Mia madre. Un secolo di mamma ~ di Ippolita Luzzo (MEMORIALISTICA) - TeclaXXI
MEMORIALISTICA
Renato Guttuso, Ritratto della madre dell’artista, 1940 (GNAM, Roma)
Ippolita Luzzo
Mia madre. Un secolo di mamma.
Mamma dall’Epifania è diventata altro da noi, da noi lasciati qui in
balia del tempo. Lei senza tempo sta e a febbraio di questo anno per noi
viventi avrebbe compiuto 100 anni. Cento anni un soffio e via.
«La vita è un soffio», mi disse lei pochi giorni prima lasciarci senza
mai perdere la lucidità con la quale aveva letto gli avvenimenti epocali, la
fine del mondo; di questi nostri anni di trasformazione, senza mai perdere la
lucidità con la quale aveva sempre letto i rapporti familiari e di buon
vicinato, sosteneva l’aridità negli affetti, la dissoluzione di ogni famiglia,
il vuoto nelle strade.
X agosto
era la poesia di Pascoli recitata tante di quelle volte nell’agosto del 2023, Ritornava
una rondine al tetto e con tutta la poesia a memoria lei ci accompagnava.
Ne scrivo come testimonianza, come ciò che appartiene a me nella sfera
personale, ma anche come ciò che appartiene a tutti nel far parte di una storia
universale di affetti e ricordi.
La
storia
Quando mamma aveva dodici anni era il 1936: lei ricordava la miseria,
i bambini, scalzi d’inverno, vestiti con pantaloni aperti dietro affinché con
facilità, afferrati i lembi della stoffa, potessero aprirli e fare la cacca per
strada. Era appena arrivata la prima lampadina nelle case, in pochissime case,
e lei si sentiva nel meraviglioso mondo della luce e guardava il prodigio di
poter accendere e spegnere la luce. Qualche tempo prima, quando ancora non
c’era la luce, nel buio delle prime ore del mattino mia nonna confuse il caffè
con i chicchi da dare alle galline e quando si accorse dell’errore, per
salvarle, prese una forbice e le operò ricucendole dopo aver svuotato il gozzo.
La nonna, come nelle fiabe, con il ricavato della vendita delle uova riuscì a
farsi un forno e durante la guerra mia mamma da una finestrella regalava il
pane, restando spesso lei senza pane. Mia nonna le diceva che a loro bastava il
profumo mentre tutti gli altri non avevano nemmeno quello. Mia nonna si privava
per dare agli altri mentre ora, impunemente, vedo la miseria spirituale
sbandierata come vessillo di grande idealità. Anche allora come ora una guerra
è in atto.
Mia
madre, da bambina, alla scuola elementare, si lavava il grembiule poi lo
appendeva ad una frasca e lo infornava per asciugarlo. «Lei mi detta e io
scrivo. Poi rileggo a voce alta per avere la sua approvazione». D’inverno,
dunque, asciugava l’unico grembiule che aveva grazie al forno a legna di sua
madre che faceva il pane per rivenderlo.
A
scuola era molto brava a leggere il tedesco e il suo professore sempre le
diceva «Leggi, Gigliotti» e lei era molto fiera di ciò.
15
maggio 2016
Mia mamma continua a sognare la scuola. L'altra notte ha sognato di
stare con la nipote ed di chiedere a lei la giustificazione per andare a scuola
dopo una assenza. Nel sogno la nipote le diceva: «Nonna, puoi andare senza, che
ti serve giustificarti?». Mia mamma
allora argomentava che già un’ altra volta si era presentata a scuola senza
giustificazione: questa volta doveva portarla, quindi le chiedeva di firmarla.
Alla nipote. Ascoltavo quel sogno di mia mamma, che ha frequentato fino al
quarto anno dell'istituto magistrale senza poi diplomarsi, ancora non so
perché, e passò tutta la vita a rimpiangere la scuola dove sarebbe stata felice
come insegnante.
Intanto arriva il 1974 e mamma va a votare per il divorzio, felice che
le donne abbiano la possibilità di divorziare. Vedeva l’approvazione della
legge sul divorzio come un atto di grande civiltà ed era attenta a tutte le
esigenze delle donne, sapeva quanto fosse importante l’indipendenza economica
che, a suo vedere, avrebbe consentito alle donne maggiore autonomia.
Leggeva i giornali, La Domenica del Corriere ed era una
estimatrice di Susanna Agnelli. Era come tutte noi innamorate di Lady Diana.
Parliamo con la mia mamma di Lady Diana e lei mi risponde: «Quando uno
ti vuol male c’è poco da fare». In realtà, il proverbio era: Per chi ti
vuole male anche con cento sottane la carne ti pare. Su Carlo e Camilla
dice che sono una coppia affiatata, e poi non posso riferire altro. Io non ho
responsabilità penale su ciò che afferma mamma e lei ridendo mi risponde: «Ma
io posso dire tutto. Ho cento anni». Rivendicando il diritto di parrasia
afferma che il re Carlo è uno scimmio anche se pur sempre il re
istituzionale di una monarchia costituzionale e la regina consorte lo è a sua
volta perché è la moglie del re.
Alcuni
stralci di conversazione dell’estate 8 giugno 2023
Mia madre oggi mi dice: «Unmbalinu, ci fazzu na lienda, nu lavabis».
Chiedo spiegazioni e lei mi chiarisce che la lienda è una lezione, e lavabis
un discorso credo sempre di rimprovero a coloro che non valgono.
24
luglio 2021
Mia madre stamattina apprezza come mi sono vestita ma poi aggiunge: «Stamattina
ti sei vestita bene ma tante volte pari na sciacquitta» Le chiedo il
significato di sciacquitta e lei mi dice «sciacquitta come ‘na
scupittinella». Ne so quanto prima.
La mia mamma non poteva mettersi un vestito senza maniche in estate ed
io non potevo indossare pantaloni nel 1970. Regole di casa mia. Vietate
minigonne e viaggi, vietato vivere. Vietare sembrava più facile al mio papà,
sempre in contrasto col divenire dei tempi. Ora che sembra non ci sia più nulla
da vietare si vieta di vietare così schizoidi e schizzati rimangono gli
abitanti dei vestiti.
20 agosto 2016
Scherzando, lei di una sua coetanea centenaria dice che è una Cacafanara.
Le chiedo cosa significhi e lei «una cosa che non serve». Mamma non aveva
sorelle, la sua unica sorellina morì bruciata infilando un pettine in un
braciere e suppongo fosse sola quando cadde nel braciere e morì. La nonna
allora tesseva, lavorava sempre al telaio, prima di avviare il panificio,
contro il volere di suo marito. Mamma aveva però due cugine quasi coetanee e
con loro ha sempre avuto affettuosissimo rapporto.
Questo pezzo mamma lo lesse ridendo, perché era contenta di aver
ritrovato sulle pagine quel momento della loro gioventù, quando zia Maria
Gigliotti, da donna moderna, diede una svolta alla sua vita, negli anni Sessanta,
suppongo.
Tutte le cose 17 ottobre 2011
Tutte le cose hanno un principio e una
fine in questo misero mondo anche quelle che non iniziano…
muoiono,
all'alba grigia di un divenire.
La prima parte della frase era proverbiale a casa mia, sempre ripetuta, col
commento scherzoso della reazione della cugina di mia mamma nel ricevere la
lettera del fidanzato che, appunto con quella frase, chiudeva il legame, la
lasciava.
Lei fece in mille pezzi la lettera e disse tante parolacce, così raccontano,
poi seccata se ne andò ad insegnare a Merano dove sposò l’uomo più buono che
noi avessimo conosciuto.
Un uomo che lei comandò aspramente, forse facendo scontare a lui il rifiuto del
suo primo amore. Lui, dolcissimo, la adorava
Lei, malgrado le sue stranezze, le sue uscite spiazzanti, corrosive, era
benvoluta da tutto il parentado, era così, "sprudente" -diceva la mia
mamma.
Credo invece che questa mia zia sia stata una donna pratica e
non si sia fatta comandare da nessuno e che abbia attraversato fascismo e
guerra con la freschezza della sincerità ed abbia anticipato movimenti e
ideologie con una semplicità disarmante.
Quasi tutte le altre donne, compresa la sorella, rimasero ingabbiate in
rapporti subiti, dolorosamente distruttivi, ed a nulla valse loro una
laurea, un insegnamento o una abnegazione costante ma rimasero stritolate
da uomini incapaci, fannulloni e prepotenti e conclusero la vita con l’amarezza
di averla malamente sciupata.
Guardo mia mamma e la sorella di mia zia, guardo queste donne ottantenni,
capaci, intelligenti, che hanno allevato figli, hanno insegnato eppure
ingabbiate.
A mamma non è stato concesso nemmeno di terminare l’ultimo anno di scuola
superiore ed ha trascorso la sua vita sognando di insegnare.
Guardo queste donne che non vogliono parlare più, che vogliono solo dimenticare
lo sciupio delle loro capacità e ne provo una pena infinita.
Otto
marzo 2023
Dovrei parlarvi di mia madre, anni 99, che voleva finire l’istituto
magistrale, le mancava un solo anno, ma la bocciarono, almeno questo io so, e
le impedirono di ripetere l’anno perché intanto le sciagure si avvicinavano
nella sua vita rendendola vittima delle situazioni come in Berta Isla con Tom
Nevinson. Così si sposa per modo di dire, cioè, sposa un vita di servizio al
servizio di una numerosa famiglia da accudire tutta. Una donna angelo che si è
fatta carico della malattia di mio fratello rendendolo autonomo e regalandogli
una vita decente a discapito della sua. Non ho mai visto servizi sociali
aiutarci. Mai. A mia madre che ora mi bacia le mani e mi carezza le guance,
cosa mai successa negli anni passati, a mia madre che sa perdonare e sa amare,
a mia madre che ha sempre un sorriso nella cattiva sorte, dedico la giornata
dell’unica donna per me. Lei era per me sempre lei, ma anche tutte le donne di
un secolo di storia.
Ho visto
donne
Ho visto donne preparare tinozze d’acqua calda e strofinare suocere e
mariti
Ho visto donne che lavavano i piedi a uomini giovani, maturi
Ho visto donne spadellare pranzo e cena, primo, secondo, contorno e
frutta, senza sedersi, servendo mariti, cognati, figli.
Ho visto donne preparare grandi bracieri dove loro non si sarebbero mai potute
riscaldare,
lavare lenzuola al fiume e lasciarli poi in grandi ceste con la
liscivia a profumare,
donne curve su camicie da stirare, su melanzane da tagliare.
Ho visto donne partorire e rialzarsi perché lui era tanto stanco.
Allattare pulire il piccolo e senza cibo riallattare, senza tempo per sé
stesse.
Ho visto di tutto di più ed ho trascorso infanzia e adolescenza
borbottando, ribellandomi e schifando un servilismo immondo anche per lo stesso
uomo al quale era diretto.
Mi ero giurata che mai avrei perpetuato nessuno di quei gesti e così
ho fatto, non per mia bravura, ma perché la modernità avanzava e disfaceva il
feudalesimo con lavatrici, lavastoviglie e riscaldamenti.
Le donne hanno studiato, si sono laureate, ma la mente imprigionata ha
imbracato, imbavagliato, le donne per metà.
Il tempo delle donne è ancora
a disposizione di un lui, di una famiglia, di un figlio, di un nipote.
il tempo delle donne è sempre tempo perso ad aspettare un lui che dice: - Sei
pronta? Sto arrivando.
Siamo pronte… ma…
Le donne ancora aspettano con costanza, senza nessun cedimento, senza
accorgersi di ripetere le nonne, le mamme, le zie, tutte le altre donne
che hanno condannato. Aspettano
Ancora oggi
Troppe donne vengono uccise, troppe donne vengono picchiate e tutte, proprio
tutte, chiudono un occhio, anche due, sulle innocenti evasioni di un carissimo
lui, basti che torni a casa.
Basti che torni a casa
La strada è lunga, è tanto lunga
E passa per un solo sentiero ancora poco asfaltato
Il sentiero del rispetto e della amicizia
Delle donne con sé stesse
Questa è la mia riflessione sulla vita di mia madre, di mia zia, di
tante donne che dovranno conciliare un femminile empatico ed un femminile
pratico, un patto con le nostre emozioni e la realtà effettuale delle cose.
Voglio terminare con la mia mamma nel suo ragionare. Mi dice: «Continuo a progettare e a pensare che quando
mi riprenderò, farò cose, andrò fuori, preparerò pranzetti a Francesco (suo
nipote) poi dopo aver progettato, mi dico che non farò nulla di tutto questo. Le
corna che tengo in testa farò, ho cento anni cento anni».
Ciò che lei mi dice appartiene
a noi tutti al nostro continuo attaccamento al futuro
30
dicembre 2023
Ieri pomeriggio mamma ha mangiato una pera grande, morbida e dolce.
L’ha mangiata tutta e io ero contenta come si è contenti quando mangiano i
bimbi, ed ho capito che la vita è il cerchio che si ricongiunge. In fondo la
vita è niente, mi ha detto mamma pochi giorni fa, ed io aggiungo però che in
quel niente ci sta tutto il bene e tutto il male conosciuto. La vita è una
pera, penso sorridendo e ricorderò la pera nella sua e nella nostra unicità.
Mia mamma ci ha insegnato che, quando qualcuno ci veniva a trovare a
casa, doveva essere messo a suo agio, gli si doveva offrire subito un caffè, un
bicchiere d’acqua e poi, quando andava via, lei regalava qualcosa: un litro
d’olio, una bottiglia di vino. Lei ci ha insegnato ciò come regola di buona
educazione. Stamani, dopo la sua morte, siamo stati a fare gli auguri per un
compleanno e abbiamo portato un dolce. Mah! Nemmeno la finta di offrire un
caffè! Evidentemente non si usa più, veramente la fine del mondo! La fine
dell’educazione.
Da
mamma
Mamma, vado in edicola, ti porto un giornale? Certo, portami la Gazzetta
del Sud così pulisco i vetri.
IPPOLITA LUZZO
BIONOTA
Ippolita Luzzo, laureata in filosofia con tesi su Max Stirner. Da giugno 2012 scrive sul blog “Il Regno della Litweb di Ippolita Luzzo” quasi un giornale di cui lei è editorialista, direttrice e cronista.
Col suo blog indaga e legge ogni momento letterario ed artistico per lei autentico interpretando in modo originale il senso del testo.
Il 6 ottobre 2018 vince il Premio Comisso #15righe dedicato alle migliori recensioni dei libri finalisti.
È nella giuria del Premio Malerba.
Ippolita sei impagabile, se non ci fossi bisognerebbe inventarti 💝
RispondiEliminaGrazie, Ippolta. Ti abbraccio.
RispondiEliminaElettra Bizzari
Ecco perché sei così, semplice e umile e piena di buoni sentimenti. La tua grande mamma! E tu come lei non hai peli sulla lingua.
RispondiEliminaUn caro abbraccio, Ippolita😘
Ippolita nel leggere i tuoi “pezzi” mi sono commossa Le tue parole ricordano la tua dolce mamma e tante altre donne che come lei sono state ingabbiate Le tue parole hanno il profumo della buona autentica letteratura universale Grazie! Anna
RispondiEliminaPochissime volte ho avuto il piacere di leggere una Donna parlare di Donne. E nei tuoi chiaroscuri, nei tuoi camei, rivedo le mie, di Donne. Grazie Ippolita, hai conciliato e avvicinato di più il Natale...
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