I classici a modo mio - I PARTE (TEATRO) ~ di Dino Finetti - TECLAXXI

  

TEATRO       

 

Dino Finetti

 

I classici a modo mio

Parte Prima


Eugène Delacroix, Faust et Méphistophélès, 1827, Londra, Wallace Collection


SINOSSI



Un anziano signore arrivato alla pensione, a causa di un grave problema agli occhi, non può soddisfare il suo desiderio di dedicarsi alla lettura dei grandi romanzi classici che in precedenza aveva dovuto necessariamente trascurare per mancanza di tempo. Così reinventa, a modo suo, con poche battute di dialogo fra due personaggi, le storie immortali di Don Chisciotte, Robinson Crusoe, Cyrano di Bergerac e Faust.

 

Antefatto

 

 

– Ma davvero non potrò più leggere?

– È troppo pericoloso, Fausto. Con il glaucoma che ti ritrovi, rischi di perdere un occhio. E anche l’altro non è messo molto meglio. L’irrorazione della retina è al lumicino. Il diabete non scherza; non devi affaticare la vista.

– Allora sono spacciato! È la fine! … Contavo proprio sulla pensione per dedicarmi alla lettura e riprendere in mano i libri che per mancanza di tempo avevo lasciato sugli scaffali, a far la polvere, da quando ho trovato lavoro, ormai 40 anni fa.

– Dovrai rinunciarci. Leggere, in queste condizioni, può accelerare il processo degenerativo e portarti alla cecità. Guarda un po’ di televisione, senza esagerare. Vai ai concerti, a teatro, allo stadio per le partite. Fai delle belle passeggiate, ma non attività fisica impegnativa, tipo il ballo o la corsa. In ogni caso, ricordati di non sforzare gli occhi… e non metterti al computer che è micidiale.

– E io che pensavo finalmente di godermi quei romanzi che ho trascurato per tutti questi anni... Volevo anche riprendere a scrivere il diario iniziato ai tempi del liceo… e poi le poesie, le mie passioni, le storie d’amore…

– Quelle le potrai raccontare agli amici al bar, fra una partita di scopone e l’altra…e quanto alla poesia, bada piuttosto a non ridurti come Omero… I romanzi li puoi leggere in edizione condensata, ma non più di mezza pagina al giorno; meglio ancora se ascolti gli audiolibri o gli sceneggiati alla radio. Torna da me per un controllo fra un paio di mesi.

 

Cinico e senza cuore, il mio oculista, era come se mi avesse annunciato una condanna a morte. Avevo sgobbato per 40 anni in un ufficio, sepolto fra cartelle e faldoni, dopo la prematura morte di mio padre, perché ero il maggiore di tre fratelli e la famiglia non navigava nell’oro.

 

Proprio io, Fausto Ghetti, che mi sentivo votato per la letteratura, la storia, l’arte e avrei voluto girare il mondo, ho dovuto invece firmare il patto con il diavolo, per pochi denari, rimanendo ad ammuffire tra le scartoffie, i bolli e i documenti legali nei gironi dell’archivio del tribunale, dove avevo trovato un modesto impiego.

Ma lo stipendio non bastava mai, così, nel resto della giornata, per arrotondare, andavo in giro cercando di recuperare crediti per conto di una compagnia di assicurazione, che mi riconosceva una piccola percentuale se riuscivo a riscuotere dai clienti morosi. Libri, niente... non c’era tempo per leggere. Se la sera prendevo in mano uno dei miei amati romanzi, crollavo dal sonno dopo pochi minuti.

E ora questa mazzata del glaucoma che mi ha compromesso la vista... La mia unica passione, che per necessità ho dovuto mettere da parte, era quella dei libri. Sognavo di godermi il meritato riposo dopo una vita al servizio degli altri, standomene in poltrona con un volume in mano o allo scrittoio a sfornare best seller, come sognavo quando ero studente. Come farò a trascorrere le lunghe, inutili giornate che mi aspettano?

Non posso certo assumere una domestica che mi legga i libri ad alta voce, né posso mettermi a far pratica con il braille, alla mia età; e i romanzi condensati o i “bignami” della letteratura mi fanno orrore.  Il monitor del computer sarebbe letale per i miei occhi, e quindi niente Internet. Gli audiolibri, poi... Sono negato per gli aggeggi elettronici e non mi va di spendere soldi per ascoltare il surrogato di quei classici che possiedo già, integrali, ma che mi è proibito leggere... i classici proibiti... neanche fossero storie piccanti o le memorie di Casanova...

 

Riflettei a lungo sulla mia dannata situazione finché un lieto giorno la mia mente fu illuminata dall’idea che avrebbe ridato senso a tutta la mia futura vita da pensionato.

 

Se i miei poveri occhi non mi consentivano di godere delle meravigliose storie stampate sui libri, rimaneva la fantasia, l’immaginazione; potevo ridare vita ai classici, le cui trame conoscevo solo per sommi capi o di cui potevo leggere solo qualche riga, ricostruendoli di sana pianta, secondo il mio gusto, libero di inventare storie a modo mio, dettandole al registratore, per risentirle o modificarle di nuovo tutte le volte che avessi voluto. Afferrai un volume nella mia biblioteca e lessi qualche frase per ispirarmi.  

           

 


Nella campagna della Mancia vive un povero gentiluomo, appassionato lettore di romanzi cavallereschi. Egli è talmente affascinato dal mondo fantastico descritto nei libri da perdere la ragione: decide di diventare cavaliere errante e di girare il mondo per difendere i deboli e far trionfare la giustizia. Monta a cavallo del suo ronzino e parte all’avventura, portando con sé uno scudiero, l’astuto contadino Sancio Panza...

 

Richiusi il libro e mi abbandonai alla fantasia.                         

 

Don Chisciotte della Mancia

 

Un ossuto gentiluomo di mezza età picchiò alla porta di una sgangherata casupola di campagna.

– Alzati Sancio! È quasi l’alba, dobbiamo partire.

– Mio signore, casco dal sonno e poi non ho ancora fatto colazione.

– Pensi solo a mangiare. Su, poche storie; troveremo qualcosa lungo il cammino. Qualche buon cristiano ci donerà delle uova, un po’ di pane o del formaggio.

 

I due si avviarono. Il maturo signore, alto e secco, con qualche pezzo di armatura addosso, in sella a un cavallo dall’aria patita e fiacca; dietro di lui il contadino basso e panciuto, in groppa a un asino. 

 

– Si è mai visto lo scudiero di un nobile cavaliere accompagnarlo in sella a un vile somaro?

– Mio signore, sono debole, ho lo stomaco vuoto e le mie sole gambe non potrebbero reggere a lungo il peso del vostro scudo e delle armi.

– Di’ piuttosto che sei un pelandrone infingardo, un grassone che ama solo ingozzarsi di cibo. Guarda me, invece: snello, giovanile, pieno di energie. Conduco una vita sana e attiva: un po’ di latte al mattino, con i cereali; un pasto frugale a mezzodì e solo una tisana di sera prima di coricarmi. Ho forza da vendere, sono pronto ad affrontare qualunque prova, ad accorrere in difesa dei deboli contro ogni angheria o sopruso.

– Eh, dite bene voi signore che siete magro per costituzione; io sono sempre stato così come mi vedete, più largo che alto. Appena mi muovo sono in un bagno di sudore; mi stanco subito e devo porvi rimedio con una bella dormita, non prima, però, di aver consumato un’abbondante razione di zuppa, pane, patate, una grossa cipolla e qualche sorso di buon vino.

– La verdura e i carboidrati vanno bene, ma il tuo pasto manca di proteine ed eccedi con gli zuccheri del vino.

Hai mai pensato di rivolgerti a uno specialista per una dieta equilibrata? Carne, formaggio, pesce, uova, verdure, olio di oliva e carboidrati in giusta proporzione: una bella dieta mediterranea è l’ideale per tenersi su e ti calerebbe anche la pancia. Che me ne faccio di uno scudiero flaccido e scansafatiche? Se non dimagrisci non mi sarai di alcun aiuto nelle imprese che ci attendono e non ti guadagnerai il governo dell’isola come ti avevo promesso.

– Avete ragione, cavaliere, ma con il mio peso e le gambe fiacche chi ha voglia di mettersi a correre? E poi il movimento mi mette appetito, così sono costretto a mangiare di più e aumenta anche la sete.

– Sancio Panzone, sei proprio irrecuperabile! È tutta questione di costanza e buona volontà. Un po’ di esercizio fisico tutti i giorni, cibi sani, pasti leggeri e diventeresti un figurino come me.

Ecco, guarda, vedi quei mulini a vento laggiù, con le pale che ruotano veloci come braccia di giganti e paiono volerti sfidare?

– Si certo, li vedo mio signore, ma cosa c’entra?

– Ebbene, passami lancia e scudo e osserva come ogni occasione sia buona per fare esercizio fisico; vedrai con quanta abilità trapasserò la tela bianca, affondando l’asta dal mio cavallo lanciato al galoppo, e nel contempo evitando di farmi colpire dal moto vorticoso delle pale. È un ottimo allenamento giornaliero: richiede più destrezza e agilità di un torneo; meglio della giostra del saracino.

Il cavaliere diede di sprone al cavallo, avventandosi sul primo mulino della fila, ma la lancia si impigliò nella vela. Il prode venne disarcionato e proiettato in aria, piombando a terra rovinosamente dopo un volo di alcuni metri.

– Ohi! Ohi! Che botta!

– Signore, signore, vi siete fatto male? …

 

Più tardi lo scudiero e il suo malconcio signore ripresero il cammino.

 

– Mio signore, la vostra disavventura mi ha convinto che né io né lei siamo in grado di compiere eroiche imprese. Però mi è venuta un’idea migliore.

– Sentiamo.

– Si tratterebbe di lasciar perdere le imprese cavalleresche per dedicarsi invece a soddisfare i bisogni primari dell’uomo.

– Cioè, vuoi dire, lottare per amore della libertà e della giustizia, in difesa dei deboli, per il trionfo del bene, riportando la pace e la tolleranza fra gli uomini? Ma questi sono precisamente gli ideali per cui un cavaliere si batte anche a costo della vita.

– Certo, certo, ma io mi riferivo al dovere di nutrire gli affamati e dar da bere agli assetati.

– Ah, bravo! Come ogni buon cristiano dovrebbe fare.

– Proprio. E per compiere meglio questa missione pensavo che si potrebbe aprire un locale, un’osteria con locanda lungo una strada ben trafficata, ad esempio sulla via per Santiago de Compostela, dando ristoro e sollievo ai pellegrini che si recano verso la santa meta.

– Potrebbe essere una buona idea, ma io non so cucinare.

– Ho pensato anche a questo, mio signore. In cucina ci vedrei bene quella sua dama, a cui lei ha votato il braccio e il cuore.

– Dulcinea del Toboso?

– Proprio quella. È una bravissima cuoca. La sua grigliata di carne è da leccarsi i baffi, ma addirittura leggendarie sono le sue doti di pasticcera: le torte e i dolci fatti in casa sono favolosi. E non dimentichiamo l’inarrivabile talento nella mescita dei vini, tant’è che molti la chiamano Dulcinea del Raboso.

– Potrebbe funzionare, ma occorre un nome, un’insegna che informi il viandante affamato sulla genuinità dei nostri prodotti.

– Che ne dice di “Bon Cosciotto della Mancia – La vera cucina casalinga”?

– Si, ma forse è meglio “Bon Cosciotto qui si mangia”.

– No, no, è meglio esser chiari. Farò io da cameriere, e bisogna ricordare alla gentile clientela il suo primo dovere verso chi gli serve a tavola: mollare la Mancia!  >>> continua >>>

 

  

DINO FINETTI



BIONOTA Nato e residente a Ferrara, si è laureato in musicologia al DAMS di Bologna. Il suo primo libro Mail di cuore, mail d’amore (2008) si è classificato 2° alla IX Edizione del “Premio Niccolini” di Ferrara (2010). Con il suo nome o con pseudonimi (quali Feroce Saladino o Anonimo ferrarese) ha prodotto altri libri ed e-book con la propria, minimale casa editrice (“Flying Dutchman”), fra cui: La città del disamore: piccola storia dell’amore a Ferrara (un dialogo fra un giovane e un misterioso conoscitore dei segreti della propria città) 1a ediz. 2008. Una versione ridotta di questo testo è il copione teatrale Angelica, amore mio! reperibile in rete), La soave ambrosia e la broda dei porci (2009, divenuto l’e-book Mai dire mail), Sei personaggi in cerca d’amore (2011), Pagine in vista (2011, antologia da cui è tratto I classici a modo mio) e altri. 




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