Testimonianze di resurrezioni - III. Tiresia e sua figlia Manto II parte (NARRATIVA) ~ di Ksenija Skliar - TeclaXXI
NARRATIVA
Testimonianze di resurrezioni
III. TIRESIA E SUA FIGLIA MANTO
II PARTE*
di Ksenija Skliar
Là, nel Distretto dei Laghi, da anni sonnecchiava un drago benefico
della centrale nucleare. Nelle sue viscere ogni giorno s’addentravano uomini e
donne, più o meno giovani. Tra loro Tiresia, ingegnere nucleare, e suo marito, ugualmente
ingegnere nucleare. Una piccola città cresceva ai piedi del gigante. Fino all’anno
del grande crollo: il drago, giudicato più pericoloso che utile, fu soppresso.
La piccola città iniziò a morire prima di essere invecchiata. Tiresia divenne
postina e suo marito elettricista in un villaggio di laghi placidi circondati
da salici piangenti. Ogni sconfitta può essere tramutata in liberazione,
pensava Tiresia. Per lui il crollo significava solo declino. E dov'era la
figlia? Quell'anno aveva 10 o 12 anni. Non avevo detto che fossero arrivati
tutti e tre, giovani genitori con una figlia? Sbagliavo. Manto era cresciuta,
fino a quell'anno, altrove. Ma dove?
Il padre di Manto era sparito a febbraio per riemergere in qualche comunità di sedicenti vecchi credenti e contrarre matrimonio con una tizia cinquantenne, madre di tre figli adulti, reduce da quattro matrimoni. Tiresia, sollevata, si tagliò i capelli quasi a zero e si rivelò nuova. Diceva, sorridendo, che quell'uomo sarebbe ricomparso tra qualche mese, affranto e miserabile, a chiedere dei soldi. A maggio il santone fu arrestato e la comunità sciolta. L'uomo, affranto e miserabile, si rifugiò in casa di sua madre. Proprio in quei giorni Manto incontrò la sua vipera, una sola, una vipera-zitella, nel giardino inselvatichito tra la casa e il lago: l’animale sfiorò con la sua lingua gli stivali di gomma di Manto e sparì.
Gli
anarchici, i briganti dei canneti cercavano di resistere alla marea rossa che
veniva dalla terraferma. Finché un avo del babbo fuggiasco non vendesse il
capo, il Cavallo Screziato, agli uomini con la stella rossa in fronte. E il
mondo cascò a pezzi, e le erinni della steppa spiccarono il volo. La gente
restò immobile, inscalfibile, invincibile, a difendersi, come nei secoli
precedenti, tra il mare che sembra un campo arato e la steppa che sembra un
oceano di desolazione. Ad aspettare la disfatta del traditore, a sperare nella
liberazione miracolosa dell’uomo simile ad un cavallo screziato. Alcune donne,
dopo la guerra, negli anni Cinquanta, giuravano di averlo visto, il brigante
martire, al mercato, per un attimo solo, di averlo subito riconosciuto, di essere
state da lui riconosciute, senza cenno né parola.
Un
traditore non ha mai pace, non sa stare fermo nemmeno un attimo. Se si sofferma
davanti ad una fontana, davanti ad un gatto che si stiracchia con gli occhi
beatamente socchiusi, o alza lo sguardo per seguire il volo delle rondini,
dentro di lui scoppiano mille vulcani, la rabbia mai sopita è pronta ad
annientare tutto intorno, maledire l’acqua che zampilla, la grazia sprezzante
felina e la seta nera degli uccelli. Vuole che tutto intorno a lui fosse sia un
folle movimento senza meta, una fuga disperata verso l’orizzonte inesistente,
vuole rompere ogni tazzina di porcellana, perforare ogni palloncino colorato,
tappare ogni bocca.
Chi
è capace di star fermo non ha paura degli occhi dell’Altissimo, chi sa
respirare a pieni polmoni si affida a Colui che soffia dove vuole. Chi sa star
fermo, chi accarezza la corteccia di un albero, ha ancora speranza di vincere
la paura. Un uomo traditore corre e salta come una lepre dagli occhi globulari
bianchi di terrore, traccia arzigogoli in cerca di nascondigli, senza trovarne
uno, intorno trova solo pianura, gelida o torrida, senza fine. La prole che
genera, anch’essa correrà. Per due o tre generazioni il torrente di quel sangue
velenoso li trascinerà, ma sempre con meno vigore. E qualcuno ne uscirà.
Ne usciva
Manto, con dolore e pianto muto se ne liberava, e se è ancora in vita, spero
stia sulla buona strada.
KSENIJA SKLIAR
BIONOTA Sono Xenia, nata nel 1979. Preferisco la grafia meno ridondante del mio nome, quella con la X. La mia vita è fatta di continui scambi e cambiamenti, complice il percorso di studi in linguistica e filologia, che assicurano la serenità dei cronotopi interiori che custodisco: gli ultimi, velocissimi, anni dell’URSS, i faticosi anni Novanta nella giovane e verde Prussia Orientale, e il secolo XXI, pervaso dal Trecento, a Siena. Allo stesso modo, scambi e cambiamenti, refusi e risemantizzazioni rendevano sempre vivi e vegeti bestiari, vite dei santi, romanzi cavallereschi e altre storie, sempre vere, del Medioevo.
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