In attesa della ristampa di un fondamentale glossario gaddiano (parte I) ~ di Gualberto Alvino (CRITICA LETTERARIA) - TeclaXXI

CRITICA LETTERARIA



Gualberto Alvino

 

In attesa della ristampa

di un fondamentale glossario gaddiano

Parte Prima

 * La seconda parte sarà pubblicata da TeclaXXI il 16 ottobre 2024

     In questa sua ennesima fatica gaddiana[1] (ricordiamo, fra i molti contributi in rivista e in volume sul prosatore lombardo, Fiorentino antico e vernacolo moderno in «Eros e Priapo», Invenzioni lessicali gaddiane e Gadda. Storia linguistica italiana) il linguista Luigi Matt allestisce — in assenza, si badi, d’un dizionario storico del dialetto capitolino e dovendo quindi riferirsi a più di trecento autori dell’altro secolo, in gran parte malnoti persino agli specialisti di letteratura dialettale: ciò dia la misura dell’impresa — un lessico completo dei romaneschismi presenti nella redazione definitiva del Pasticciaccio (oltre quattrocento lemmi rispetto alle «poche decine di parole o locuzioni finora considerate dagli studiosi», non senza forti abbagli interpretativi), nonché un glossarietto di quelli contenuti nella sua prima stesura (apparsa in «Letteratura» nel 1946), confutando la tesi dei critici più autorevoli, tra cui Paola Italia ed Emilio Manzotti, secondo cui Gadda si ispirerebbe direttamente al modello dell’amatissimo Giuseppe Gioacchino Belli, non allevando alcun intento mimetico del parlato plebeo. Matt dimostra, invece, che i bellismi non superano la ventina e le parole estranee all’uso del poeta romano oltrepassano il centinaio: «non ci sono quindi dati sufficienti — precisa l’Autore — a far parlare di una matrice belliana. […] tra il modello di Belli e il romanesco novecentesco è il secondo a guidare molto più spesso le scelte di Gadda. Un’ulteriore riprova si ha verificando il trattamento di quelle parole che nei Sonetti si presentano in una variante diversa da quella che poi si sarebbe affermata in romanesco. A fronte di un paio di casi in cui nel Pasticciaccio si riproduce la fonetica belliana, […] per una dozzina di parole l’opzione di Gadda è per la fonetica postbelliana […]. E anche quando le differenze tra il romanesco belliano e quello novecentesco riguardano la semantica, la scelta ricade sul significato moderno». Inoltre, «le forme e i fenomeni dialettali rintracciabili nella versione definitiva (per la quale, come si sa, Gadda si è servito della consulenza del principale poeta romanesco del tempo, Mario Dell’Arco), sono, in larghissima maggioranza, propri del parlato della Roma dei primi decenni del Novecento (ricordo che la vicenda è ambientata nel 1927), e che [i] dialoghi, in particolare, appaiono come rappresentazioni sostanzialmente verosimili del modo di esprimersi dei personaggi messi in scena». Scoperta a dir poco sensazionale, destinata a seminar scompiglio in più d’un distretto dei Gadda studies.



     Ma il Nostro è analista troppo raffinato e prudente per non essere ben consapevole dei rischi annessi a una tale operazione. A parte le molte identità tra romanesco e italiano dovute alla toscanizzazione del primo verificatasi a decorrere dal xvi secolo — ciò che impedisce spesso di «tracciare sicure linee di demarcazione» —, la parola gaddiana, caratterizzata da accesa espressività e da una prismatica molteplicità di registri e punti di vista, rende oltremodo arduo cogliere la romaneschità di molti termini. Ecco alcuni esempî dei criterî di selezione (dai quali si evinca l’acuzie e l’estrema cautela del critico):

 

Ci si può chiedere come vada interpretato il participio passato untato, che ricorre due volte nel romanzo. Il verbo untà è accolto [nel Dizionario romanesco di Fernando Ravaro, Roma, Newton & Compton, 1994], che ne riporta un’attestazione del poeta settecentesco Benedetto Micheli. Ma è legittimo sospettare che questa forma, di cui non sono note altre tracce in romanesco, non sia mai stata davvero in uso nel dialetto, che conosce invece le forme ontà e ogne. Bisogna inoltre considerare tre fatti: a) a Gadda era certamente ignota l’attestazione di Micheli, dato che il poema La libertà romana acquistata e defesa era ai tempi della composizione del Pasticciaccio ancora inedito; b) il verbo è utilizzato nel romanzo in passi impostati su un registro letterario piuttosto elevato; c) la forma si ritrova in altri testi gaddiani, dove il romanesco non ha nulla a che fare. Per tutti questi motivi sembra quindi opportuno non inserire la parola nel glossario. (pp. 14-15).

Un maledetto imbroglio: il commissario Ingravallo nella versione cinematografica de Quer pasticciaccio brutto di via Merulana
Regista e protagonista: Pietro Germi (fotogramma del film)

Anche il verbo abbadare non va interpretato come romanesco (anche se nel dialetto è corrente), dato che il contesto («per abbadare dietro alle belle») è assai simile a vari passi di altre opere gaddiane in cui il romanesco non ha luogo; del resto, abbadare dietro è locuzione sconosciuta al dialetto (ma non all’italiano: è registrata in Tommaseo-Bellini 1865-1879, con la seguente definizione: «perdere il tempo in cose meno importanti di quel che si deve, oziare, bighellonare»). (p. 15);

Per quanto riguarda zebedei, vocabolo non estraneo al romanesco (dove però è poco frequente, e certamente molto meno comune di cojoni), la forma adottata induce ad escludere che Gadda lo usi in quanto romanesco (l’unica grafia possibile in dialetto è zebbedei, e nel Pasticciaccio il raddoppiamento di b intervocalica è rappresentato sistematicamente); anche il contesto, d’altronde, non è dialettale (la frase «levatecelo un po’ dagli zebedèi questo missionario del cacchio» è attribuita ad immaginari indigeni africani). // Un caso interessante, perché mostra con tutta evidenza una difficoltà data dalla peculiare prosa gaddiana, è quello di intorcolare ‘attorcigliare’ («un cioccolatinone verde intorcolato alla Borromini»), verbo indicato in gradit come romanesco, ma che in realtà è del tutto sconosciuto al dialetto. Il fatto che la voce sia registrata in quel dizionario a partire proprio dall’attestazione gaddiana chiarisce ogni dubbio: si tratta evidentemente di una neoformazione, la cui presenza in un romanzo così densamente permeato di dialetto ha tratto in inganno i lessicografi. (pp. 15-16).

 

 

      [1] Luigi Matt, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Glossario romanesco, Roma, Aracne, 2012.


GUALBERTO ALVINO


BIONOTA

Scrittore e critico letterario, Gualberto Alvino si è particolarmente dedicato agli irregolari della letteratura italiana, da Consolo a Bufalino, da Sinigaglia a D’Arrigo, da Balestrini a Pizzuto. Suoi scritti poetici, narrativi, critici e filologici appaiono regolarmente in riviste accademiche e militanti, di alcune delle quali è redattore e referente scientifico. Dirige la collana «Vallecchi / Italianistica» e collabora stabilmente con l’Istituto della Enciclopedia Italiana (Treccani) con recensioni e rubriche.

 

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