Il gran Nutrione (I parte) (NARRATIVA) ~ di Luigi Ananìa - TeclaXXI


NARRATIVA

 



dominio pubblico


Luigi Ananìa

Il  gran Nutrione


Parte Prima*

 

Daniele Bati era un uomo sulla sessantina ma sembrava sempre di mezz’età, come suo padre che era sembrato per tutta vita un uomo di cinquant’anni. Come il padre aveva un colore dei capelli che non era biondo ma del colore della paglia e della consistenza di setole. Sia da vivi che da morti lui e il padre erano uomini setolosi, con il pelame simile a quello del maiale ma con una forte inclinazione verso il colore giallo. Il giallo era dappertutto nel loro essere, anche l’anima doveva essere gialla   e di un giallo pallido diventavano gli oggetti che entravano in loro possesso; tutto quello che maneggiavano con il tempo diventava giallo, era una certezza. Tutte e due avevano avuto per tutta la vita il desiderio di avere un castello ma mai lo ebbero. Daniele all’età di trenta anni, quando il padre morì, acquistò una casa di pietra da cui si vedeva un castello e ci andò a vivere con Alberta, una donna trovata nelle sue incursioni in riviera. Alberta era una scarmigliata allevatrice di maiali e ogni mattina andava nel suo allevamento di maiali davanti al mare; anche lei con il passare degli anni accanto a Daniele diventò una donna dalle tonalità giallastre ad eccezione della chioma di ricci selvaggi e neri. Di Daniele si innamorò all’istante e lo guardava con lo sguardo entusiasta senza i cali di passione che avevano avuto le altre donne che erano state con lui e che a un certo punto   pensavano che era un uomo attraente ma insipido, un essere senza sale; difatti sembrava che le sue idee e i suoi sentimenti sbiadissero sulla superficie gialla della sua persona.

                                                                           Foto CC0 immagine gratuita

 Alberta invece lo amava sempre e quando facevano l’amore lo agguantava e sembrava che fosse lei a possederlo. Ambedue avevano studiato il mondo organico, la microbiologia, la zoologia, la zoognostica, la fisica e l’idraulica ma erano del tutto diversi nel modo di essere al mondo. Daniele era un uomo composto dentro il suo alone giallo,  preciso nei suoi atti quotidiani, ordinato nei gesti, nella disposizione delle sue cose e nella quotidiana preparazione della tavola da pranzo; si alterava se qualcuno metteva un coltello al posto della forchetta ed era colto da scatti d’ira quando scendeva in città e  qualcuno con l’automobile  gli impediva le sue precise manovre; in quei casi tirava fuori dalla tasca un coltellino a serramanico e sfregiava gli sportelli di una lunga riga dritta.  Aveva destinato metà della casa all’affitto ai turisti di passaggio suddividendola in cinque camere uguali con tutti gli oggetti necessari all’agio degli ospiti. Il lavoro di ricevimento dei turisti era inframezzato da abitudini che erano per lui dei piaceri, il bagno caldo all’alba, lo sport in televisione, la marjuana con Alberta, l’amore mercenario, certi piatti prelibati e altre piccole gioie il cui minimo impedimento lo inquietava e modificava ogni paesaggio in un deserto affettivo. Alberta invece era un bipede esagitato con un passato malavitoso, cresciuta tra maiali, aule universitarie e mondo dello spaccio e seppure diversa da Daniele, condivideva con lui le stesse ore del giorno; scambiavano qualche parola al risveglio, pranzavano insieme e  al tramonto fumavano guardando i colori del tramonto. Per il resto della giornata si allontanavano, Daniele dedito ai suoi lavori di precisione, soprattutto la supervisione della piscina, il moto del robottino vagante sul fondale, la misura del cloro, il dosaggio del liquido antialghe, pesato con un bilancino affine a un ipotetico bilancino con cui misurava abitudini ed emozioni; tutto con estrema precisione e se a un ulteriore esame delle acque i dati non risultavano come quelli previsti, era sopraffatto da colate di sudore. Intanto Alberta andava spesso tra i suoi maiali in riva al mare oppure nella  macchia intorno  casa in cerca di selvaggina; infatti oltre a essere una allevatrice di maiali era  una cacciatrice dotata di una forza soprannaturale nelle braccia  e nelle dita a tenaglia; quando vedeva un cervo fermo nella macchia gli si appostava dietro e con un salto lo incastrava tra le gambe e le braccia  e gli forava  le arterie vitali; poi lo portava a casa a spalle e lo disossava preparando i migliori tagli di carne per i pranzi con Daniele. Saltava addosso ai cervi come saltava su Daniele nei suoi assalti erotici incastrandolo tra gli arti ossuti e facendo di lui una bestia inerme. Quando arrivava a casa con il cervo morto si nascondeva perché sapeva che Daniele non sopportava la violenza su qualsiasi essere vivente benché avesse un fucile chiuso in un armadio. Nel mondo di Daniele gli animali erano importanti tanto quanto lo era Alberta; ogni giorno aveva al suo fianco il cane Baldo che lo accompagnava ovunque e una pecora che la mattina entrava in cucina e beveva del latte in una ciotola e poi lo seguiva sul bordo della piscina.  Tutto era moderato in Daniele e il colore giallo smorto della sua persona s’intonava con la sua moderazione. Le bramosie erotiche di Alberta non erano per lui grandi piaceri così come gli amori occasionali nei suoi viaggi di lavoro in città. Gli assalti di Alberta a volte erano addirittura sgradevoli ma gli davano la sensazione di essere parte del contesto umano e gli amori occasionali  non gli davano il piacere dell’amplesso bensì il piacere di guardare nel viso di ogni donna le diverse espressioni dell’estasi. Il vero svago di Daniele era il ricordo, il ricordo di quella miriade di sguardi femminili beati che passavano nella sua mente e lo sviavano dalla sua vita cadenzata dalle stesse abitudini. Un altro svago era l’osservazione degli animali selvatici che gli sembravano delle apparizioni divine,  gli uccelli che in alcuni giorni d’estate volavano  nel cielo  avvicinandosi e allontanandosi come amanti del vento, i caprioli che a volte lo guardavano e condividevano con lui la paura e la meraviglia di essere al mondo e un lupo  che spesso vedeva nella sua vigna, un lupo con lo sguardo disorientato come se avesse perso la coscienza di sé; Daniele lo guardava  e si chiedeva se la perdita di coscienza fosse una sventura  o un preludio di una beatitudine spirituale. La contemplazione del mondo vivente e degli sguardi delle donne erano gli svaghi di Daniele, tutto il resto era vita metodica, abitudini, alcune piacevoli, altre no. Ma una mattina mentre faceva colazione con la sua pecora sentì le urla di Alberta “Non uscire, non uscire, non aprire la porta, non ti muovere! “; Daniele si alzò, si affacciò, aprì un poco la porta e vide Alberta che si dimenava e un animale che non aveva mai visto: poi si avvicinò e gli sembrò dapprima una massa di carne avvolta da un umida pelliccia, poi vide che era una grande nutria che digrignava i denti emettendo lo stesso rumore che fa un uomo quando  gorgoglia la saliva tra la lingua e il palato.  Baldo e Alberta che non avevano mai avuto paura di nessuno animale erano terrorizzati; Baldo le si avvicinava a testa bassa e con un salto si rivoltava indietro e si allontanava; Alberta urlava e con una lunga pertica la punzecchiava cercando di cacciare quella bestia a lei sconosciuta che continuava a digrignare i denti.  A un certo punto, dopo molti colpi di pertica la nutria si alzò su due zampette che non si capiva come potessero sostenere il suo grande peso, fece due passi e si riadagiò sul selciato davanti la porta.  (continua)

 * la seconda parte sarà pubblicata da TeclaXXI  il 29 novembre 2024

LUIGI ANANÌA



BIONOTA 

Luigi Ananìa si laurea in scienze agrarie presso l'università di Firenze nel 1986. Da allora scrive racconti e fa vino rosso a Montalcino presso l'azienda La Torre. Con la casa editrice Pequod ha pubblicato Il signor Ma (2000) e Cos'è questa nuvola (2011). Presso le edizioni DeriveApprodi ha curato l'antologia di racconti sul vino Confesso che ho bevuto (insieme a Silverio Novelli, 2004) e ha pubblicato Avant'ieri, storie di emigrazione tra la Sila, Torino e Buenos Aires (2009), Pixel, la realtà oltre lo schermo dei media (di nuovo insieme a Silverio Novelli 2012), Storie di volti e parole (2016) e  Bestiario umano (2021), ambedue in collaborazione con Nicola Boccianti.  Ha scritto racconti per  Il sempliceMaltese narrazioni e Nuovi argomenti.



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