QUANDO IL CANAVESE ERA UN PO' FRANCESE I E II PARTE di Riccardino Massa (storia)

 STORIA

QUANDO IL CANAVESE ERA UN PO' FRANCESE I E II PARTE 

di Riccardino Massa 


PRIMA PARTE 







Quando il Canavese era un po' francese 

- FINE I PARTE -


STORIA


Riccardino Massa

Quando il Canavese era un po' francese

Seconda parte

Il ritorno dei francesi

Nei territori canavesani la vittoria austro-russa contro alle truppe francesi durò poco perché dopo un breve periodo era tornato in Francia Napoleone dopo la campagna d’Egitto. Si prospettò una nuova invasione della penisola italiana. Naturalmente i territori nordoccidentali del Piemonte furono i primi a vedere ritornare i francesi all’inizio del nuovo secolo, perché questa volta, a differenza della prima campagna d’Italia (l’azione bellica nella prima invasione si era concentrata sulla costa ligure), l’armata giunse dal passo del San Bernardo ed il primo grande scontro con le truppe imperiali avvenne a Châtillon in Valle d’Aosta. Poi, il 24 e 25 maggio del 1800, dopo aver superato con uno stratagemma il forte di Bard, i francesi entrarono in Ivrea prima che il generale austriaco Von Melas riuscisse a trasferire lì i rinforzi.

Come fece durante la glaciazione il ghiacciaio che scavò la valle d’Aosta riversando il terreno verso la pianura creando la Serra d’Ivrea, così a quel punto fece Napoleone che si trovò a riversare le sue truppe velocemente nella pianura Padana. Il suo obbiettivo strategico a questo punto, diventò Milano (nella città i francesi giunsero il 2 giugno) passando da Vercelli, ma una parte dell’esercito napoleonico scese l’area canavesana con al comando il generale Lannes.  Nel giro di qualche mese la situazione cambiò drasticamente in favore dei francesi che giunsero con la battaglia di Marengo il 14 giugno a far desistere Von Mélas, il quale firmò l’armistizio il giorno successivo, 15 giugno. Questo accordo prevedeva che gli austro -russi si ritirassero oltre il Mincio. Dal 14 giugno 1800, sul Piemonte e quindi sul Canavese tornava a sventolare la bandiera tricolore francese.

I dipartimenti creati dai francesi, il Canavese nella sua quasi totalità faceva parte del Dipartimento della Dora

Naturalmente ancora una volta tra la popolazione ci furono i favorevoli ed i contrari, ma il 22 settembre 1800 (1° vendemmiaio) iniziarono i grandi festeggiamenti per la rinascita della Repubblica.

Ogni nuovo invasore, fosse un controrivoluzionario oppure un rivoluzionario, nel momento della sua occupazione ordinava che nelle chiese fosse officiato il Te Deum.  Ogni invasore si accreditava di fronte ad una popolazione credente cercando di addolcire la pillola della sua invasione, lo faceva ordinando Messe ed orazioni, sperando in questo modo di essere meglio accettato dalla popolazione stessa. Lo fecero gli austriaci con il loro ritorno in quei pochi mesi precedenti, lo hanno fatto i francesi.

E così si volle festeggiare la vittoria a Marengo da parte francese.  Molti parroci si adeguarono, altri si opposero, come per esempio il parroco di Nole, Piero Burla che in tal caso si rifiutò di farlo 1, forse anche per rappresentare il sentimento della maggioranza dei suoi concittadini contrari alle truppe napoleoniche.

Si creò dal 16 giugno del 1800 la Repubblica Subalpina con Capitale Torino.

Visto che nel periodo precedente alla controrivoluzione russo-austriaca era stato indetto un referendum per l’annessione diretta alla Francia (come descritto in altro articolo di questa rivista), una delle prime domande che sorgono spontanee è quella di chiederci come mai non perseguire tale obbiettivo unificante con la nazione francese.

In realtà furono gli stessi francesi a frenare. Se poco più di un anno prima i transalpini avevano annunciato senza mezzi termini la volontà annessionistica, questa volta i francesi si trovarono nell’opportunità politica di contraddire il loro precedente obbiettivo. Almeno nell’immediato preferirono evitare di essere considerati alla pari degli asburgici che avevano manifestato la volontà di rioccupare territori a loro precedentemente sottratti. Gli austriaci non avevano fatto mistero di avere mire espansionistiche sul territorio del Piemonte Sabaudo.  Fu lo stesso Bonaparte che preferì nell’immediato soprassedere ad una politica annessionistica francese, concedendo al Piemonte una autonomia già sperimentata nella Repubblica Ligure ed in quella Cisalpina.

Questa Repubblica aveva un’estensione abbastanza ridotta, circa 26.000 chilometri quadrati, divisa amministrativamente in 6 dipartimenti, il potere esecutivo, dopo Marengo fu dato in mano ad una commissione straordinaria di governo del Piemonte, (in realtà abbastanza sottomesso ai francesi) composta da: il Conte Giuseppe Cavalli d’Olivola, il Conte Filippo Avogadro di Quaregna, il Canonico Innocenzo Maurizio Baudisson, il Giudice Vincenzo Botton di Castellamonte, l’Avvocato Felice Brayda, l’ Avvocato Pietro Gaetano Galli della Loggia, l’ Avvocato Stefano Giovanni Rocci. Fu poi istituita una “Consulta” con potere legislativo composta tra l’altro da Giuseppe Carlo Aurelio di Sant’Angelo, Carlo Stefano Giulio, Carlo Giuseppe Guglielmo Botta. Dopo appena un anno, nell’aprile del 1801, questi poteri decaddero per lasciare il posto ad una amministrazione militare. In quel periodo venne creato anche un simbolo rivoluzionario. La coccarda patriottica. Un tricolore che invece di usare il bianco (ritenuto un colore filo monarchico) si sostituì con l’arancione che era già stato utilizzato nella bandiera della Repubblica di Alba, creata nel 1796.

Il periodo di pacificazione francese durò anch’esso poco più di un anno. In una prima fase la pacificazione fu imposta con la forza militare. Il generale Jourdan2 assunse il titolo di amministratore generale del Piemonte, impose subito regole ferree minacciando ad ogni municipalità, che in caso di disordini si sarebbe dovuto proceduto ad incendiare i paesi insorti. Inoltre introdusse la Ghigliottina come metodo per risolvere le pene capitali. A Torino, nei 14 anni successivi, vennero giustiziati con questo metodo più di 400 condannati a morte. 

Questo governo militare provvisorio ebbe termine con la definitiva annessione del territorio piemontese alla Francia nel settembre del 1802.  

Gli albori dell’Impero

            L’annessione alla Francia fù la premessa per la nascita in terra piemontese dell’Impero Napoleonico.  

            Con il colpo di Stato del 18 brumaio, Napoleone Bonaparte si recò nell’aula degli anziani e dalla tribuna pronunciò il suo discorso:

“La repubblica periva: voi lo avete saputo e il vostro decreto l’ha oggi salvata…Non si cerchino nel passato esempi che potrebbero ritardare la marcia! Niente nella Storia assomiglia alla fine del decimottavo secolo; niente nella fine del decimottavo secolo somiglia al momento attuale. La vostra saggezza ha emanato questo decreto; le nostre braccia sapranno eseguirlo. Vogliamo una Repubblica fondata sulla vera libertà, ve lo giuro in nome mio e in nome dei miei compagni d’arme”

Questo fu l’inizio anche nel Piemonte Nord – Occidentale di un processo di fusione con lo Stato francese. 

            Nel numero precedente di questa rivista abbiamo accennato che il Piemonte ed il Canavese restarono, anche se per un breve periodo in mano ai controrivoluzionari.  Abbiamo visto nel precedente capitolo che le comunità rurali del Canavese inviarono i loro contingenti ad ingrossare la Massa Cristiana controrivoluzionaria. In una relazione inviata a Brianҫon il 20 maggio del 1899 sulla situazione piemontese veniva detto:

“Partout les Patriotes ont péri sous le fer des assassins. Les Prêtes et les moines sont à la tête des rebelles, et la croix d’une main le sabre de l’autre, prêchent par tout la mort aux français et aux patriotes.”

La controrivoluzione aveva determinato ruberie da parte delle masse rurali inferocite, messo in fuga svariati rivoluzionari e chi non aveva trovato rifugio nella fuga insieme alle truppe francesi in ritirata era stato arrestato.  

La riconquista francese

Ora, è chiaro a tutti che la presa del potere in Francia da parte di Napoleone Bonaparte, la sua ridiscesa in Italia passando dalla valle d’Aosta con la riconquista dei territori canavesani e la conseguente liberazione dei prigionieri politici, non fece altro che far cadere quelle che potevano essere le riserve sull’annessione francese da parte della galassia rivoluzionaria canavesana.  

Dopo la battaglia di Marengo, Napoleone seppe dare al Piemonte un governo stabile ed in solide mani .

Mentre i giacobini piemontesi tirano un sospiro di sollievo per il ritorno in campo dei francesi, non si può certo dire la stessa cosa per le grandi masse contadine. Se l’epicentro delle nuove rivolte è l’astigiano non si può non ricordare che anche in Canavese riprendono i disordini un po' ovunque.

Ad Ivrea principalmente con un attacco contro ai francesi il 13 ed il 15 di gennaio del 1800, che si risolse con una sconfitta dei contadini armati. Ciò avvenne non solo nel capoluogo eporediese bensì anche in svariati Comuni del territorio canavesano (Caluso, Carema, Settimo Vittone, Montaldo, Lessolo, Pavone, Rueglio, Chiaverano, Issiglio). Certo in questi scontri i francesi non andarono per il sottile, reprimendo nel sangue le rivolte. Oltre alla repressione da parte nel nuovo potere costituitosi, venne ricercato però anche un consenso   da parte della popolazione attraverso elargizioni. Sapendo che in questa condizione di estrema povertà qualcuno avrebbe potuto cedere a lusinghe di tipo economico, vennero offerte delle taglie pari a 250 lire se si faceva la spia e si consegnavano ai francesi chi aveva operato contro la Repubblica Si cercò anche di persuadere i contadini che le Alpi non erano mai state un confine politico, ma solo fisico. Lo provava il fatto stesso che la capitale del ducato precedente al regno fosse a Chambéry prima di diventare Torino. I francesi iniziarono a sostenere il fatto che i Piemontesi erano sempre stati cittadini di Francia. Naturalmente questa lettura della Storia non faceva i conti coi secoli precedenti e con le trasformazioni socio politiche che avvennero dopo il trasferimento della capitale a Torino. Ma, per il Generale Jourdan, sembrava che la Storia si fosse fermata alla nascita del Ducato di Savoia nel 1416, non riconoscendo e trascurando tutto ciò che avvenne dopo a quella data, compreso il trattato di Ultrecht del 1713 che riconosceva al Ducato la dignità di regno.

Il 26 nevoso secondo il calendario repubblicano francese (che restò in vigore dalla fine del 1793 sino al 1805) corrispondente al 15 gennaio 1800, il generale Jourdan firmò un editto con il quale parlò ai piemontesi e nel quale tra le altre cose riporta:

“Riflettete, che la vostra posizione topografica, i vostri costumi, ed il vostro coraggio vi rendono i naturali alleati dei francesi.”

Il 23 giugno del 1800, Napoleone assume una decisione storica che avrà ripercussioni anche di natura urbanistica. Intanto decide che la maggior parte dei forti presenti in Piemonte venisse demolito, tra questi, molti collocati in montagna con le bocche da fuoco rivolte verso il territorio francese. Non doveva più esserci il rischio che le truppe austriache si ricollocassero nel territorio prendendo possesso dei forti. Questa decisione implicò spesso anche l’abbattimento delle mura che avvolgevano città e borghi (A volte anche con grande perdita della testimonianza storico urbanistica). Le città ed i borghi dovevano perdere la caratteristica di fortilizi e diventare delle comunità borghesi aperte verso l’esterno e non più rinchiuse in se stesse.

Il 25 marzo 1802, con il trattato di Amiens, il Piemonte verrà poi ufficialmente riconosciuto dalle altre potenze come parte integrante del territorio francese, ma non dobbiamo pensare che la situazione fosse pacificata nelle campagne. Alla ribellione iniziale dei contadini, che aveva avuto anche motivazioni di tipo religioso legata alla visione anticlericale di buona parte dei giacobini, ora si sostituiva una ribellione con caratteristiche più classiste. I contadini erano la maggior parte della popolazione canavesana e su di loro pesavano condizioni di povertà e miseria. Dobbiamo pensare che la guerra su queste terre ormai era vissuta dal 1792 e le condizioni economiche erano via via peggiorate. In questi anni oltre alle frequenti invasioni di eserciti stranieri che razziavano il patrimonio, le comunità locali si erano impoverite per il fatto di dover sostenere le spese per il mantenimento delle truppe, fossero queste francesi oppure austro-russe, oltre naturalmente al fatto di veder ridurre i frutti del lavoro con cali anche notevoli della produzione agricola.

Questo dato di povertà e miseria diede vita a ribellioni contadine. Una forma di brigantaggio. Alcuni gruppi andarono in giro per il Canavese pronti anche a sgozzare gente.

- FINE II PARTE -

NOTE

₁ Archivio di Stato di Torino, Sezioni riunite, Atti in materia finanziaria dell’amministrazione francese (1798- 1814), miscellanea, Mazzo 1798, n. 181

₂ Jean Baptiste Jourdan – Limoges 29 aprile 1792, Parigi 3 novembre 1833- Arruolatosi nella Guardia nazionale nel 1789 fu eletto tenente colonnello nel 2° battaglione della Haute- Vienne. Fece parte del Consiglio dei 500. È stato generale francese, combatté in svariate battaglie in Europa, gli fu affidata la guida dell’Armata del Danubio forte di 38.000 effettivi. Tentò di opporsi al Colpo di Stato del 18 Brumaio e per questo fu allontanato (9 novembre 1799) Dopo un periodo da Borghese, visti i suoi meriti militari fu proprio Napoleone a richiamarlo nel Giugno del 1800, lo nominò ispettore di fanteria e cavalleria, in di ambasciatore nella Repubblica Cisalpina e Amministratore Generale del Piemonte. Nel 1806 venne inviato come Governatore della città di Napoli dove si legò in amicizia con Giuseppe Bonaparte (Fratello maggiore di Napoleone) che fu re di Napoli fino al 1808. Indi lo seguì in Spagna. Mantenne ruoli importanti anche dopo la Restaurazione.

₃ Emile Ludwing – “Napoleone” febbraio 2000 – Fabbri Editore Nuovo istituto di Arti Grafiche di Bergamo, pag. 112

₄ Archivio di Stato di Torino, Carte di epoca francese, Lettera dal Consiglio supremo al Sig. Cavaliere Braida, Giudice di Castellamonte del 17 luglio 1799

₅ Argomento già trattato in un numero precedente della rivista “Canaveis”

₆ Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie giuridiche, Editti a Stampa, mazzo 97, raccolta di leggi, proclamazione, decreti pag. 39


RICCARDINO MASSA


BIONOTA

Riccardino Massa (1956) è nato nel “Canavese” (Piemonte centrale). Dal 1986 al 2020 ha svolto la professione di Direttore di scena al Teatro Regio di Torino. Ha ripreso la regia di Roberto Andò de Il flauto magico di Mozart nei Teatri lirici di Cagliari, Palermo e Siviglia, nonché la regia di Lorenzo Mariani de Un Ballo in Maschera di Verdi e quella di Jean Luis Grinda della Tosca di Puccini, entrambi al teatro Bunka Kaikan di Ueno in Giappone. Ha poi realizzato la messa in scena de L’Orfeo per il festival Casella e recentemente la ripresa della regia di Gregoretti del Don Pasquale di Donizetti al Regio di Torino.


Commenti