GIACOMO MATTEOTTI: Nel centenario del delitto - di Ivonne Begotti (storia)

 

 

STORIA

Ivonne Begotti

NEL CENTENARIO DEL DELITTO 

Giacomo Matteotti: una vita intensa, oltre i limiti del tempo



Il 10 giugno 2024 ricorre il centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, compiuto da squadristi fascisti capeggiati da Amerigo Dumini, con il pieno consenso di Mussolini, che ne rivendicò in seguito pubblicamente la responsabilità, nella sostanziale immobilità del parlamento, del re e del paese, dopo un’iniziale apparente indignazione. Diverse iniziative sono state promosse in varie città (si veda, in particolare, https://www.centenariomatteotti.it/). Nuove pubblicazioni si sono aggiunte alle precedenti per ricostruire la figura d’un uomo di grande cultura e d’intensa moralità, che ha dimostrato uno straordinario senso civico nell’arco della sua intera esistenza. Sindacalista, giornalista, penalista, segretario del Partito Socialista Unitario, deputato, antifascista: le ragioni per celebrare quest’anniversario sono tante. Le sue scelte coraggiose, i suoi scritti e i suoi ideali meritano di essere, oggi, conosciuti e valorizzati. Al riguardo, si segnala la mostra Giacomo Matteotti (1885 –1924). Una Storia di tutti, visitabile a ingresso libero presso il Palazzo Roncale di Rovigo dal 5 aprile al 7 luglio, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con la collaborazione della Direzione Generale Archivi–Archivio di Stato di Rovigo, della Direzione regionale Musei Veneto, del Comitato Provinciale per il Centenario di Matteotti, della Fondazione studi storici “Filippo Turati” e con il patrocinio del Comitato Nazionale per le Celebrazione del centenario della morte di Giacomo Matteotti.

Il curatore è Stefano Caretti, ovvero uno dei principali studiosi del grande polesano, che ha inteso creare «un racconto per immagini e documenti, con lo scopo di sottrarre la figura di Giacomo Matteotti all’astratta rappresentazione del martire e restituire la corposità della sua presenza reale nei luoghi, nelle umane relazioni, nelle scelte ideali e culturali, che lo videro operare dalla sua appartata periferia polesana per giungere alle esperienze ai vertici della politica nazionale». Oltre al personaggio pubblico, ciò che viene delicatamente presentato è «il Matteotti privato, le sue letture, la passione personale e familiare per la musica, il fondamentale rapporto con la moglie Velia e la famiglia». Osservando le foto d’epoca e i documenti spesso inediti, ciò che emerge è la straordinaria levatura politica, morale e culturale di un uomo che s’è impegnato in difesa della libertà e della democrazia, contro le degenerazioni populistiche e violente, per oltre vent’anni. In tanti momenti, si avverte la sorprendente attualità del suo pensiero. L’insistenza sui temi della scolarizzazione delle masse popolari e della difesa della pace al fine di costruire uno stato in grado di garantire sviluppo sociale anche ai ceti più poveri caratterizzano sia le sue battaglie nel Partito Socialista sia le sue riflessioni teoriche.

Volendo approfondire, si possono leggere i cinque volumetti pubblicati da PISA University Press nel 2022 e curati dallo stesso Stefano Carretti insieme a Jaka Makuc: Matteotti si racconta. La famiglia, gli studi, la politica. Raccogliendo una selezione di pagine tratte dalle opere e dall’epistolario matteottiani, essi offrono succintamente del materiale significativo e, allo stesso tempo, permettono una gradevole lettura. A cent’anni dalla scomparsa, molti pensieri rimangono attuali.

 

Matteotti fu uomo di profonda cultura, dedito fin da giovanissimo a uno studio consapevole e vocazionale […] Laureatosi a Bologna nel 1907 con una tesi in diritto penale (ancora oggi studiata e apprezzata), il suo relatore prof. Alessandro Stoppato lo immaginò al suo fianco in università; ma la passione politica di Matteotti lo costrinse ad abbandonare l’accademia per ritrovare nella lotta socialista la propria ragione di vita. Eppure, anche negli anni più duri dello scontro politico, seppe sempre riservare un po’ di tempo alle proprie passioni più intime: la lettura dei grandi classici in lingua (Shakespeare soprattutto; ma anche lo stesso Marx, in tedesco), l’amatissima opera lirica (il cognato Titta Ruffo fu tra i più grandi baritoni dell’epoca), le mostre d’arte e l’amore per i viaggi.[1]

 

 Provenendo da una famiglia agiata, Giacomo avrebbe potuto gestire le sue proprietà, godendosi le sostanziose ricchezze; invece, fin da giovane, si è prodigato per il bene comune. Laureatosi brillantemente, sarebbe potuto rimanere all’università, ma vi ha rinunciato per diffondere «quelle “idealità civili” che […] ha difeso fino al sacrificio della sua vita[2]».

In realtà, la passione per lo studio l’accompagna per tutta la vita. Quand’è alla Camera dei deputati trascorre ore nella biblioteca a raccogliere dati, statistiche, saggi critici, a partire dai quali costruisce i suoi discorsi e le proposte di legge. La contrapposizione alle violenze fasciste passa attraverso il suo stesso modo di essere: pacifico, ragionevole, dialogico. Secondo alcuni storici, egli è stato ucciso non solo per aver denunciato i brogli elettorali, ma anche per i risultati delle sue ricerche in merito alla corruzione del governo fascista nella concessione petrolifera della Sinclair Oil: con numerosi dati e documenti alla mano, l’11 giugno 1924 avrebbe dovuto riferire alla Camera che grosse tangenti erano state versate ai capi del governo in cambio del monopolio per l’estrazione petrolifera in Italia,[3] ma il rapimento e l’assassinio del 10 giugno non glielo permisero. Umberto Merlin, compagno di classe di Giacomo al Liceo Classico «Celio» di Rovigo e in seguito suo amico ma avversario politico (in quanto esponente del Partito Popolare), ha scritto di lui: «Aveva intelligenza pronta ed ingegno non comune, seria competenza che gli derivava da uno studio indefesso, solida preparazione nelle discipline economiche e finanziarie».[4]

Sul settimanale socialista polesano «La lotta» del 25 settembre 1920, Matteotti aveva pubblicato un articolo dal titolo Per le scuole elementari, che è un accorato appello su cui riflettere tuttora:

 

Ai compagni, alle organizzazioni, ai maestri, agli amministratori. […] L’istruzione elementare nella nostra Provincia è trascurata in maniera vergognosa. In dieci anni, mentre la popolazione è aumentatissima e la domanda d’istruzione si è diffusa nella popolazione non sono state istituite nuove scuole che in proporzione di una ogni sette. Per conseguenza abbiamo oggi questo fatto che i due terzi dei nostri maestri elementari devono insegnare a oltre cinquanta alunni per ciascuno, un buon terzo insegna a oltre settanta alunni, e vi sono quasi cinquanta maestre costrette a impartire lezione a oltre cento fanciulli.[5]

 

Quando viene eletto alla Camera dei deputati, combatte dure battaglie per migliorare l’istruzione del popolo. Il suo desiderio di conoscere e di trasmettere le conoscenze emerge in varie lettere. «Il difficile, quello che non si crea in poco per quanto si faccia è quella cultura generale, quella saturazione dei principi socialisti, quella attitudine della mente a presto apprendere e ritrovarsi[6]». Oppure: «Io il Natale l’ho passato leggendo il Corano, non mi sono però convertito a Maometto[7]».

Durante la Prima guerra mondiale, non viene arruolato poiché i suoi fratelli sono morti e lui è rimasto l’unico figlio accanto alla madre vedova; viene però costretto a tre anni di confino nei pressi di Messina, in conseguenza delle sue posizioni antimilitariste. Anche durante questa esperienza, la sua personalità rimane inalterata, come è testimoniato dall’epistolario: «Per strada ho insegnato la tavola pitagorica al mio asinaro! […] Con un certo riguardo mi trattano sempre, e studio. Ho anzi esauriti tutti i libri […] Lo studio, specialmente quando è fattivo, è come un gioco che occupa e diletta […] Nello studio solo è il mezzo per levarsi dalla miseria della vita militare».[8]  

Nel 1922 racconta all’amata moglie Velia Titta: «Qui a Roma non è un lavoro; è una lotta mortale di vita, di gruppi, di partiti, d’interessi. Pochi ne intendono forse la gravità estrema. Tutto è nell’incerto, e non è possibile abbandonare il campo. Si può e si deve resistere […] Pare che tutti abbiano piacere della sconfitta in pieno del socialismo; eppure, non ne rimangono sconfitti i difetti, ma la civiltà medesima[9]».

Questa tenacia nel lottare in difesa dei principi della civiltà è un monito alle coscienze in ogni luogo e tempo. La passione per la conoscenza e la cultura della pace sono indispensabili oggi, non meno di cento anni fa. Ripercorrere dopo oltre cent’anni le tappe decisive dell’intensa esistenza di Giacomo Matteotti è come ritrovare mani tese in amicizie che salvano, al di là del tempo.

 


[2] Aldo Forbice (a cura di), Matteotti Buozzi Colorni, Milano, FrancoAngeli, 1996, p. 28.

[3] Cfr. Benito Li Vigni, Le guerre del petrolio, Roma, Editori Riuniti, 2004; Mauro Canali, Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna, Il Mulino, 2004; Renzo de Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere (1921-1925), Torino, Einaudi, 2019.

[5] Giacomo Matteotti, «La Lotta», Rovigo, a. XXI, n. 39, 25 settembre 1920, p. 3.

[6] Lettera n. 22 di Matteotti a Manlio Bonaccioli del 23 maggio 1913, in Stefano Caretti (a cura di), Giacomo Matteotti. Epistolario 1904-1924, Pisa, Pisa University Press, 2012, p. 58.

[8] Ibidem, p. 87, 25, 29, 30.

[9] Stefano Caretti e Jaka Makuc, Giacomo Matteotti. Democrazia e fascismo, Pisa, Pisa University Press, 2021, p.137.


IVONNE BEGOTTI 


BIONOTA Ivonne Begotti. Laureata in Filosofia all’Università di Pisa, ha conseguito master in Didattica, Didattica della letteratura, Biblioteconomia e Archivistica all’Università La Sapienza di Roma.

Docente in varie scuole secondarie di secondo grado, ha curato i volumi Sognarsi in volo e ER: studenti in prima linea. È iscritta al dottorato di ricerca alla Ecole Doctorale Pratiques et Théories du Sens de l’Université Paris 8 in cotutela con l’Università di Parma per il dottorato in Musicologia.

Commenti

  1. Grazie a Ivonne Begotti per questo scritto che fa veramente palpitare il cuore a chi, come me, ha avuto nonni e padre che ne parlavano tanto, non sapendo, in quel momento, quasi niente della terribile storia che c'era dietro alla sua uccisione!! "erano tempi infernali", diceva il mio cattolicissimo nonno, "erano tempi difficili da vivere", rispondeva mio padre con tono rassegnato!! Ma niente di più e siamo dovuti arrivare alla scuola superiore per conoscere e amare il pensiero di questo uomo!! Grazie all'autrice anche della esaustiva bibliografia!
    Gabriella Minarini

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    1. Grazie per una scrittura chiarissima e sentita. Esuastiva come detto nel precedente commento.Secolo scorso ,quello appena passato questo che ricomincia con il peggio degli intenti e delle azioni degli uomini.Che neanche si accorgono come un certo modo di fare di rapportarsi,porta verso ol buio. Eppure sarebbe facile guardarsi e capirsi,seppur diversi.Proprio ora confermo le mie parole.Parlavo con il mio"amore"di una tragedia che ci ha travolto.E invece di starci vicino alleviare il dolore,ci si stronca.No,non va bene.FedericaLorusso

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