ed effetti dei
viaggi intergalattici. Un soleil noir che annulla il tempo o mette in
connessione visioni lontane tra di loro nel tempo è al centro di numerose opere
dell’artista concettuale francese Laurent Grasso (1972).
Hawking
e Zichichi
A
proposito di buchi neri, vanno senz'altro citati gli studi di una
grande personalità, l'astrofisico e cosmologo britannico Stephen Hawking (1942
– 2018), il quale, nel 1974, aveva teorizzato che questi fenomenali oggetti
spaziali, chiamati buchi neri, si dissolvono nel nulla, grazie alle
«particelle infinitesimali» che gradualmente rubano piccole frazioni di energia
al buco nero, cominciando a eroderlo a partire dai bordi, per poi
sparire: in sostanza, il buco nero non sarebbe senza fondo e alcune
particelle potrebbero riuscire a sfuggirgli. La teoria di Hawking (detta della
“radiazione di Hawking”), discendente dell'astrofisica einsteiniana, destò
perplessità tra molti colleghi. Il fisico italiano Antonino Zichichi (1929)
trattenne a stento lo stupore, dichiarando, nel 1975: «Ed ecco il punto
cruciale: se esistono i “buchi neri”, come dicono gli astrofisici, vuol dire
che il collasso gravitazionale, almeno per le stelle, esiste veramente». Nel
2016 il fisico israeliano Jeff Steinhauer ha confermato l'ipotesi di Hawking,
riproducendo in laboratorio un buco nero acustico in miniatura,
alle soglie del quale una particella veniva risucchiata, un'altra riusciva a
sfuggire. I buchi neri sono stati per molti anni oggetti di interesse
solo teorico. Finalmente negli ultimi anni si sono accumulate prove sulla loro
esistenza. I primi buchi neri a essere identificati in modo convincente
sono stati quelli di massa stellare che si formano come naturale evoluzione
finale di stelle molto imponenti. Oggi sappiamo che è stato identificato il buco
nero stellare più massiccio derivante dal collasso di una stella mai
scoperto nella Via Lattea, grazie alla missione Gaia dell’Agenzia spaziale
europea. In assoluto, Sagittarius A è il buco nero più massiccio al
centro della Via Lattea, con una massa pari a circa quattro milioni di volte
quella del Sole.
Collassare
su di sé
L'idea
della stella che collassa su di sé e tutto fa precipitare in sé, in una sorta
di enorme vortice senza luce, ha determinato il facile passaggio della
locuzione dal significato scientifico agli usi figurati, densi di sfumature
emotive negative. Così il grande cantante lirico italiano Ruggero Raimondi ha
potuto definire il personaggio di Don Giovanni, l'amante seriale: «Don
Giovanni, per me, è una sorta di gran buco nero, uno specchio
riflettente, un'assenza». L'idea di mancanza, assenza, ma anche di trappola,
costrizione, prigione psichica senza possibilità di salvezza, fa scrivere di buco
nero della depressione. Quando si fanno i conti di bilancio, la
metafora dà un'immediata sensazione del baratro in cui si precipita e dal quale
è molto arduo venir fuori: «Mi sono battuto perché le eccedenze comunitarie –
che rappresentano il “buco nero” del bilancio – siano bloccate e quindi
progressivamente ridotte», dichiarò nel 1987 il commissario europeo dell'Italia
Filippo Maria Pandolfi.
SILVERIO NOVELLI
BIONOTA
Silverio Novelli si occupa da molti anni di lingua italiana. Tra le altre cose, ha scritto una grammatica scolastica (a sei mani), un paio di dizionari di neologismi (a quattro mani) e altri testi di divulgazione linguistica (a due sole mani, finalmente, le sue).
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