Nell'arte di Buster Keaton: l'avanguardia diventa comicità (CINEMA D'ANTAN) ~ di Lorenzo Manfridi - TeclaXXI

 

CINEMA D'ANTAN

Lorenzo Manfridi

 

  Nell’arte di Buster Keaton l’avanguardia diventa comicità 



immagine fornita dall'autore

 

Buster Keaton, in quanti hanno sentito questo nome? Qualcuno sicuramente sì, qualcun altro probabilmente no. Ma sono certo che tutti almeno una volta abbiano visto l’immagine di un suo film, la scena di una sua incredibile caduta, una foto del suo famigerato volto. Buster Keaton, uno dei comici e dei registi più importanti della storia del cinema. Ma anche uno dei più grandi stunt man di sempre. Gli stunts di Keaton, difatti, sono tutt’oggi tra i più famosi della settima arte, tenendo ben presente la totale assenza di effetti speciali a inizio Novecento. Possiamo dire che il più grande effetto speciale del cinema keatoniano fosse non usare effetti speciali.

La sua scuola: il vaudeville. Il suo insegnante: il padre, Joe Keaton, a detta di Buster: “il più grande cascatore che abbia mai visto”. Ed è proprio durante i primi anni del vaudeville che Buster, da bambino, imparò un’altra importante lezione: intuì fin da subito che, se non avesse riso dopo aver fatto un balzo di tre metri, avrebbe aumentato la comicità del numero garantendosi così maggior successo. Keaton a riguardo ebbe a dire: “Per tutta la vita mi sono sempre sentito felicissimo quando gli spettatori guardandomi mi chiamavano poveraccio.” Il pubblico non doveva ridere con lui, ma di lui, e questa sarà la legge su cui si poggerà tutta la comicità di Keaton, nonché la sua più famosa caratteristica che lo iscriverà fra i grandi della Storia del cinema con l’etichetta di “faccia di pietra”.

Ma come scrivo nel mio libro da cui prendo il titolo: “Buster Keaton, il clown avanguardista” (96, Rue de-La-Fontaine Edizioni), Keaton è stato anche un grandissimo regista, il più moderno della sua epoca, il più avanguardista, per l’appunto, degli anni Venti. Per il suo rapporto con gli oggetti venne definito un dadaista. Un rapporto infantile, come se Buster venisse a contatto per la prima volta con gli strumenti del quotidiano: gli oggetti più banali vengono usati in tutti i modi tranne che in quello appropriato, cambiando continuamente funzione. Buster sfrutta tutto quello che ha a disposizione per costruire delle gag, come un apriscatole, e noi ci sorprendiamo nel vedere quante cose possa fare un apriscatole nell’universo keatoniano; oltre ad aprire una scatola. Keaton è un inventore, non solo di oggetti di piccole dimensioni, ma anche di case, barche, navi o treni! E Buster, da bravo dadaista, distrugge il “mondo normale”, quello noioso che conosciamo tutti, e lo ricompone a suo piacimento, seguendo le proprie regole, le proprie leggi, creando qualcosa di assolutamente mai visto. Il suo universo è anche piatto e bidimensionale, tutto il disordine rappresentato è rinchiuso all’interno dell’inquadratura, anzi, è rinchiuso all’interno di un circuito, e tutto quello che esce dal circuito, scompare, cessa di esistere. Nel suo universo vive solo quello che si muove dentro l’inquadratura, a patto che Buster riesca a vederlo. I personaggi nei suoi film seguono delle traiettorie: vediamo Buster e gli altri percorrere lo schermo seguendo delle rette ben precise; una simmetria talmente forte e incisiva che ricorda quella di un regista contemporaneo che ha basato tutto il suo cinema su questa legge: Wes Anderson. Buster Keaton e Wes Anderson: due registi che potremmo definire “geometri dello schermo”. Ma Keaton venne definito non solo un dadaista, ma anche un surrealista! I surrealisti erano dei grandissimi fan di Keaton, tanto da considerarlo un vero e proprio mito. Ma non era intenzione di Keaton essere definito un surrealista o un dadaista, in realtà, come ha sempre detto, lui voleva solamente far ridere giocando con lo strumento cinematografico, niente più.  




Questo non toglie che il sogno sia centrale in molti dei suoi film. Spesso e volentieri possiamo coglierlo nel suo dormire, come se fosse un bambino, e proprio come un bimbo, al personaggio di Buster capita di addormentarsi un po' ovunque: che sia su un campo da golf, su una barca o su un palcoscenico. Buster si addormenta per fuggire dalla sofferenza che sta provando in quel determinato momento. Ma il sogno, nel cinema di Keaton spesso si tramuta in incubo, dove incombono assassini, tempeste, inseguimenti frenetici, e il risveglio, di conseguenza, appare dolce e rassicurante.

L’apoteosi avanguardista di Keaton viene raggiunta però nel 1924, con un film (il film!): Sherlock Jr. Senza che Keaton lo sapesse e senza che molti lo sappiano ancora oggi, questo titolo (una sequenza in particolare) ha cambiato la storia del cinema. La trama ci presenta Buster nelle vesti di un proiezionista ma che in realtà, triste del suo lavoro, vorrebbe diventare un detective, uno Sherlock Holmes dei suoi tempi. Ed è proprio sul posto di lavoro che Buster, tanto per cambiare, si addormenta. Inizia la magia: improvvisamente, vediamo distaccarsi dal suo corpo la sua stessa sagoma, trasparente, come se fosse il suo fantasma, ma altro non è che il Buster del mondo onirico che abbandona temporaneamente quello del reale, esce dalla sala proiezioni e si dirige verso la platea, ma non prima di aver preso il suo inseparabile cappello pork pie. Buster si unisce agli altri spettatori in platea a guardare il film, ma sullo schermo, inaspettatamente, viene mostrato a tutto il pubblico proprio la trappola che l’antagonista poco prima gli aveva teso e che lo aveva portato ad essere esiliato dalla famiglia della ragazza amata. Ed è proprio lei che ora, sotto gli occhi di Buster e di tutti gli spettatori, viene quasi obbligata a baciare l’antagonista. Di certo il nostro protagonista non può starsene a guardare mentre la donna che ama viene molestata: Buster allora si alza dalla platea ed entra letteralmente dentro lo schermo, diventando parte del film che poco prima stava guardando come uno spettatore qualunque; e tutto avviene mentre il vero Buster continua a dormire appoggiato al proiettore! Entrando dentro lo schermo cinematografico Keaton cambia irreversibilmente il cinema: è la prima volta nella storia di questa giovane arte che succede qualcosa del genere; un’idea del genere avrebbe potuto concepirla un cineasta d’avanguardia e non un attore di Hollywood. Esattamente come accadde nel teatro due anni prima, nel 1921, con Pirandello e il suo Sei personaggi in cerca d’autore, Buster Keaton nel 1924 inventa il meta-cinema, quantunque, ancora una volta, il suo obiettivo fosse soltanto far ridere. Ma lasciamo che la magia continui! Appena Buster varca la soglia dello schermo assistiamo a ben nove cambi scena, uno dietro l’altro: Buster ora in un giardinetto di casa, ora per strada, ora sul ciglio di un burrone, ora in mezzo a due leoni (veri), ora in una fossa in mezzo al deserto, ora seduto su uno scoglio in riva al mare, ora immerso nella neve di una montagna e infine, torniamo al giardinetto iniziale. Per molto tempo i cameramen di tutta Hollywood cercarono di capire come fosse stata realizzata questa sequenza, resa possibile, in realtà, grazie all’operatore Elgin Lessley, che in precedenza aveva lavorato con Keaton al visionario cortometraggio The Playhouse. Dopo i nove cambi scena, la macchina da presa, dalla platea si sposta delicatamente in avanti, verso lo schermo, fino ad entrarci dentro: da questo momento vedremo solo quello che Buster sogna.




Sherlock Jr. è un film mai ricordato quanto meriterebbe. Un grande omaggio lo fece Woody Allen (grande fan di Keaton) con La rosa purpurea del Cairo del 1985, dove i personaggi fuori controllo invece di entrare, escono dallo schermo. Girando quella sequenza Keaton non era conscio di quello che stesse facendo e a cosa avrebbe portato: in fondo, si tratta pur sempre del più grande avanguardista inconsapevole della storia del cinema.

Consiglio al lettore di vedere questa meravigliosa sequenza (cfr. qui sotto) e assistere alla creazione del cinema, grazie a un uomo, Buster Keaton, che non si rendeva mai conto delle imprese che realizzava, fosse anche l’impresa di valicare fisicamente i confini del cinema.


                         Versione integrale rimasterizzata del film SHERLOCK JR. (durata: 44:06'). La scena citata da Lorenzo Manfridi inizia al minuto 18:38'.



LORENZO MANFRIDI


BIONOTA
Lorenzo Manfridi scrive di cinema su blog e riviste di settore. Diplomato presso l'Officina teatrale delle arti Pier Paolo Pasolini, ha recitato in diversi spettacoli di registi quali Maurizio Scaparro, Claudio Boccaccini, Walter Pagliaro e Armando Pugliese. Dopo la laurea al DAMS dell'Università Roma Tre, ha proseguito i suoi studi all’Università di Tor Vergata concentrandosi sul cinema muto, in particolare quello comico americano.


Commenti