La sciagura di Cio-Cio-San alla prima di Madama Butterfly di Puccini (MELODRAMMA) ~ di Riccardino Massa - TeclaXXI
MELODRAMMA
Riccardino
Massa
La sciagura di Cio-Cio-San alla prima di
Madama Butterfly di Puccini
Ai
nostri tempi, chi tra gli spettatori di un’opera lirica deve assistere a una
rappresentazione si reca a teatro convinto del capolavoro al quale assisterà.
Semmai la critica, positiva o negativa, può sorgere solo dalle scelte
registico-scenografiche oppure dall’interpretazione musicale del Direttore
d’Orchestra e/o dalla capacità dei cantanti di trasferire il necessario Pathos.
Ma
è sempre stato così? Certo, l’attesa per la composizione di una nuova opera
lirica al tempo della sua genesi era vissuta con trepidazione ed enorme
curiosità. Era un’attesa che non solo coinvolgeva gli strati borghesi e più
colti della società, ma anche le classi più umili, testimonianza di una diffusa
conoscenza del melodramma a livello popolare. Nel nostro tempo, invece, una
nuova composizione musicale non sempre è attesa con lo stesso livello di
curiosità, ed il numero di Follower non è sempre indice di interesse attivo,
anzi, spesso non rappresenta il vero livello d’interesse, ma è la conseguenza
di una lotta all’ultimo sangue sull’immagine da costruire o costruita su un
personaggio.
Se
un lavoro artistico è valido o non lo è, ciò è spesso determinato dalle
visualizzazioni ottenute e non invece da una diretta manifestazione di assenso
o dissenso, come avviene in genere in uno spettacolo in diretta. Anche in
passato però, il consenso artistico del pubblico poteva essere manipolato. Ne è
testimonianza la prima rappresentazione dell’opera Madama Butterfly di Giacomo
Puccini avvenuta al Teatro alla Scala di Milano il 17 febbraio 1904. Le
contestazioni si direbbe, se andiamo a leggere quelle che furono le cronache
del tempo, furono feroci. Non solo lo furono per le critiche del musicista Ferruccio
Busoni (Che scrisse nel 1909 un saggio sulla nuova estetica musicale), il quale
definì l’opera “indecente” e aggiunse: «… un duetto d’amore in piena scena è non
soltanto impudico ma anche falso in assoluto, menzognero e ridicolo», ma anche
per l’atteggiamento irritante ed irritato del pubblico in sala.
Non si trattò certo di una cattiva interpretazione della cantante che all’epoca era il soprano Rosina Storchio (Venezia, 19 gennaio 1872 – Roma, 24 luglio 1945 - nella foto di seguito).
Anche
se le malelingue, che ci sono in tutte le epoche storiche, sparlarono di lei
come dell’amante del Direttore d’Orchestra Arturo Toscanini, da cui ebbe un
figlio che morì giovane, non ci sono dubbi sulle sue capacità canore che la
posero ai vertici di una carriera lirica di riguardo, avendo interpretato ruoli
in ben trentatré diverse opere liriche; (dalla Micaela nella Carmen di
Bizet ad Adina o Linda nelle opere donizettiane Elisir d’Amore e Linda
di Chamounix oppure nella Maddalena di Coigny dell’Andrea Chenier
di Giordano, oppure nelle opere di Gounod Faust e Romeo e Giulietta
nei ruoli rispettivamente di Margherita e di Giulietta Capuleti. Oppure la
Violetta nella Traviata di Verdi o la Rosina nel Barbiere di Siviglia
di Rossini come invece una imponente Donna Elvira nel Don Giovanni
di Mozart). Tante sono le sue interpretazioni in opere di grande repertorio,
come anche di opere liriche, “Ahimè”, quasi sconosciute perché poco
rappresentate (Mignon di Thomas, Iris e Lodoletta di
Mascagni, nell’opera Siberia di Umberto Giordano, la Wally di
Catalani, ecc.).
Grande
interprete lo fu anche per le opere pucciniane. Lo fu nel ruolo di Manon nella Manon
Lescaut, oppure Musetta nella Bohème e Floria nella Tosca.
Ma il 17 febbraio del 1904 il pubblico scaligero rise di lei nel ruolo di Cio-Cio-San.
Certo non per la sua voce, ma perché non gradì assolutamente la nuova composizione
di Giacomo Puccini. Il fastidio del pubblico si percepì già all’inizio
dell’opera. Nella critica del tempo si parla di un pubblico che continuava a
tossire in sala e non certo per una presunta raucedine collettiva, bensì per
una malcelata repulsione all’autore. Già durante l’esecuzione del primo atto
dal loggione qualcuno iniziò ad urlare “Eh, la Bohème…l’abbiamo già
sentita!” Tuttavia, durante il duetto con Pinkerton, pare che il pubblico tornò
ad acquietarsi fino alla chiusura di sipario con pochi applausi in sala.
D’altra
parte, come si fa a non essere travolti emozionalmente da quella dichiarazione
di Pinkerton in Andante mosso appassionato: «Via dall’anima in
pena l’angoscia paurosa, è notte serena, guarda dorme ogni cosa!» E con la
risposta di Butterfly così tenera e pura «Dolce notte quante stelle, non le
vidi mai si belle», mentre lui continua nel tempo Andante mosso sostenuto sui
violini in sordina «Vieni, vieni! Guarda dorme ogni cosa!»
Fu
invece il secondo atto che determinò la catastrofica prima rappresentazione.
Che
dire delle sguaiate risa nel momento tragico, quando con una sospensione
musicale, l’orchestra sottolinea la consapevolezza della protagonista, la sua
delusione alle parole del Console (Sharpless) che con brutale domanda annuncia;
“Ebbene, che fareste, Madama Butterfly, s’ei non dovesse ritornar più mai?”
(colpo tremendo di timpano, rinforzato dagli archi) e la sua risposta
altrettanto tragica e balbettante (quasi un pianto represso) in Andante
sostenuto: «Due cose potrei far, tornar a divertire la gente col cantar,
oppur, meglio, morir».
Non
ci fu neppure un momento di emozione quando Cio-Cio-San, nel celebre passo
orchestrale animato e molto agitato, presenta il suo bambino. In genere uno dei
momenti musicali più toccanti dell’opera, dove anche i più insensibili sentono
passare un brivido di commozione.
Se
già dopo la celebre romanza “Un bel di vedremo” ci furono delle proteste in
sala, il peggio doveva giungere dal loggione dove si sentirono latrati di cani
piuttosto che ragli d’asino o muggiti di mucche che testimoniano una crudeltà
da parte del pubblico che supera qualsiasi possibile scusante.
Naturalmente
i fischi di fine dell’opera impedirono a tutto il cast di uscire davanti al sipario
per gli applausi ed il pubblico iniziò così a defluire dalla sala nel completo
disinteresse.
Se
il lettore di questo articolo pensasse che la musica pucciniana di Butterfly
era troppo avveniristica per il pubblico conservatore dell’epoca, si
sbaglierebbe sicuramente. Certo, Puccini non era completamente amato, ma ciò
non aveva quasi nulla a che vedere con la sua musica. Piuttosto, anche
all’epoca, spesso gli insuccessi erano determinati da ben altri motivi,
certamente più volgari. Nel caso specifico probabilmente la contrapposizione tra
case editrici (cioè, tra chi detiene la
proprietà della partitura musicale). Da quel che oggi sappiamo fu la
concorrenza tra Ricordi e Sonzogno, quest’ultimo teso a far primeggiare una
novità di Giordano (Siberia) in cartellone nello stesso teatro; perciò,
la protesta fu in qualche modo promossa e guidata. D’altra parte, non si
spiegherebbe il motivo del completo successo che l’opera ebbe solo due mesi
dopo al Teatro Grande di Brescia, seppur in una versione leggermente modificata
dall’autore, e poi a livello internazionale solo alcuni mesi dopo a Montevideo
e a Buenos Aires.
RICCARDINO MASSA
Riccardino Massa (1956) è nato nel “Canavese” (Piemonte centrale). Dal 1986 al 2020 ha svolto la professione di Direttore di scena al Teatro Regio di Torino. Ha ripreso la regia di Roberto Andò de Il flauto magico di Mozart nei Teatri lirici di Cagliari, Palermo e Siviglia, nonché la regia di Lorenzo Mariani de Un Ballo in Maschera di Verdi e quella di Jean Luis Grinda della Tosca di Puccini, entrambi al teatro Bunka Kaikan di Ueno in Giappone. Ha poi realizzato la messa in scena de L’Orfeo per il festival Casella e recentemente la ripresa della regia di Gregoretti del Don Pasquale di Donizetti al Regio di Torino.
Nella disapprovazione generale, ci fu però un apprezzamento fondamentale: Giovanni Pascoli scrisse al Maestro una lettera poeticamente incoraggiante:
RispondiElimina"Caro nostro e grande Maestro,
la farfallina volerà:
ha l’ali sparse di polvere,
con qualche goccia qua e là,
gocce di sangue, gocce di pianto…
Vola, vola farfallina,
a cui piangeva tanto il cuore;
e hai fatto piangere il tuo cantore…
Canta, canta farfallina,
con la tua voce piccolina,
col tuo stridire di sogno,
soave come l’ombra,
all’ombra dei bambù
a Nagasaki ed a Cefù."
Grazie Ivonne per aver ricordato la lettera che Giovanni Pascoli scrisse a Puccini il 17 febbraio 1904 suo amico. Seppur già la prima versione era una meraviglia, è però dalle sconfitte che nascono dei capolavori. Lo stesso Puccini subito dopo la prima decise di modificare l'opera. La principale modifica fu quella di dividere il secondo atto creandone un terzo perché il pubblico non gradiva che l'atto durasse più di 45 minuti. Ne seguirono altre. La versione a cui al giorno d'oggi assistiamo è la quarta, quella che per la prima volta andò in scena nel 1906.
EliminaRiccardino Massa
Come sempre meticoloso nella ricerca con notizie che non conoscevo
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