ARTE & STORIA
Matrimoni alla fiorentina.
Donne e vita familiare nella Firenze rinascimentale
(I parte)
di Sofia Caterina Sacripanti
DOMENICO GHIRLANDAIO, LA DOTE DELLA SPOSA, 1450, FIRENZE
Com'era la vita delle donne nella Firenze del Rinascimento? Uguale o diversa da quella delle loro consorelle veneziane o genovesi?Per saperlo, occorre consultare le fonti. Quali? A parte gli atti notarili che suggellano non solo il matrimonio, ma anche le promesse di matrimonio (c'erano già i promessi sposi), una sorta di solenne giuramento, altre fonti storiche attendibili sono gli scritti domestici. Essi vanno dalle Ricordanze (in cui si annotavano i principali eventi familiari) ai memoriali, quando non si tratta, addirittura, di genealogie commentate. È evidente che non si parla di matrimoni tra povera gente; le famiglie di cui si possono apprendere gli eventi familiari, più o meno quotidiani, saranno quelle che appartengono all'élite politica e sociale della città.
La vita delle mogli venete e liguri summenzionate (che non è oggetto di argomento qui) era comunque migliore: l'azione di queste donne era più intraprendente, comunque meno «diretta» dal controllo maritale.
Prima dei Medici (terzo decennio del XV secolo), la città-stato di Firenze - si intenda qui quello che viene definito «il popolo grasso» ovvero la ricca borghesia - si dava, fin dal XII secolo, di volta in volta un signore cui prestare fedeltà. Almeno fintantoché non se ne aveva abbastanza per cacciarlo sprezzantemente dalla città. Era così stato il caso di Carlo di Calabria (1325-1328) e poi di Gualtieri di Brienne (1342-1343), alias il duca di Atene. Ci si stancava presto.
Gautier VI de Brienne
Non essendo principi né re, i ricchi borghesi amavano non solo raccontarsi negli scritti familiari ma anche farsi rappresentare.
Seppure il secolo d'oro del ritratto borghese appartenga di diritto alla riformata Olanda del XVII secolo, si può affermare che fin dal XV secolo i fiorentini fanno capolino (è il caso di dire), insomma appaiono nei dipinti della loro epoca. Parliamo di ricchi mercanti così come degli artisti stessi. Oltre ai singoli ritratti, si pensi a Cosimo il Vecchio dipinto dal giovane Pontormo nel 1518, altre immagini coeve compaiono nelle opere d'arte.
A dimostrazione, si vada a Palazzo Medici Riccardi. Ci si ponga dinanzi al Corteo dei Magi l'affresco della cappella Medici, voluta proprio da Cosimo il Vecchio e commissionato a Benozzo Gozzoli (1459-1462) nel bellissimo palazzo di famiglia eretto dall'architetto Michelozzo.
Ufficialmente abbiamo i Magi, ma nel corteo ci stanno i Medici. Tutti: Cosimo, Piero, Giovanni, Lorenzo e persino il figlio illegittimo Carlo.
Lorenzo
Giovanni e Carlo
Piero
Cosimo
Per le famiglie di cui si ha traccia, dunque, si è detto. Sono quelle ricche, quelle che appartengono all'élite politica.
Ma le donne?
L'autrice del libro che è alla base di questa riflessione è chiara: persino i resoconti sono scritti da penne maschili. Le rare volte in cui a scrivere sono donne colte, costoro non descrivono il loro matrimonio, bensì quello delle loro figlie. E comunque non si tratta mai di raccontare COME viene vissuta questa svolta della vita.
Di che si tratta allora?
Di ciò che avviene prima, durante e dopo la cerimonia nuziale. E soprattutto delle responsabilità muliebri durante e dopo il matrimonio (in caso di vedovanza). Ma procediamo per ordine.
Prima nota abbastanza interessante: i matrimoni erano per lo più civili. Siamo prima della riforma cattolica del Concilio di Trento (riforma del matrimonio1563), in occasione del quale la Chiesa sancirà il matrimonio come cerimonia religiosa da officiare davanti a un sacerdote e alla presenza di testimoni.
Matrimonio o concubinato?
Matrimonio, certo. Ma se un fiorentino doveva trasferirsi per lavoro, espatriare (si fa per dire, l'espatrio poteva essere anche di poco più di un centinaio di km, per esempio, nella città di Perugia), allora era «costretto» a optare per il concubinato (a meno che non trovasse una fiorentina con la quale metter su famiglia in terra straniera).
Questo perché fin dal XIV secolo, le consuetudini municipali incoraggiavano l'endogamia cittadina, anzi addirittura di quartiere, di «gonfalone»: sposare una «straniera» aveva come conseguenza quella di far perdere al mercante fiorentino expat i suoi diritti di cittadinanza.
Bernardino Licinio, Ritratto di famiglia, 1524, Londra, coll. reale
Tuttavia, vivere una relazione more uxorio senza essere sposati portava una conseguenza spesso ineluttabile: i figli. Illegittimi. Alcuni riusciranno a essere legittimati, ma solo se il loro augusto padre non avrà figli legittimi da una consorte fiorentina. Si parla ovviamente di figli maschi. Poi ci sono i casi eccezionali di figli maschi illegittimi senza concorrenza e che resteranno tali, quale è il caso dell'architetto e intellettuale Leon Battista Alberti.
Suo padre Lorenzo, esiliato a Genova, sposò dopo la sua nascita una compatriota dalla quale non ebbe discendenza. Finì per stabilirsi a Venezia, ma non legittimò mai Leon Battista, apparentemente per proteggerlo dall'ostilità del clan Alberti (che comunque l'architetto cercherà più tardi di ingraziarsi).
Presenza di dote, assenza di dote.
Chi ha una figlia da sposare, per la quale dovrebbe presentare una dote che non ha, la farà diventare monaca (per quanto, anche per entrare in un monastero occorre una dote, se si vuol godere di una certa posizione).
Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini,
1434, Londra, National Gallery
congiungimento delle mani
Va da sé che nel caso di matrimonio tra poveri, la dote non esiste. Il matrimonio avviene davanti a un sacerdote e alla presenza di testimoni (inutile il notaio), il rito consiste nel congiungimento delle mani (le palme delle mani), dando luogo al verbo «impalmare», nel senso di «sposare», magari passandosi una mela, del vino o anche un anello.
Ma qual è l'importanza della dote? Ebbene, la registrazione della dote portata e ricevuta era la prova della validità del matrimonio stesso. L'assenza di tale dote (in caso di controversia) avrebbe destituito il connubio di ogni fondamento, relegandolo a mera relazione, convivenza in cui la moglie sarebbe stata degradata al ruolo di amante se non di prostituta, soprattutto se il matrimonio si fosse consumato nella casa della donna. Infatti, uno dei riti del matrimonio era il trasferimento della sposa dalla casa paterna a quella maritale.
(continua)
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Fonte: Christiane Klapish-Zuber, Matrimoni rinascimentali. Donne e vita famigliare a Firenze (secc. XIV-XV), Roma, Viella libreria editrice, 2020, 201 p. Traduzione di Anna Bellavitis.
Titolo originale: Mariages à la florentine. Femmes et vie de famille à Florence (XIVe et XVe siècles), Paris, Seuil/Gallimard, 2020
SOFIA CATERINA SACRIPANTI
BIONOTA
Sofia Caterina Sacripanti è senese ma porta il cognome abruzzese del marito. In pensione da molti anni, ha insegnato storia e filosofia nei licei romagnoli per tutta una vita. Pensionata, legge ancora molto, scrive di rado e fa la nonna, le marmellate e qualche torta per i suoi nipoti.
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