Adriano Olivetti – Un altro capitalismo era possibile? IV PARTE Laicità e spiritualità (STORIA) ~ di Riccardino Massa - TeclaXXI

 

STORIA

 

Riccardino Massa

 

Adriano Olivetti – Un altro capitalismo era possibile?

 

Parte quarta – Laicità e spiritualità

 

                       Olivetti parla con gli operai nella fabbrica di Ivrea

Una delle domande che da sempre gli storici si sono posti su Adriano Olivetti è se era un uomo religioso e a quale religione appartenesse. Molti suoi detrattori hanno stabilito che la sua unica religione fosse l’industria. A loro si può obiettare che la sua cultura e la sua tradizione famigliare hanno influito sulle sue scelte spirituali. Intanto c’è da chiedersi se dietro alle sue predilezioni non vi sia stata anche l’appartenenza a due tradizioni religiose (padre di famiglia ebraica e madre di famiglia cristiana valdese), ma poi, pensare di racchiudere il pensiero spirituale di Adriano Olivetti all’interno di una unica confessione religiosa mi sembra limitativo. D’altra parte, una risposta alla domanda sulla sua religiosità è lo stesso Adriano a darcela nel primo capitolo intitolato “Le forze spirituali”, del suo terzo libro, che pubblicò poche settimane prima della sua improvvisa morte e che è considerato il suo testamento spirituale. Si tratta del saggio “Città dell’uomo” (gennaio 1960 prefazione di Geno Pampaloni ₁).  I suoi due saggi precedenti s’intitolavano “Il mondo che nasce” e “L’ordine politico delle comunità”.

Ed è proprio nel terzo libro che emergono le intuizioni per la creazione di una nuova società più equa e umana, che partono da una riflessione spirituale.

“Abbiamo scritto nelle proposizioni fondamentali del Movimento Comunità che il nuovo Stato sarebbe organizzato secondo leggi spirituali, e la nostra affermazione non è rimasta astratta”.

In questo testo, l’autore mette in luce quelle che lui chiama “le quattro forze essenziali della spiritualità”, cioè la Verità, la Giustizia, la Bellezza e l’Amore. Per quanto riguarda la Verità, Adriano sostenne che questa significa cultura libera, indipendenza di ricerche e conoscenze scientifiche.

“Ora a noi è dato finalmente conoscere dopo secoli di storia l’opera incalcolabile della Verità, la quale, facendosi strada dalla caligine oscura di un mondo ancora dominato dalla barbarie, ha illuminato di una luce crescente il lento e faticoso cammino dell’uomo. La scienza, indissolubilmente legata ed associata allo spirito della Verità, è stata la prima dispensatrice di ogni bene, perché ha sempre creato il progresso materiale. Dando vita alla tecnica moderna, la scienza ha dato un nuovo corso alla vita ed al lavoro dell’uomo”.

Senza voler mettere in dubbio i grandi progressi che la scienza ha contribuito alla crescita sociale (si pensi agli antibiotici che hanno salvato milioni di vite umane), in questo scritto troviamo nell’autore una adesione acritica nei confronti della stessa attività scientifica. Se vogliamo, ai tratta anche una visione infantile, come è immaginabile che fosse nel dopoguerra, in un momento di massimo sviluppo economico e sociale legato agli anni di pace che si prospettavano eterni dopo la tragedia del secondo conflitto mondiale. È come se la ricerca scientifica e tecnologica rispondesse al solo principio del progresso. Mentre, oggi sappiamo che essa dipende non solo da scelte antropiche che rispondono effettivamente ed eticamente ai bisogni umani, ma anche dagli interessi economici del capitalismo.

Anche sul suo concetto di Giustizia, oggi esprimiamo qualche dubbio, non tanto nella parte dove mette in risalto l’elemento sociale, ma piuttosto quando indica il modello da seguire per giungere ad una vera Giustizia.

“La maggior debolezza dell’ordine europeo nel campo della Giustizia non è da ricercarsi in quelle istituzioni, mentre invece appare troppo evidente nel campo del nostro ordine sociale. Mi è difficile, se non penoso, di dover insistere su una realtà ancora diversa da quella che i popoli nel loro spirito sentono come proprio ideale, mentre altrove, nella grande democrazia d’oltreoceano, un capitalismo creativo, moderno e attivo, guidato da una classe di autentici capi industriali, ha saputo dare alle classi lavoratrici una situazione di responsabili libertà ed un alto tenore di vita dei quali nessun sistema sociale potrebbe mai fare a meno” .

 

Anche questa visione idealista della società americana è stata smentita dalla Storia. Mi pare invece più interessante la sua riflessione su un altro tema: “Il paradigma della invisibile armonia in virtù della quale l’arricchimento di ciascuno avrebbe servito la comunità” . La sua risposta a detto interrogativo diviene invece avvincente, nel momento in cui individua non tanto l’arricchimento individuale come soluzione, ma la capacità di indirizzare tale ricchezza nel perseguimento del bene comune (una qual forma di economia socialista). Semmai, il limite della sua analisi sta ancora nel non individuare quale possa essere il soggetto giuridico regolatore (Lo Stato? La Comunità locale?).

Noi sappiamo che Olivetti aveva in mente un preciso disegno comunitario, che però sarà oggetto di approfondimento in un prossimo articolo.

Invece diventa chiaro e interessante il suo ragionamento, quando ci mette in guardia dai rischi della secolarizzazione:

“Se le forze materiali si sottrarranno agli impulsi spirituali, se l’economia, la tecnica, la macchina prevarranno sull’uomo nella loro inesorabile logica meccanica, l’economia, la tecnica, la macchina non serviranno che a consegnare ordigni di distruzione e di disordine”.

Ciò che mi pare stia alla base del pensiero olivettiano è la sua adesione ai valori del “Personalismo comunitario” di Mounier e Maritain . Questo pensiero viene però ampliato nell’ambito del movimento comunitario, che per Olivetti deve restare profondamente laico. Laico perché alla persona resta l’individualità del pensiero, la propria scelta di vita, il libero arbitrio, insomma, non certamente influenzato da alcun dogma da parte della comunità a cui aderisce.

Su questo tema si apre un grosso capitolo riguardante la concezione comunitaria di Adriano. E nelle sue tesi vediamo una considerazione repressiva dello Stato:

“Questa nuova spiritualità non potrà mai nascere da un uniforme livellamento della vita e del mondo ma, cominciando da un rifiuto motivato e cosciente del potere centralizzato, la molteplicità e l’individualità dell’uomo finalmente libere saranno proiettate nel futuro. L’ordinamento politico non vi rappresenta che un metodo e un mezzo per attuare questi fini. Esso sarà destinato a dare la libertà agli uomini, rispetterà i fini della società, quelli del lavoro, della scienza e della tecnica. “ ₁₀

Non ci troviamo, in questo caso, di fronte ad una critica di sistema, come sarebbe facilmente immaginabile. Ci troviamo, invece, di fronte alla tesi che la società ha la necessità di una guida (non viene messo in discussione il ruolo della borghesia), ma questa non potrà mai essere capace di liberare l’uomo se è centralizzata. L’unità politica può avvenire solo sulla comunanza spirituale di comunità vaste, ma autonome. Si tratta di un principio federalista, che oggi potrebbe sembrare pura utopia in un mondo che risponde a interessi ben superiori a quelli di una comunità, così come era da lui disegnata a metà del secolo scorso.

Tornando agli aspetti spirituali delle sue tesi, possiamo ora dire che nel dualismo tra la città terrestre e la città celeste ₁₁, per Olivetti prevale la prima, ma diventa fondamentale che questo risponda a una gerarchia riconosciuta.

“L’ordine è certamente di potenza divina, perché solo per opera sua può manifestarsi il bello nel numero e nella qualità” ₁₂.

 

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₁ Agenore Pampaloni (Roma 25 novembre 1918–Firenze 17 gennaio 2001) scrittore, giornalista, è considerato uno dei maggiori critici letterari italiani del ‘900.

₂ Adriano Olivetti, Città dell’Uomo, Roma/Ivrea, Edizioni di Comunità, novembre 2015.

₃ - ₄- ₅- ₆- ₉-₁₀ - ₁₂ Ibidem.

₇ Emmanuel Mounier (Grenoble, 1° aprile 1905 – Parigi, 22 marzo 1950) fondatore della rivista Esprit, organo ufficiale delle istanze più innovatrici del movimento cattolico francese. Indirizza la sua filosofia verso un ritorno dell’Umanesimo cristiano in contrapposizione alle tendenze individualistiche del liberismo e al totalitarismo comunista.

₈ Jacques Maritain (Parigi, 18 novembre 1882 -Tolosa, 28 aprile 1973), filosofo e pedagogista, nato da famiglia protestante si converte al cattolicesimo, di posizione antimodernista, sostenitore di un ritorno al Tomismo considera che: “L’educazione umana è parziale perché ha smarrito il senso dell’integrità umana”.   

₁₁ Sant’Agostino, De Civitate Dei.

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 RICCARDINO MASSA

BIONOTA

Riccardino Massa (1956) è nato nel “Canavese” (Piemonte centrale). Dal 1986 al 2020 ha svolto la professione di Direttore di scena al Teatro Regio di Torino. Ha ripreso la regia di Roberto Andò de Il flauto magico di Mozart nei Teatri lirici di Cagliari, Palermo e Siviglia, nonché la regia di Lorenzo Mariani de Un Ballo in Maschera di Verdi e quella di Jean Luis Grinda della Tosca di Puccini, entrambi al teatro Bunka Kaikan di Ueno in Giappone. Ha poi realizzato la messa in scena de L’Orfeo per il festival Casella e recentemente la ripresa della regia di Gregoretti del Don Pasquale di Donizetti al Regio di Torino.

 

 

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