tutti pazzi per la privacy di Margherita Sermonti (lingua italiana)
LINGUA ITALIANA
Brevi cenni sull'origine, la storia e l'uso di alcune
parole o locuzioni, soprattutto in italiano, ma non solo. Una carta d'identità
delle parole che usiamo parlando e scrivendo, da secoli o da pochi anni, dalle
pergamene al web, con esempi tratti da romanzi, poesie, teatro, cinema,
lettere, pubblicità, quotidiani o altro.
Tutti pazzi per la privacy
di Margherita
Sermonti
Sembra un po’ démodé parlare
di privacy in un momento in cui molte persone, in maniera quasi
compulsiva, rendono pubblico ogni attimo della propria vita, indipendentemente
dall’interesse che tale condivisione può suscitare negli altri. Sta di fatto
che c’è ancora qualcuno per cui la privacy
rimane qualcosa di sacro e fondamentale, forse per contrasto. In italiano privacy si pronuncia pràivasi (prìvësi
all’inglese o pràivësi, secondo
la pronuncia angloamericana) ed è un sostantivo usato al femminile.
Il termine deriva dall’inglese private
‘privato’, che a sua volta risale al latino privatu(m) da privu(m)
‘che si trova in una posizione avanzata, isolato’.
Nella lingua inglese, la parola nasce con significato generico verso la metà del XV secolo, mentre con l’attuale significato (‘La vita personale, privata, dell’individuo o della famiglia, in quanto costituisce un diritto e va perciò rispettata e tutelata’, Vocabolario on line, Treccani.it) si afferma agli inizi dell’Ottocento. In Italia fa la sua prima apparizione nel 1951 nel settimanale «Epoca».
Si parla di privacy in riferimento alla nostra vita privata, personale, a un
àmbito che vogliamo preservare e mantenere nella sfera dell’intimità. In linea
di massima, è più facile tutelare la privacy
se non siamo personaggi pubblici, e quindi non siamo oggetto dell’invadente
curiosità altrui. Sono attori e politici, personaggi del mondo dello spettacolo
o sportivi di fama ad avere una vera e propria necessità di difendere la propria privacy, che rischia di non essere rispettata e quindi calpestata o violata.
L’intellettuale e scrittrice
Lalla Romano (1904-2001), nel suo libro di maggior successo, Le parole tra noi leggere (1969),
utilizza il termine per dipingere una piccola fortezza: una sorta di spioncino
attraverso il quale controllare (ed evitare) eventuali invasioni. «Il nostro
piccolo studio diventò la sua camera. Nel compensato che aveva sostituito la
vetrata della porta lui segò uno sportellino, lo muní di cardine e di gancio di
chiusura. Gli serviva per controllare le visite, difendere la sua privacy».
Meglio prevenire che curare: il garante
Oltre al sacrosanto diritto di
essere lasciati in pace, esiste il «diritto di controllare l'uso e la
circolazione dei propri dati personali, che costituiscono il bene primario
dell'attuale società dell'informazione [...], diritto fondamentale delle
persone, direttamente collegato alla tutela della dignità umana, come sancito
anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea» (fonte Garante
per la protezione dei dati personali).
Per dati personali si intendono, oltre
a quelli più scontati come il nome e il cognome, il codice fiscale, il numero
di telefono, una foto, la registrazione della voce, l’impronta digitale, i dati
sanitari o bancari, ecc. Una diffusione incontrollata di queste piccole tracce della
nostra sfera privata può avere effetti molto nocivi, rappresentando un
rilevante pregiudizio per l'interessato.
Il Garante per
la protezione dei dati personali - GPDP (meglio conosciuto come Garante per
la privacy) è un organo collegiale costituito
da quattro membri eletti dal Parlamento, che rimangono in carica per un mandato
di sette anni non rinnovabile. È un'autorità amministrativa indipendente istituita
dalla cosiddetta “legge sulla privacy” (legge 31 dicembre
1996, n. 675, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
trattamento dei dati personali).
Come si
legge nel sito, i compiti del GPDP
sono definiti dal Regolamento (UE) 2016/679 e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196), adeguato alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 tramite il Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, oltre che da vari altri atti normativi
italiani e internazionali.
Nel 2022 questa autorità
amministrativa indipendente, in occasione dei 25 anni di attività, ha tracciato
un bilancio, anche in considerazione della trasformazione della privacy come
conseguenza dell’evoluzione della tecnologia e delle esigenze sociali emergenti:
«Dal 1997, anno di nascita del Garante e di entrata in vigore della normativa
sulla protezione dei dati, ad oggi, molte cose sono cambiate: siamo passati
dalla carta all’identità digitale, dalle file allo sportello all’home banking,
dagli album di foto alle gallerie sullo smartphone e sui social. E il Garante
ha dettato alla Pubblica amministrazione, alle imprese, alle piattaforme
digitali, ai gestori telefonici e ai Social le misure necessarie per proteggere
i dati personali nella vita reale e nella dimensione digitale. In questi pochi
anni il diritto alla privacy è diventato cruciale per le nostre vite e ci ha
reso sempre più consapevoli del valore dei nostri dati e della necessità di
proteggerli» (25
anni di Privacy in Italia. Dalla distanza di cortesia all’algoritmo).
Salute, IA e privacy
Senza entrare nel
complicatissimo mondo in cui la tutela della privacy incontra (o si
scontra con) il digitale e lo sviluppo tecnologico, occorre soffermarsi anche sull’implicazione
del trattamento di dati personali relativi alla salute in rapporto appunto alla
privacy degli interessati. È ormai risaputo che nella prevenzione e nelle
valutazioni molti i medici si affidano sempre più spesso all’algoritmo, come evidenzia
anche Marzio Bartoloni nell’articolo Intelligenza artificiale, un medico su
quattro usa l’algoritmo per le diagnosi (ilSole24ore.com).
Tuttavia, anche per l’uso di tecniche
di IA per motivi di interesse pubblico in ambito sanitario sarà necessario prevedere
«uno specifico quadro normativo, che individui misure adeguate a tutela dei
diritti, delle libertà e dei legittimi interessi degli interessati. Nel
rispetto del quadro normativo di settore, il Garante ha inoltre sottolineato la
necessità che, prima di effettuare trattamenti di dati sulla salute mediante
sistemi nazionali di IA, sia svolta una valutazione d'impatto allo scopo di
individuare le misure idonee a tutelare i diritti e le libertà dei pazienti e
garantire il rispetto dei principi del Regolamento Ue sulla privacy» (Cure
e intelligenza artificiale: la privacy e il rischio dell’algoritmo che
discrimina, ilSole24ore.com).
A proposito di IA, il Garante il
29 gennaio 2024, ha
notificato a OpenAI, società che gestisce la piattaforma di intelligenza
artificiale ChatGPT, l’atto di contestazione per la violazione della privacy.
MARGHERITA SERMONTI
BIONOTA
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