Imaziɣen (ⵉⵎⴰⵣⵉⵖⴻⵏ): dalla dicotomia semantica alle pratiche culturali e ambientali - di Mustafa Marchych (etnolinguistica)

ETNOLINGUISTICA

Imaziɣen (ⵉⵎⴰⵣⵉⵖⴻⵏ): dalla dicotomia semantica alle pratiche culturali e ambientali 

di Mustafa Marchych


Berbero o Amaziɣ (
ⴰⵎⴰⵣⵉⵖ)?

Sebbene i termini berbero e Amaziɣ siano spesso usati in modo intercambiabile quando ci si riferisce alle popolazioni indigene del Nordafrica, le due denominazioni celano sottili sfumature di significato e le radici storiche che le distinguono. Il primo affonda le sue radici nella parola greca barbaros, con la quale i greci e i romani indicavano chiunque fosse straniero o avesse tratti culturali e linguistici distinti. In seguito, è stato adottato in arabo come al-barbar per indicare le abitanti autoctoni del Maghreb.

 

Nonostante l’uso diffuso nei testi accademici e storici, il termine “Berbero” trascina con sé il peso dei legami coloniali e delle categorizzazioni esterne considerate offensive e dispregiative (Boussayer, 2021; Tahiri, 2022). In effetti, molti berberi e intellettuali berberi prediligono il termine Amaziɣ (plurale: Imaziɣen (ⵉⵎⴰⵣⵉⵖⴻⵏ)), che deriva dalla loro lingua madre e significa “Uomo libero”. Questo termine si inserisce in un impegno e tentativo volto a rivendicare e affermare la propria identità ed è usato per riferirsi non solo alle popolazioni ma anche alla famiglia linguistica, che abbraccia diversi dialetti locali come Tarifit, Tamazight e Tashelhit (Corallo & Varde, 2023).

La dicotomia tra i termini Berbero e Amaziɣ non è esclusivamente semantica, ma riflette questioni più profonde di identità, auto-rappresentazione e politica: mentre Amaziɣ è riconosciuto come un simbolo dell’orgoglio indigeno e della rinascita culturale, il Berbero è visto come un'etichetta obsoleta e imposta che non riflette accuratamente l'identità delle persone che presume di rappresentare.


Radici storiche e identità: le origini degli imaziɣen

Nonostante la scarsità di testi sulle origini degli imaziɣen, il rilievo dato alla loro storia dalle fonti greche, romane, ebraiche e cristiane indica il riconoscimento della loro lunga presenza e importanza nella storia nordafricana (Blench, 2012).  Le loro origini risalgono all’antichità e sono strettamente legate alla diffusione dello stile di vita neolitico in tutto il Nordafrica, segnalando una precoce dispersione della comunità Amaziɣ nella regione (Militarev, 2022). Una ulteriore conferma è dovuta ai reperti archeologici che dimostrano come gli imaziɣen fossero presenti già dall'anno 10.000 a.C. nell’area che si estende dall'oasi di Siwa, situata vicino ai confini tra Egitto e Libia, fino alle isole Canarie nell'Oceano Atlantico e dalla costa meridionale del Mediterraneo alle regioni settentrionali del Mali, del Niger e del Burkina Faso (Brett & Fentress, 1996).

Nel corso dei secoli, gli imaziɣen hanno interagito con varie civiltà a causa delle conquiste esterne, da quelle puniche, greche e romane a quelle arabe del VII secolo e alla colonizzazione francese e spagnola, mantenendo la propria identità e resistendo alla completa assimilazione (Chaker, 2013), soprattutto attraverso il recupero della propria lingua e tradizioni (Modéran, 2010; Hollands, 2014).


Tamaziɣt (ⵜⴰⵎⴰⵣⵉⵖⵜ): lingua madre e oggetto di controversie

La lingua Tamaziɣt (ⵜⴰⵎⴰⵣⵉⵖⵜ) appartiene alla vasta famiglia linguistica Camito-Semitica, o Afro-Asiatica – come definita dal linguista americano Joseph Greenberg (1966). Questa lingua, tradizionalmente parlata piuttosto che scritta, rappresenta un elemento fondamentale del patrimonio linguistico e culturale della regione (Ennaji, 1997). La questione sulla scrittura è stata oggetto di controversie e rimane tuttora un tema di dibattito. Se da un lato il Tifinaɣ (ⵜⵉⴼⵉⵏⴰⵖ), evoluzione dell’antica scrittura libico-Tamaziɣt, è stato ufficialmente designato nel 2003 come alfabeto standard per la codifica di tale lingua, e tuttora è impiegato da diverse comunità nel sud dell’Algeria, Libia, Mali, Niger, Burkina Faso e Marocco, dall’altro coesiste con altri due sistemi di scrittura: quello latino e arabo. Mentre i sostenitori del latino affermano che tale scelta favorirebbe l’integrazione globale, quelli dell’arabo ritengono che semplifichi la codifica della lingua e acceleri l’apprendimento. Sebbene la decisione sia stata presa più di due decenni fa, il dibattito e la contrapposizione su quale standard debba essere utilizzato non si sono ancora placati. Tuttavia, un segnale di progresso sembra emergere, poiché negli anni Dieci del XXI secolo si è assistito al riconoscimento della Tamaziɣt come lingua ufficiale in alcuni Paesi, come il Marocco nel 2011 e l’Algeria nel 2016. Attualmente, tale lingua è parlata da milioni di persone nella regione del Nordafrica, e gli sforzi per preservarla e promuoverla continuano attraverso l’istruzione, la letteratura e le iniziative culturali (Ennaji, 1997). Inoltre, questo rinnovato interesse per la lingua e la cultura coincide con un consolidamento di nuove forme letterarie e con uno spazio maggiore persino nell’uso scientifico (Hamdan & Kessar, 2023).

Custodi della tradizione: pratiche culturali e ambientali

La comunità Amaziɣ, in particolare in Marocco, è rinomata per il suo ricco patrimonio culturale, che comprende una varietà di pratiche e costumi tradizionali che si sono mantenuti per secoli. Queste tradizioni riguardano molti aspetti della loro vita quotidiana, tra cui l’agricoltura, la medicina e l’alimentazione. Queste tradizioni non solo riflettono il loro patrimonio, ma promuovono anche uno stile di vita sostenibile. Le pratiche agricole e la tutela dell’ambiente derivano da un profondo rispetto per la terra. Gli agricoltori imaziɣen del bacino di Argan hanno perfezionato a lungo l'agroforestazione per contrastare l'erosione del suolo e mantenere l'equilibrio ecosistemico. Questa antica pratica non solo sostiene i mezzi di sussistenza, ma incarna anche la coesistenza di imaziɣen e natura (Haddou et al., 2022).

Al centro della cultura Amaziɣ risiede la conoscenza e la comprensione dell'etnozoologia come patrimonio sacro di guarigione. Tra gli imaziɣen del Rif (zona settentrionale del Marocco), questa conoscenza assume una dimensione mistica, che combina le proprietà terapeutiche della fauna locale con rituali magici e religiosi volti a ripristinare l'equilibrio fisico e spirituale (Haddou et al., 2022). Dai rituali di guarigione mistici sulle montagne del Rif ai trattamenti pratici per le malattie quotidiane, la medicina tradizionale rappresenta un approccio olistico al benessere che colma il divario tra il fisico e il metafisico.

Le diete Amaziɣ si basano su un'economia semi-autarchica e mettono in evidenza il ruolo cruciale delle donne nel preservare le pratiche alimentari tradizionali. Queste pratiche includono la conservazione dei semi della biodiversità e la diffusione delle conoscenze sul cibo e sulle piante medicinali. Al centro di questo patrimonio culinario si trova l'albero di argan, componente essenziale della dieta e della cultura Amaziɣ, a ulteriore dimostrazione dell'uso sostenibile delle risorse naturali da parte della comunità e l’indipendenza economica delle donne (Hoffman, 2020).

Nell’aspro territorio della provincia di Driouch, le comunità Amaziɣ utilizzano le loro vaste conoscenze etnobotaniche per navigare nella complessa rete del mondo naturale. Dalle erbe che profumano l'aria alle piante medicinali che punteggiano il paesaggio, gli imaziɣen possiedono una comprensione intima della flora locale e delle sue proprietà medicinali. Questa conoscenza non solo serve da base per la medicina tradizionale, ma sottolinea anche l'impegno della comunità nella protezione dell’ambiente e garantisce la preservazione della biodiversità.

 

Riferimenti Bibliografici

Blench, R. (2012). Linguistic and archaeological evidence for Berber prehistory. Ms. http://www. rogerblench. info/Archaeology/Africa/Berber% 20prehistory202012.

Boussayer, A. (2021). Gender and Number Marking in Amazigh Language. International Journal of Linguistics and Translation Studies2(1), 91-106.

Brett, M., & Fentress, E. (1996). The berbers. (The Peoples of Africa). Blackwell.

Chaker, S. (2013). Origine (s) berbère (s): Linguistique et préhistoire. Encyclopédie berbère, (35), 5819-5844.

Corallo, L., & Varde, A. S. (2023). Optical Character Recognition and Transcription of Berber Signs from Images in a Low-Resource Language Amazigh. arXiv preprint arXiv:2303.13549.

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Hamdan, J. M., & Kessar, S. (2023). Language Policy and Planning in Algeria: Case Study of Berber Language Planning. Theory and Practice in Language Studies13(1), 59-68.

Hoffman, K. E. (2020). Archival Ethnography in the Customary Courts: Legal and Linguistic Pluralism under French Protectorate. Hespéris-Tamuda55(2), 77-93.

Hollands, S. (2014). A correlation analysis of low-level conflict in North African Berber groups, 1990-2011. Georgetown University.

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Militarev, a. (2022). reconstructing a cultural lexicon for pre-history: Berber zoonyms of Afrasian (Afro-asiatic) origin. Asian & African studies (13351257), 31(1).

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Tahiri, N. (2022). Herausforderungen und Perspektiven der Wortschreibung: Tarifit auf Facebook und das Standard-Amazigh im Vergleich. Glottotheory13(2), 111-142.

Zouhir, A. (2014). Language Policy and State in Morocco: The Status of B erber. Digest of Middle East Studies23(1), 37-53.

MUSTAFA MARCHYCH

 


BIONOTA 

    Mustafa Marchych è dottore di ricerca e teaching assistant presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Svolge le sue ricerche nell'ambito di Pedagogia Generale-Sociale e di Pedagogia Sperimentale. I suoi interessi di ricerca sono rivolti in particolare all’intersezione tra genere ed etnia, all’inclusione, nonché alle teorie e ai modelli dell’empowerment.


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